E'
la vigilia di Natale, ma per me è come se fosse un giorno qualsiasi. Con
il trascorrere degli anni lo spirito del Natale mi ha
progressivamente abbandonato: le luci, gli addobbi, le canzoncine di merda di
Natale, questa "magia" non la sento più, forse anche perché mi sono
inaridito, forse perché certe puttanate non fanno più tanta presa su di me. In
particolare quest'anno, che il Natale lo passerò da solo, lontano da casa per
motivi di lavoro.
Il metal è morto, non si inventa più niente di nuovo, i soliti gruppi che
protraggono stancamente la loro esistenza, le solite idee che si riciclano
all'infinito. Da mesi non compro CD, niente attira la mia attenzione, niente mi
spinge all'acquisto.
Ho
appena terminato la mia silente cena, pronto per andarmene a letto, quando
sento bussare: chi potrà mai essere a quest'ora? Apro la porta e non
posso credere ai miei occhi: sul pianerottolo c'è Lemmy!
"Che
diavolo ci fai da solo in questa topaia la vigilia di Natale?", dice
entrando senza chiedere il permesso. Poi si guarda intorno con un ghigno
beffardo e mi chiede ancora con la sua inconfondibile voce roca: "Non
ascolterai mica la musica con quella scatoletta?", indicando il mio PC
portatile e spegnendo contestualmente la sigaretta, girandola con vigore, sulla
tastiera del computer. Con la testa mi fa infine cenno di seguirlo.
L'attimo
successivo mi ritrovo nei cieli notturni della città accovacciato sul sedile
posteriore di una Harley Davidson, abbracciato al puzzolente giubbotto di pelle
del defunto leader dei Motorhead. Le luci della città viste
dall'alto sono qualcosa di spettacolare.
"E
così saresti anche tu uno scettico del Natale?" mi urla dal davanti.
"Scusa Lemmy”, faccio io rabbrividendo al gelo della notte, “ma dove
stiamo andando?” Si gira, mi guarda per un istante, esplode in una fragorosa
risata, e, assestandomi sulla mascella un destro scherzoso che io non trovo
tanto scherzoso, mi grida: "Stasera sono il Fantasma dei Natali passati,
ci facciamo solo un giretto, tieniti forte!".
Parcheggiamo
davanti alla casa della mia infanzia, ci accostiamo alla finestra, dalla quale
scorgiamo un bambino che, in piedi davanti ad uno stereo, fa finta di suonare
la chitarra. "Natale 1989: eccoti qua che ascolti la cassetta di "The
Miracle" dei Queen che ti regalò tuo zio. L'idiota che sta
facendo finta di suonare la chitarra, nel caso non l’avessi capito, sei proprio
tu che ascolti "I Want it All", esaltato da uno dei primi
brani di rock duro, si fa per dire, da te uditi. Eri fottutamente
vergine, caro mio, e per te era tutto una scoperta, tutto nuovo, tutto magico,
anche quelle mammolette dei Queen ti sembravano chissà che cosa. Ma procediamo
oltre..." e, sospinto da una improvvisa accelerata, il veicolo decolla
nuovamente verso altre destinazioni. Il ricordo di quel regalo di Natale mi ha però
messo di buon umore, rievocando epoche di purezza ed ingenuità nel mio modo di
vedere e scoprire la musica.
Prossima
fermata: la casa dove mi son trasferito successivamente con la famiglia.
"Eccoci qualche Natale dopo", spiega Lemmy, "di passi in avanti
ne hai fatti, anche se i tuoi gusti rimangono di merda. E' il ventiquattro
notte e stai scartando un pacchetto con dentro "Blessed are the Sick"
dei Morbid Angel…puah", e finisce la frase sputando per
terra. A me invece torna in mente la magia del death metal: quella
scatola nera che dal fuori non sembra contenere nulla, ma che quando gli occhi
si abituano alla sua oscurità, in essa si riescono a scorgere dettagli
mirabolanti, rivelandosi poi quella stessa scatola uno scrigno di tesori. Era
un momento unico perché non avrei più scartato un altro "Blessed are the
Sick" con la stessa innocenza.
"Ok,
può bastare, andiamo a visitare un altro Natale..." e Lemmy mi trascina
nuovamente con sé, questa volta in un Natale più recente. Eccomi che, già più
maturo, mi riconosco più vicino a quello che sono oggi: sto scartando perplesso
un pacchetto, ma ecco che gli occhi mi si illuminano alla vista del CD di
"Lights Out" degli Antimatter. "Continuo a non
capire come tu possa ascoltare quella merda", interviene Lemmy, "ma
si capisce che eri felice...mi fai ridere, ti sentivi già arrivato,
onnisciente, già possessore di tutto, ed ecco che tramite un regalo scopristi
il fascino del superfluo!" È vero, quando ogni acquisto diventa meccanico,
funzionale e rispettoso di gerarchie e ragionamenti sull'essenzialità di
un'opera o di una band all'interno della propria collezione, solo un regalo può
scombinare gli equilibri, imprimere inaspettata freschezza e gettare luce su un
terreno così arido. Per esempio: io sono da sempre amante degli Anathema,
ma avevo deciso di snobbare in quanto inutili gli Antimatter del fuoriuscito Duncan
Patterson, la cui "penna" era stata determinante nella scrittura
di lavori come "Eternity" e "Alternative 4"...perché
questa mancanza di curiosità?
Sento
una brezza gelida che mi attraversa il cuore, Lemmy mi guarda e mi fa: "Caro
il mio professorino che sai e hai tutto, quanti dischi possiedi degli Ufo
o dei Thin Lizzy?", e senza darmi il tempo di reagire a questo
ulteriore stimolo, come se sapesse che non possiedo nulla di suddetti gruppi
(cosa che adesso mi sembra più imperdonabile che mai!), mi porge una bottiglia
di gin e mi suggerisce di bere per riscaldarmi. Il liquido scorre bruciando
lungo le mie cavità interne e ha un effetto piacevolmente anestetico, chiamato
a sedare i subbugli dell'anima che hanno provocato quei ricordi, come sospesi
fra il sapore rassicurante della nostalgia e un'inquietudine reale che ancora
non riesco a comprendere.
Chiudo
gli occhi per fare chiarezza, ma appena il velo nero delle palpebre cala sulla
mia coscienza, inizia a girarmi vorticosamente la testa, mi sale alla gola un
fastidioso senso di nausea, ma quando riapro gli occhi, mi ritrovo sul mio
letto vestito. Da solo. Che sia stato tutto solo un sogno?
Mi
guardo in giro con circospezione, ma non ci sono indizi che tradiscano gli
accadimenti di poco prima. Rimangono però le tracce dei pensieri che hanno
fluttuato in quello strano sogno come pesci di acqua dolce negli oscuri fondali
marini: il regalo come scoperta inaspettata, il regalo per riscoprire album e
gruppi che per vari motivi non sono mai stati giudicati degni di attenzione, il
regalo come accesso al superfluo. È vero, non comprerei mai e poi mai un album
così lontano dalle mie corde come "Prometheus Symphonia Ignis Divinus"
di Luca Turilli, ma se me lo trovassi sotto l'albero non gli permetterei
con piacere di riempire il vuoto di quelle lunghe ed interminabili (quasi
sospese dal tempo...) giornate delle festività natalizie? E del resto
disdegnerei forse scartare uno a caso degli ultimi cinque album rispettivamente
di Paradise Lost e Katatonia che nel mio rigore di collezionista
ho deciso di non seguire più in quanto non degni della mia curiosità
intellettuale? Solo un regalo di Natale e la circostanza natalizia nel suo
complesso possono portare questa leggerezza che mi permetterebbe di accettare
ascolti di tal risma.
Il
fluire dei miei pensieri viene però bruscamente interrotto dallo schianto
contro il muro della porta che si apre violentemente, come se qualcuno al di là
l'avesse percossa con un energico calcio: mi affaccio e, cosa incredibile, mi
ritrovo davanti a Jeff Hanneman, torvo in viso con un cappello da Babbo
Natale in testa. "Cazzo guardi?", mi dice a denti stretti, "non
sono Santa Claus, sono il Fantasma del Natale presente e mi hanno detto
che ti devo portare in un posto". Intimorito lo seguo e senza
controbattere indosso, un po' inquietato, il casco e gli occhiali che mi mette
bruscamente in mano. Mi calo cautamente nell'abitacolo del velivolo tedesco
della seconda guerra mondiale che è parcheggiato sul tetto e che Hanneman avvia
con una certa disinvoltura.
Stiamo
sorvolando una città che non è la mia e che presto riconosco come Genova...ci
approssimiamo ad una strada, volando a bassa quota proprio sopra ad uno scooter
che viaggia a tutta velocità, svirgolando fra le automobili incanalate nel traffico
della sera. Rallenta, curva in un vicolo e si ferma davanti ad un negozio di
dischi: sono quasi le otto e il negoziante sta chiudendo la saracinesca ed è
visibilmente seccato alla vista di quel cliente dell'ultima ora che chiede di
entrare per un acquisto veloce. Quel cliente è mio cugino e capisco che è alle
prese con il regalo di Natale per il sottoscritto. Lotta ferocemente con il
negoziante, ma alla fine riesce ad entrare. Hanneman dà una vigorosa spinta
all'elica e il motore del velivolo riparte scoppiettando.
Ci
dirigiamo in un'altra zona della città, siamo questa volta nel primo
pomeriggio, forse la scena a cui stiamo per assistere si è svolta il giorno
prima: vedo nuovamente mio cugino che esce soddisfatto da un altro negozio di
CD con un pacchetto in mano, ma ecco che il suo sguardo si adombra dopo pochi
passi. Sempre più perplesso si cala il casco sulla testa e rimonta sul suo
scooter. Riparte a tutta velocità, ma poi di colpo frena e si getta in una
pericolosissima inversione ad U, scende e di corsa torna nel negozio. Solo io
posso capire cosa sta succedendo: mio cugino cerca di farmi il regalo di
Natale, ma l'operazione è continuamente turbata dai mille ripensamenti. Non
riesce a scegliere due o tre CD che insieme abbiano un senso, in quanto è alla
ricerca dell'equilibrio perfetto: lavora di "lima", smussando gli
angoli, ma qualche spigolo lo ferisce ed ogni volta, turbato da insanabili
conflitti interiori, si vede costretto a cambiare CD per pervenire ad un
equilibrio soddisfacente. Quante volte anch'io, nel portare avanti questa più
che ventennale tradizione dello scambio di CD sotto l'albero, ho vissuto momenti
del genere.
"E
tu, quest'anno, che regalo hai fatto a tuo cugino?" La voce di Hanneman mi
raggiunge come se provenisse da un altro mondo: in realtà non ho fatto nessun
regalo quest'anno e il biondo chitarrista degli Slayer lo sa bene. Senza
dire nulla montiamo nuovamente sull'aereo. Ho gli occhi umidi e nascondo nel silenzio
il mio disagio, ma Hanneman sembra capire anche quello e, senza guardarmi, mi
porge un fazzoletto con la sigla SS ricamata sopra.
Mi
risveglio nel mio letto tutto sudato con ancora il rimbombo del motore
dell'aereo nelle orecchie: sono agitato e corro a bere un bicchier d'acqua. In
parte riesco a calmarmi, sento però che questa strana avventura prenatalizia
non si è ancora completata...
Avverto
nella stanza una strana presenza: mi giro di colpo e sulla porta, ancora
aperta, si è materializzata una oscura figura incappucciata. La pelle mi si
accappona, mentre quell'essere macabro si toglie lentamente il cappuccio. E' Dead,
lo riconosco dal face-painting. E' giunta la mia ora!, lo sento!, la
Morte è venuta a prendermi!, e quasi provo una sensazione di sollievo.
Invece, con una voce che risuona nella mia testa come i rintocchi di una
campana a morto, Dead mi dice: "Sono il Fantasma dei Natali futuri",
dal suo sguardo sento che mi sta disprezzando, sta odiando la mia figura
patetica in tuta e ciabatte, capelli corti ed occhiali. Non un impianto hi-fi,
non uno scaffale con dischi e CD in camera mia, io che ero un appassionato
collezionista, io che ho speso gran parte dei miei soldi in CD e il mio tempo
migliore nel loro ascolto.
Mi
sento giudicato, e per me guardare quelle occhiaie silenziose diviene come
mirarsi allo specchio: come ho fatto a ridurmi così? Ad ascoltare musica di
bassa qualità riprodotta in modo frammentato su YouTube? Lo seguo senza che lui
mi dica nulla, procediamo lentamente lungo un sentiero costellato di lapidi e
croci: siamo in un cimitero. Svoltiamo nella direzione dove si scorge un gruppo
di persone, poche, un po' annoiate. Fra queste esce, accendendosi una Chesterfield,
Fabio Lione, ma vedendo Dead fa un balzo indietro toccandosi le palle. “Maremma
ladra”, strepita, “ci mancava pure Starop…”, poi però, capendo, si rilassa e
prosegue per la via, dicendoci, “scusate gente, vi avevo scambiato per uno che
conosco io…o, a proposito, belli, levateti di ‘ulo fin che siete in
tempo, qua è un mortorio, e non c’è manco una fia” e se ne scompare
nella nebbia in direzione contraria.
Non
seguendo il suo consiglio, mi avvicino incuriosito e vedo una bara, e sulla lapide
vicino al cumulo di terra scorgo inciso il mio nome. Intorno regna il silenzio.
Il silenzio è morte.
Non
sono angosciato dall'idea di morire: mi dà maggiore ansia l'idea di morire in
silenzio. Al mio funerale non dovrebbe essere suonata a tutto volume "I
Don't Live Today" di Jimi Hendrix? Con il ritornello che faceva
"I don't! Live today! Maybe tomorrow..."? "O almeno "Funeral
Fog"?" sussurra Dead riprendendo il filo dei miei pensieri,
spaventandomi fra l'altro, visto che mi ero dimenticato del folle cantante dei
Mayhem.
Il
quadro che mi si para davanti è troppo angosciante, non riesco a sostenerne le
implicazioni concettuali ed emotive, mi sento sento soffocare, opprimere dalle
anguste pareti della tomba, con pugni e calci mi inizio ad opporre alla loro incombenza.
Sento le palate di terra che vengono gettate spietatamente sul coperchio della
bara, spalanco la bocca e grido, grido e grido fin quando mi sveglio sconvolto
sul mio letto. Ancora una volta.
Non
mi importa se è stato tutto un sogno oppure no, sento solo che non voglio
morire da solo, nel silenzio. Mi alzo, esco di casa di corsa, in ciabatte,
cantando a squarciagola "Port Royal", "Jawbreaker",
"Princess of the Down", "Holy Diver", "Scavenger
of Human Sorrow", urlando che IL METAL NON MORIRA’ MAI!
BUON
NATALE, BUON NATALE A TUTTI!!!
Ancora
con il fiatone, torno a casa, rigenerato nell'anima da questa folle corsa,
consapevole che esiste ancora tanta buona musica, vecchia e nuova, che le mie
orecchie devono ancora ascoltare. Mi siedo esausto al tavolo e mi chiedo ancora
il senso di questo strano sogno. Mi guardo intorno stentando a riconoscere
quello che fino ad un momento prima era stato il teatro della mia aridità spirituale
e musicale.
Getto
sguardi trasognati agli oggetti che mi circondano, quando l'occhio mi cade su
un dettaglio che attira la mia attenzione, sul pavimento, nell'angolo della
stanza: una bottiglia di gin...