Avevo 13 anni e uscii un giorno dalla scuola parlando di Ozzy Osbourne, mi affascinava il personaggio ma non sapevo niente di lui. Avevo solo sentito storie di pipistrelli, colombe, sangue, pazzia e sorridevo mentre ripensavo a quello che mi avevano detto i ragazzi più grandi di me su questo cantante.
A casa avevo una decina di musicassette con i Queen, Metallica e anche le lezioni di francese registrate, ma la magia di quelle cassette era che si potevano sovraregistrare mille volte. La qualità non era eccelsa ed ogni volta si perdeva qualcosa nella resa sonora, ma incuriosito da Ozzy decisi di pescarne 5/6 e portarle immediatamente al mio amico per farmi copiare la discografia di Osbourne solista in suo possesso.
Ricordo che uscii di casa prima di pranzare, proprio per accelerare i tempi e lasciar modo al mio amico di registrare le musicassette mentre ero a tavola. Nel primo pomeriggio tornai a casa sua e, mentre stava completando "No Rest for The wicked", ricordo che mi sedetti nel letto matrimoniale dei suoi genitori fissando l'armadio marrone chiaro. Ero ansioso di chiudermi in camera e, ringraziando per il lavoro certosino fatto, tornai di corsa a casa con il Madman tra le braccia.
Il primo album che misi fu: "The Ultimate Sin", perché il titolo mi affascinava ed oggi in questo giorno di dicembre in cui rimetto queste note, sento un tuffo al cuore.
Rivedo quel bambino che scopriva la musica heavy, mi innamorai subito del tono inconfondibile di Ozzy e solo poco dopo conobbi meglio i Black Sabbath.
Oggi che sono diventato un uomo, oggi che Ozzy mette gli occhiali scuri rotondi in stile Renato Zero, oggi che ascolto tonnellate di musica da ogni orizzonte, oggi che recita nelle sit-com, oggi che i nostri mondi sono cambiati, oggi che canto per l'ennesima volta: "Killer of Giants" sotto la doccia, eccomi di nuovo commosso intonare:
"Killer of Giants threatens us all
Mountains of madness standing so tall..."