Il Madagascar è un territorio particolare. Un'isola, africana come continente, abitata da etnia mista asiatico-africana. La scena di Antananarivo è attiva dagli anni '80 e quindi il Madagascar ha una storia metal che procede in parallelo reale con quella europea-americana: Apost, Kazar, Pharaons i nomi più importanti. Ci sono poi una serie di gruppi che uniscono uno stile power-speed ad una voce cavernosa, come in altri esempi africani. In alcuni casi si può parlare di metal-core, in altri di pop-core.
Si direbbe che qui la rabbia non sia elitaria e, viceversa, il commerciale non sia vissuto in senso dispregiativo: da qui forse la naturalezza delle intrusioni del pop nel metal e persino nel black metal...
Partiamo dai gruppi di fine anni '80.
Apost. Attivi dal 1987 e dediti ad un metal classico almeno in alcuni brani (altri sono pop-acustici), con melodie vocali sorrette da riff solidi e fieri. Inquietante un video di esibizione televisiva ("Apocalypsi") con un tipo di mezza età in giacca e cravatta che batte il tempo nelle prime file e il bravo cantante che affronta la platea con giacca da cowboy gialla con le frange, in un incrocio agghiacciante tra Eric Adams e Julio Iglesias. Esiste una versione live d'epoca (1988) con un geniale chitarrista solista che scalpita in piena strofa coprendo la linea vocale. Questo tipo di gruppo ricorda i primi gruppi metal italiani, i quali spaziavano dal rock al metal, identificandosi fondamentalmente con la grande famiglia del rock. Apprendiamo che questo singolo è divenuto negli anni un vero e proprio punto di riferimento nell'immaginario collettivo, come dire “Paranoid” in Europa: è quindi coverizzato e richiesto dal vivo ai matrimoni (!).
Ne fanno una cover i Kazar, contemporanei e autori di thrash di fattura grezza ma dignitosa. A dispetto della facile ironia sul nome, i Kazar sono persone serie e timorate di Dio, come si evince da alcuni titoli ("Babylon's Fall", "God's Promise", "The End of the Devil's Power”). Stesso sospetto per gli Apost. Gruppi come questi potrebbero essere proposti in un campo di rieducazione per i giganti del thrash occidentale, che ormai sanno battere col martello quanto basta per piantare un chiodo nel muro.
Passiamo a roba più ignorante. Non fatevi ingannare dal nome (siamo sempre in Madagascar!) quando citiamo i Pharaons che ci parlano della tragedia di Nagasaki (doveroso, perché non la caga mai nessuno: tutti si fermano a Hiroshima). Su Youtube leggiamo di “crazy metal”, di “old-school death metal” ed è invece sostanzialmente un delirio totale: volendo far finta che sia tutto intenzionale, potremmo pescare come termine di paragone i Pan-Thy-Monium. In generale ricordano un po' Pozzetto e Celentano quando improvvisano jazz nel film “Lui è peggio di me”. I Nostri inoltre sembrano affascinati dalla seconda guerra mondiale, a cui dedicano più di un brano. Autori di un album nel 1989, devono averne rilasciato anche una versione con delle integrazioni (rigettata dall'etichetta per testi troppo scandalosi), tra cui “The Paedophilia from Vatican”, testimonianza del buon esito delle missioni cattoliche anche in terre così difficili. Decisamente sconclusionati e caotici, meritano un ascolto semplicemente per capire quanti danni possono aver fatto i Venom nel mondo.
Una delle cose più interessanti sul terreno culturale del Madagascar però dobbiamo apprenderlo da una band black cecoslovacca. Questi tizi pubblicano un album tematico sui rituali funebri e vi includono il famadihana, rituale malgascio che consiste nel rompere le palle ai morti disseppellendoli. Non curanti di quanto raccomandato da King Diamond, nel Madagascar si ritiene utile e costruttivo dissotterrare il cadavere, celebrare una sorta di post-funerale e poi dargli una seconda e definitiva sepoltura. Senza pretendere di chiarire il senso ultimo di tale pratica, ricordiamo che in ambito metal anche i Suffocation parlarono di ri-cremazione. Pare si tratti di un modo per “confermare” la riunione del defunto al mondo degli antenati e che la cerimonia abbia carattere gioioso e conviviale. Dice: ma sei sicuro? Come no?! Me l'hanno detto i Kazar!
In omaggio a queste tradizioni macabre qualche nome tiene alta la bandiera del death metal malgascio. I Samar sono un trio di brutal death metal canonico, convincente e ben registrato. Gli Amperus Alegor, truccati con corpsepaint e dotati di voce in screaming, suonano nei fatti un death metal melodico. I Gomor, che sono etichettabili anch'essi come brutal death, hanno un cantante che ne combina di tutti i colori: ci fa vedere il bianco degli occhi simulando una possessione, mette il corpsepaint, ci manda addirittura in culo col dito medio. Ma potrebbe anche essere più sobrio, in fondo la musica funziona.
E ora abbassiamo le luci perché è la volta del black metal. Contrordine, contrordine! Riaccendete tutto, perché qui il black si fa alla luce del sole! Ma attenzione: quella luce delle radure che al Conte bruciava la pelle, qui è teatro di video quasi psichedelici per il contrasto tra face-paint e natura africana.
I Lamasy propongono uno struggente connubio tra voce truce e forma canzone melodica, con tastiere sovraesposte che producono un effetto straniante. Corpsepaint, abbigliamento comunque di genere e due album di quello che definiscono symphonic-melodic black metal. Potrebbero essere sigle di cartoni animati trasfigurate, oppure cover degli Europe con voce growl. Scherzi a parte, la prima impressione è la stessa già riferita per l'Angola: un'attitudine “positiva” della musica estrema africana, che prende nettamente le distanze dal taglio nichilistico-depressivo di matrice europea.
Quando i Nostri caricano di più la parte chitarristica, l'effetto si avvicina ai Dimmu Borgir e derivati, conservando però questa impronta “solare”, speranzosa ed elegiaca che riconduce al metal classico ed allontana da territori mortiferi, che siano black o death. Ascoltatevi “Manetry Tena” a titolo esemplificativo, con il passaggio dall'inizio classicamente symphonic black al corpo di un brano power solare. Che sia power-black il termine più esatto per fornire le coordinate di questo genere?
Per avere un'idea di come possano suonare “senza voce” le strutture dei Lamasy provate il video karaoke in cui potrete seguire le linee melodiche con versi in lingua sconosciuta (non fate gli schizzinosi, perché col norvegese ci provate eccome..). Potremmo tirare in ballo i Ghost, per l'uso pop della tastiera in alcuni frangenti, così come i vari esperimenti di black melodico, per esempio i Covenant, ma il punto è che poi la piega ottimistica che prende il brano lascia spiazzati ogni volta, perché evidentemente la cifra stilistica fondamentale è diversa. Una band con una sua identità, forse estesa all'intera scena, riassunta dal contrasto tra la furia demonica del cantante che fa gestacci e inanella rantoli e grugniti, e quella serafica del tastierista con la maglietta dei Misfits.
I tentativi di capire i testi in malgascio non sono stati del tutto infruttuosi e con piacevole sorpresa hanno dato conferma a questa sensazione di ottimismo: messaggi di speranza, esortazione, fiducia in una liberazione prossima a venire, in una fase di benessere che ricompenserà gli sforzi. Insomma, niente in comune con i compiacimenti nichilistici del black europeo.
In omaggio a queste tradizioni macabre qualche nome tiene alta la bandiera del death metal malgascio. I Samar sono un trio di brutal death metal canonico, convincente e ben registrato. Gli Amperus Alegor, truccati con corpsepaint e dotati di voce in screaming, suonano nei fatti un death metal melodico. I Gomor, che sono etichettabili anch'essi come brutal death, hanno un cantante che ne combina di tutti i colori: ci fa vedere il bianco degli occhi simulando una possessione, mette il corpsepaint, ci manda addirittura in culo col dito medio. Ma potrebbe anche essere più sobrio, in fondo la musica funziona.
E ora abbassiamo le luci perché è la volta del black metal. Contrordine, contrordine! Riaccendete tutto, perché qui il black si fa alla luce del sole! Ma attenzione: quella luce delle radure che al Conte bruciava la pelle, qui è teatro di video quasi psichedelici per il contrasto tra face-paint e natura africana.
I Lamasy propongono uno struggente connubio tra voce truce e forma canzone melodica, con tastiere sovraesposte che producono un effetto straniante. Corpsepaint, abbigliamento comunque di genere e due album di quello che definiscono symphonic-melodic black metal. Potrebbero essere sigle di cartoni animati trasfigurate, oppure cover degli Europe con voce growl. Scherzi a parte, la prima impressione è la stessa già riferita per l'Angola: un'attitudine “positiva” della musica estrema africana, che prende nettamente le distanze dal taglio nichilistico-depressivo di matrice europea.
Quando i Nostri caricano di più la parte chitarristica, l'effetto si avvicina ai Dimmu Borgir e derivati, conservando però questa impronta “solare”, speranzosa ed elegiaca che riconduce al metal classico ed allontana da territori mortiferi, che siano black o death. Ascoltatevi “Manetry Tena” a titolo esemplificativo, con il passaggio dall'inizio classicamente symphonic black al corpo di un brano power solare. Che sia power-black il termine più esatto per fornire le coordinate di questo genere?
Per avere un'idea di come possano suonare “senza voce” le strutture dei Lamasy provate il video karaoke in cui potrete seguire le linee melodiche con versi in lingua sconosciuta (non fate gli schizzinosi, perché col norvegese ci provate eccome..). Potremmo tirare in ballo i Ghost, per l'uso pop della tastiera in alcuni frangenti, così come i vari esperimenti di black melodico, per esempio i Covenant, ma il punto è che poi la piega ottimistica che prende il brano lascia spiazzati ogni volta, perché evidentemente la cifra stilistica fondamentale è diversa. Una band con una sua identità, forse estesa all'intera scena, riassunta dal contrasto tra la furia demonica del cantante che fa gestacci e inanella rantoli e grugniti, e quella serafica del tastierista con la maglietta dei Misfits.
I tentativi di capire i testi in malgascio non sono stati del tutto infruttuosi e con piacevole sorpresa hanno dato conferma a questa sensazione di ottimismo: messaggi di speranza, esortazione, fiducia in una liberazione prossima a venire, in una fase di benessere che ricompenserà gli sforzi. Insomma, niente in comune con i compiacimenti nichilistici del black europeo.
Secondo voi è possibile una ballata black? Se la vostra risposta è un secco no, allora non avete mai sentito i Golgotha. La loro specialità sono i video, con personaggi che vanno da Conan il Barbaro ad un pipistrello umano, da sacerdoti in stile Messiah Marcolin a mostri vari che infestano cimiteri rurali, terrazze di abitazioni civili e boschi di baobab: "Vangy" e "Fikotrohanify" meritano un ascolto ed una visione soprattutto.
I testi sono raramente disponibili, ma potrebbe essere che davvero qui la maggioranza dei gruppi non sia anticristiano, bensì semplicemente macabro e che anzi il Dio cristiano sia vissuto in maniera combattiva e progressista. Qualcosa di molto più simile, se dobbiamo trovare un anello di congiunzione, al mondo religioso degli Inchiuvatu e della scena mediterranea, piuttosto che non al neopaganesimo anticristiano ed iconoclasta del Nord.
Quanto all'elemento folk che finora abbiamo invano cercato, speravamo ci venissero in soccorso i Vazimbalian, gruppo dall'ideologia "unblack metal" che propone anche folk-ambient. Capirete la nostra delusione quando "Zimba Song" si rivela essere una specie di "Trollhammeren" dei Finntroll...
Fate inserire, in conclusione, "Apocalipsi" nel canzoniere della vostra parrocchia, tanto probabilmente il brano parla anche bene di Gesù, e non sottovalutate il black solare: questa è la prima vera peculiarità del metal africano ed essa potrebbe riservare più di una sorpresa in termini di rinnovamento dei generi...
I testi sono raramente disponibili, ma potrebbe essere che davvero qui la maggioranza dei gruppi non sia anticristiano, bensì semplicemente macabro e che anzi il Dio cristiano sia vissuto in maniera combattiva e progressista. Qualcosa di molto più simile, se dobbiamo trovare un anello di congiunzione, al mondo religioso degli Inchiuvatu e della scena mediterranea, piuttosto che non al neopaganesimo anticristiano ed iconoclasta del Nord.
Quanto all'elemento folk che finora abbiamo invano cercato, speravamo ci venissero in soccorso i Vazimbalian, gruppo dall'ideologia "unblack metal" che propone anche folk-ambient. Capirete la nostra delusione quando "Zimba Song" si rivela essere una specie di "Trollhammeren" dei Finntroll...
Fate inserire, in conclusione, "Apocalipsi" nel canzoniere della vostra parrocchia, tanto probabilmente il brano parla anche bene di Gesù, e non sottovalutate il black solare: questa è la prima vera peculiarità del metal africano ed essa potrebbe riservare più di una sorpresa in termini di rinnovamento dei generi...
A cura del Dottore