I 10 MIGLIORI ALBUM A.O.R.
CAPITOLO 7: MAGNUM - "ON A STORYTELLER'S NIGHT" (1985)
I metallari under 30, cresciuti
nel revival power/symphonic metal, probabilmente lo conoscono solo come uno dei
tanti guest singer del progetto Avantasia. Del resto il buon Sammet l’ha
imbarcato fin dagli albori della pluridecorata "Metal Opera" (2001-02). E a vederlo poi anche dal vivo con la band tedesca, al Wacken o al
Masters of Rock, potrebbero aver pensato: ma chi cazzo è quel piccolo nonnetto
incanutito, alto un metro e una banana, senza neppure questa gran voce, che
ripete alla nausea sempre gli stessi gesti con le mani manco avesse il
Parkinson?
Ebbene, cari giovinotti, quel
signore è uno dei più grandi cantanti rock britannici di sempre: Mr. Bob Catley!
Certo, vederlo adesso che ha 70
anni tondi tondi e non più l’ugola dei tempi d’oro può creare qualche
perplessità, ma sicuramente Catley non è passato alla storia per qualche discreta
canzone cantata per gli Avantasia. Alla storia del Rock ci passerà
per le prestazioni superbe coi Magnum.
E così, come avevo anticipato
nella nostra Anteprima, dopo ben 6 capitoli in cui abbiamo cercato di scandagliare diverse tipologie di sonorità AOR sul suolo statunitense, attraversiamo l’Oceano e andiamo
in Inghilterra.
Fondati a inizio anni settanta da
Catley con il fido chitarrista Tony Clarkin,
i Magnum hanno avuto il loro periodo di massimo fulgore più o meno tra il 1982 e il
1988. E noi ci soffermiamo proprio a
metà di questo periodo, nel 1985 anno di quello che considero il loro album
migliore, il qui trattato "On A Storyteller's Night".
Ammetetelo: a una prima occhiata, e senza focalizzarsi sul monicker,
la copertina vi sarà parsa come quella di un potenziale disco a caso, passato o
futuro, dei Blind Guardian. E invece correva l’anno 1985 (il Guardiano Cieco
non aveva pubblicato neppure un disco) e l’accoppiata Catley-Clarkin incantava
con sonorità che riprendevano la tradizione rock inglese per corroborarle con
arrangiamenti maestosi e sfumature fantasy/folk. Risultato? Musica di grande
respiro con atmosfere fatate, tanto da farci sostenere, con un paragone non
troppo azzardato, che i Magnum stanno all’AOR come i Blind Guardian stanno al
Metal.
Si parte alla grandissima e se rimarrete indifferenti
all’accoppiata iniziale “How far Jerusalem” e “Just like an arrow” allora vorrà dire che il vostro cuore è di ghiaccio…due brani che saranno, anche nella
dimensione live, il marchio indelebile della band da lì in avanti.
Le composizioni filano via una
dietro l’altra senza che l’attenzione dell’ascoltatore si perda per un solo
secondo, supportate da azzeccatissime linee melodiche, tra epici mid-tempo (da
brividi la title track e l’epicissima “Le morts dansants”) e ritmiche più
sostenute come “Before first light” e “Two hearts”. L’accoppiata finale “All England’s eyes” e “The last dance” suggellano quello che è senza dubbio uno dei
picchi qualitativi dei Magnum.
Vero è che Clarkin è l’autore di
tutti i brani, ma, al di là del prezioso apporto di Mark Stanway alle
tastiere, il traguardo non sarebbe stato raggiunto senza la prestazione da urlo
di Catley, le cui corde vocali donano ad ognuno dei dieci brani un’espressività
sempre diversa: ora fatata, ora malinconica, ora aggressiva.
La band britannica saprà
ripetersi anche con i successivi “Vigilante”
(1986) e “Wings of heaven” (1988).
Anzi, per molta critica quest’ultimo è persino superiore a “On a storyteller’s
night”, forse perché godette di una produzione più scintillante (e anche più
patinata, aggiungerei…). Personalmente preferisco OASN, proprio perchè più genuinamente rock e maggiormente epico, in relazione al genere ovviamente.
Di certo possiamo dire che questo
trittico di dischi rappresenterà l’apice di un certo rock inglese, quel rock
pomposo, che senza dubbia era album e radio oriented, ma non disdegnava una
complessità di songwriting data dalle potenti sfumature fantasy e
magiche.
Dagli inizi anni novanta in poi i
Magnum si daranno a sonorità di stampo americano, sicuramente meno adatte alle
corde compositive del gruppo e all’ugola di Catley, tanto da portare di li a
breve a un temporaneo scioglimento della band.
Poco male comunque: il lascito per il rock degli anni
ottanta era stato ormai depositato e Catley si era già imposto come un punto di
riferimento per tutti i cantanti rock a venire.
A cura di Morningrise