Oggi il mal di gola mi blocca a casa e ho deciso di ascoltare "Collision Course" dei Royal Hunt, perché è un disco sottovalutato di power progressive metal e merita invece la ribalta! Non è sopportabile quel mezzo sorrisino di scherno che avete leggendo queste parole, provate a soffiare via la polvere da questo album e mi darete ragione.
Nel 2008 i Royal Hunt entrano ufficialmente nell'era del vocalist Mark Boals e, come trattato nella nostra retrospettiva, rappresenta forse il momento medio a livello qualitativo della loro carriera, sia rispetto al top con DC Cooper e ad alcuni flop con John West come singer.
Il disco è un sequel del concept di "Paradox" che peraltro non lasciava adito a nessun seguito, nel senso che il dibattito tra religioni e simboli di Occidente e Oriente sembrava chiuso. La mossa del mastermind André Andersen mi sembra più commerciale che concettuale, infatti dopo le difficoltà di alcuni dischi precedenti, decide programmaticamente di tornare all'antica. Prende alla voce Boals che, come il prezzemolo, sta bene su tutto e non snatura il sound (d'altronde Mark ha cantato con Malmsteen e sa cosa vuol dire sopportare nda) e indovina un ottimo disco.
Tornano le qualità dei Royal Hunt all'ennesima potenza, ci sono momenti sinfonici che non si udivano da qualche tempo, ma soprattutto azzeccano la melodia di ogni ritornello. Il disco è omogeneo, anche con sonorità non proprio nuove, però se ci si abitua ad alcuni momenti vetusti emerge qualità. Sicuramente è il migliore disco con questo cantante, rispetto al successivo "X", ha idee e spunti ruffiani per piacere a noi fans.
Ecco se posso imputare qualcosa è proprio questa precisa mission di piacere ai fans, cioè dopo anni di esperimenti (più o meno riusciti) dalla fantascienza al blues, Andersen si scusa e fa un passo indietro tornando alle radici. Sono quei momenti di pura gioia power che mi colpiscono, come se Andersen fosse tornato indietro alla sua infanzia e potesse spingere sull'acceleratore delle emozioni.
Come coloro che devono fare un salto più lungo e, prendendo la rincorsa, fanno qualche passo indietro, così i Royal Hunt tornano all'antica sfornando un ottimo disco che li farà tornare nell'Olimpo del power progressive metal dove avevano lasciato dal 1997 (anno in cui uscì "Paradox") occhiali da sole e camicie di pizzo.
Voto: 7.5
Canzone top: "Exit Wound"
Momento top: il ritornello di "The First Rock" e "The Clan"
Canzone flop: "Hostile Breed"
10 canzoni, 52 minuti
Anno 2008
Etichetta: Magna Carta
Il disco è un sequel del concept di "Paradox" che peraltro non lasciava adito a nessun seguito, nel senso che il dibattito tra religioni e simboli di Occidente e Oriente sembrava chiuso. La mossa del mastermind André Andersen mi sembra più commerciale che concettuale, infatti dopo le difficoltà di alcuni dischi precedenti, decide programmaticamente di tornare all'antica. Prende alla voce Boals che, come il prezzemolo, sta bene su tutto e non snatura il sound (d'altronde Mark ha cantato con Malmsteen e sa cosa vuol dire sopportare nda) e indovina un ottimo disco.
Tornano le qualità dei Royal Hunt all'ennesima potenza, ci sono momenti sinfonici che non si udivano da qualche tempo, ma soprattutto azzeccano la melodia di ogni ritornello. Il disco è omogeneo, anche con sonorità non proprio nuove, però se ci si abitua ad alcuni momenti vetusti emerge qualità. Sicuramente è il migliore disco con questo cantante, rispetto al successivo "X", ha idee e spunti ruffiani per piacere a noi fans.
Ecco se posso imputare qualcosa è proprio questa precisa mission di piacere ai fans, cioè dopo anni di esperimenti (più o meno riusciti) dalla fantascienza al blues, Andersen si scusa e fa un passo indietro tornando alle radici. Sono quei momenti di pura gioia power che mi colpiscono, come se Andersen fosse tornato indietro alla sua infanzia e potesse spingere sull'acceleratore delle emozioni.
Come coloro che devono fare un salto più lungo e, prendendo la rincorsa, fanno qualche passo indietro, così i Royal Hunt tornano all'antica sfornando un ottimo disco che li farà tornare nell'Olimpo del power progressive metal dove avevano lasciato dal 1997 (anno in cui uscì "Paradox") occhiali da sole e camicie di pizzo.
Voto: 7.5
Canzone top: "Exit Wound"
Momento top: il ritornello di "The First Rock" e "The Clan"
Canzone flop: "Hostile Breed"
10 canzoni, 52 minuti
Anno 2008
Etichetta: Magna Carta