Se uno si guarda intorno può scorgere ovunque giovanotti che si aggregano con entusiasmo: per ballare, far festa e agitare di fronte al mondo i loro cuori color arcobaleno. Non altro che la gioventù che Leopardi descriveva con rimpianto ne “Il Sabato del Villaggio”.
Poi ci sono i Lifelover: sarà deformazione professionale, ma non riesco a non preferirli. Chiariamo però subito un concetto: quel che è “bello” del depressive black metal non è tanto lo sbandierato messaggio di autodistruzione e disperazione, quanto la voglia di vivere che esso reclama, rivendica. L'ironia del nome è quindi relativa (più sarcasmo che ironia, a dire il vero). Diciamo che se li prendete come dei ragazzetti viziati che cianciano di dolore e morte perché sono annoiati vi sbagliate. Ma se prendete troppo seriamente uno che suona con una sorta di calzino infilato sulla testa secondo me siete ancora fuori strada...
Tutti amiamo la vita, seppur in una maniera molto personale. Anche i misantropi, i
pessimisti la amano. Anzi, direi che i pessimisti la amano sicuramente di più, poiché
la loro filosofia è una protesta contro la felicità a cui sono
affezionati e che almeno in sogno hanno toccato con mano. Ne è un esempio lampante Leopardi,
che era incazzato con la natura che lo aveva sfavorito nella
ricerca di una vita a cui era decisamente incline.
Se Leopardi si lamentava
che a Recanati un povero giovanotto malinconico e ingobbito non
poteva che rompersi i coglioni, non aveva mai considerato Stoccolma.
Stoccolma è, in una citazione ermetica, “tutto e niente in
disarmonia”. Non è che non ci provino a divertirsi, i giovani della capitale, ma ci
dev'essere qualcosa nell'aria che evidentemente manda tutto a rotoli. Ecco, per esempio, i postumi de
“Il Sabato del Villaggio” a Stoccolma: “Cartoni di pizza, lattine di birra, cicche, capelli
grassi e dita oleose...Il tentativo di ieri di buttarsi alle spalle
ogni problema è miseramente fallito. Il sole splende di nuovo su
pavimenti di noia. Insieme al volto spaventoso della consapevolezza,
ecco che arriva strisciando anche il rimorso” (da “Domenica”).
Che Sabato sera di merda! E questo è quando va bene, perché c'è anche una versione peggiore: “I postumi
della sbornia dell'altra notte sono ancor qui, come il vomito sul
muro del bagno. Ciondolo come un morto vivente nella monotonia,
incontro ogni volta nuove facce e ne provo fastidio. La benda emana
odore di fluidi di ferite e pus, eppure non riesco a smettere di
annusarla in continuazione. Il vento soffia freddo e vorrei saltar
giù in mezzo ai frammenti di ghiaccio. Ti ho mandato una cartolina
con scritto Addio.”
Ma forse è l'ottica leopardiana che è morbosa: proviamo dunque da una diversa
angolazione. Chi ha studiato Giovanni Pascoli si ricorderà della
poetica del fanciullino. Com'è bello riscoprire la radice delle
emozioni, delle sensazioni facendo capo all'innocenza espressiva e
sensitiva che è in noi da bambini. Chi vede le cose con gli occhi di
un bambino mal sopporta tutto l'affastellamento di artefatti che
opacano la realtà più sincera, ma può tuttavia uscirne
ritagliandosi una sua intimità fanciullesca. I Lifelover quindi
trovano rifugio nella loro cameretta, con due amici inseparabili, un
gatto di pezza e un orsetto, un teddybear. Il gatto di pezza
ha la bocca piena di spaghetti, che forse il nostro cantante-bambino
gli ha dato da mangiare per gioco. Mentre il teddybear, animatosi in
maniera provvidenziale, gli fa un pompino. Ma purtroppo non basta: il
poeta-fanciullino rivolge la pistola contro di sé e si spara al
cervello, “mentre il fuoco è pronto a battezzare i bambini”.
Il mondo vince sul fanciullino, Pascoli è morto.
Rimarrebbe Ungaretti.
Pessimista certo, lamentoso magari, ma sostanzialmente educato.
Soffre in sordina: se non lo vuoi sentire che si lamenta
nell'appartamento accanto, basta accendere la radio. Invece i
Lifelover no: loro vivono al “piano terra del nostro umore”
e quando esci per far un giro ti tocca passare davanti alla loro
porta, in fondo allo scalone del condominio. E ti devi sentire in
colpa... Però non sono come i Carpathian Forest, che se li incontri ti tolgono d'impaccio mandandoti affanculo. I Lifelover sono svedesi,
gente garbata, e quindi vorrebbero farlo, ma se lo tengono per sé.
Basta che tu sappia (e te lo scrivono magari in un biglietto
firmato che poi ti mettono nella cassetta della posta) che ti
dovresti sentire tremendamente in colpa perché gli dai proprio
fastidio. Sono dei misantropi molesti.
Peter Steele è ostile, ma conscio che è un suo limite. Gli Impaled Nazarene sono dei misantropi da carnevale, i Carpathian sono disgustosi. Questi invece ce lo fanno pesare. Magari un giorno ti trovi un biglietto che dice “Godetevi le vostre vite schifose, ma non pensate di essere speciali neanche per un secondo”. Oppure: “L'unico senso in cui mi può importare di qualcosa che ti andato bene, o della positività della tua vita quotidiana, è che ti auguro l'esatto contrario”.
Peter Steele è ostile, ma conscio che è un suo limite. Gli Impaled Nazarene sono dei misantropi da carnevale, i Carpathian sono disgustosi. Questi invece ce lo fanno pesare. Magari un giorno ti trovi un biglietto che dice “Godetevi le vostre vite schifose, ma non pensate di essere speciali neanche per un secondo”. Oppure: “L'unico senso in cui mi può importare di qualcosa che ti andato bene, o della positività della tua vita quotidiana, è che ti auguro l'esatto contrario”.
"La vita selvatica
nella città grigia
tra questi idioti
felici
Schiavo della
solitudine
pur di evitare chi mi
reca fastidio
Sorrisi, sguardi
ammiccanti
Saluti cordiali mi
danno il vomito
Quell'attenzione che
loro invocano così tanto
gli uni dagli altri
non ha alcun
significato per me"
“E' così difficile
vedere l'odio e il disgusto per voi nei miei occhi?” Si chiede il
nostro eroe. Ovviamente no, specie se giri con un calzino
imbrattato di nero calato sulla testa. La gente può intuirlo che non
gradisci contatti, ma pretendere che ti lascino in pace perché
lo hai chiesto nei testi di album che non compra nessuno mi pare un po' troppo...
I Lifelover no, non hanno
niente da rimpiangere in senso positivo. I Lifelover in
realtà non sono eremiti come vorrebbero far credere: sono misantropi
molesti, in quanto infastiditi da ogni cosa che fai. E' chiaro dunque che
ogni scusa è buona per venire a protestare e farti capire che gli dai fastidio.
Ungaretti almeno dedicava parole di rispetto ai compagni caduti in
guerra, alle vittime innocenti. Invece loro, perfino quando muori,
come biglietto di condoglianze ci tengono a scrivere questo: “Sei
sempre stato morto per me/ adesso sei morto anche per gli altri”.
Galateo misantropico o pedanteria misantropica?
L'immagine della città è
allegoria dell'assenza di empatia. Attenzione, non incomunicabilità,
ma assenza di termini di comunicazione:
"Siedo qui, immobile e in antica
disperazione
Il sole tramonta fuori dalla mia
finestra sporca
Do un po' di luce ai miei sentimenti
repressi che si risvegliano
Li espongo alle fauci fameliche
della melanconia
Un chilometro dopo l'altro, in fila,
illuminati dalla luce gassosa del sole, edifici di appartamenti
La città presto sarà nel sonno, in
attesa di una nuova alba, un nuovo giorno
Io aspetto l'inevitabile"
La città è disperazione
perché con le sue strutture fatte per essere abitate ti ricorda
inevitabilmente che qualcuno la popola, qualcuno che ti è
indifferente. O qualcuno che per un attimo metafisico non ti è stato
indifferente e che adesso ti ricorda in maniera bruciante la bugia
dell'amore. Quella che segue è
sostanzialmente una poesia d'amore in cui non resta nulla se non un
semplice “Ti amo”, verbo senza più destinatario e ispirazione,
pronunciato contro la prospettiva desolante della periferia di
Stoccolma:
"Ieri è stato troppo,
non ne voglio più
L'unica cosa che vedo
è questa città
fredda come un
pavimento di pietra
L'anima di questi
corridoi
Un'architettura di
carne morente
Sterile alla gioia
sotto effetto dell'apatia
Monotono mortifero
cemento
Il mio cuore batte
appena
La nausea mi assale se
tento di muovermi
Un'anima dal color
della cenere
Una città, edificio
di disperazione
Dispiacere che non
finisce.
Ti amo."
Bene, allora magari
andiamo a ricontattare la ragazza e convinciamola a tornare insieme
al nostro amico. Ma forse è troppo tardi , perché “mi hai
lasciato con quaranta ferite nella carne che mi hanno segnato per la vita,
senza contare la ferita del cuore, che è ancora completamente
aperta. Se mai tornerai, sarò felice di poterti uccidere per
vendetta”. Poco a poco anche questa
traccia d'amore (e poi d'odio) se ne va e rimane il resto. Come
diceva Ungaretti: “Neanche le tombe resistono molto”.
"Fisso fuori dalla
finestra, tutto è così sbiadito
Vecchie ferite,
sporche e polverose ferite
Devo tenermi tutto
dentro
Sterili e lontani
edifici, mille maledette strade senza fine
vie verso l'ultimo di
questi respiri estorti
Memorie e melanconia,
disperazione e depressione
La sala dell'omissione
non ha pareti
Al diavolo tutto
questo, di cui non mi importa."
Resterebbe infine il
compiacimento della sofferenza, l'indugiare e sentirsi grandi nel
celebrare la propria sconfitta, perdita, delusione. Ma anche qui i
Lifelover si scocciano, perché non dimentichiamo che alla base della
loro poetica c'è lo spirito vitale, che non può trovare
realizzazione nel cantare la tristezza se davvero non c'è speranza.
Per cui il nostro eroe a questo punto si lamenta che
perlomeno la sofferenza altrui lo avrebbe intrattenuto, mentre gli
altri cercano fastidiosamente di spazzar via la morte e
riproporre sempre i loro conati inutili di vita.
"Viaggio sulla
sfortunata via della morte
dove molti hanno perso
la vita
Se solo i cadaveri
smembrati fossero stati lasciati lì
Adornerebbero ora
l'asfalto con pinte di sangue
e una teoria di
brandelli
Anziché esser portati
via
per aver degna
sepoltura
Il mio viaggio sarebbe
certo molto meno noioso
C'è modo di essere il
prossimo a morire?"
A questo punto l'unica soluzione è
risolversela fra soli: mettersi alla guida della nave di Caronte
e trasportarsi sull'altra riva...
"Il mio animo è freddo
e crudo
come una petroliera
russa sul mare ghiacciato
di Dicembre
Ogni mia velleità è
affondata
Persa nel vento gelido
e umido
Sepolta e avvolta dal
fango
Da qualche parte qui
sotto
Il capitano è
l'Ostilità
pieno di disprezzo
ordina avanti tutta
verso la secca, in
bocca al disastro"
Jonas
Bergqvist morì di overdose e la storia dei Lifelover finì lì, in
bocca al disastro. Rimane un ultimo indecifrabile biglietto nella
cassetta delle lettere di un condominio di Stoccolma:
“Se
sapeste...cosa si nasconde dietro il mio cranio..
Come io vedo le cose,
E
di cosa sono capace...”
A cura del Dottore