Il genere in assoluto più difficile da suonare è quello con meno stilemi, o meglio quello in cui lo stile non deriva tanto da elementi strutturali già pronti all'uso (la voce così, la batteria cosà), ma dal trattamento degli elementi dell'orchestra.
Il metal “epico” è
uno di questi generi, difficilissimo da suonare in maniera
convincente, perché consiste nel render convincente una
composizione.
Come si può definire il genere? Qualche coro in più -forse -, marzialità, pomposità, ma più si tenta di farlo e più ci
si perde in una terra di mezzo, e i connotati divengono poco
concreti. I testi - ma allora ci spostiamo su un piano non
strettamente musicale, e non diretto per chi non è madrelingua;
comunque non specifico, poiché le saghe, le leggende e i misteri
sono materia da testo per qualunque sottogenere del metal, prima o
poi.Come fareste un pezzo epico? Con un bel tappeto di tastiere, che rende maestosa anche una scurreggia? Facile, ma dura poco. Sinfonie con dieci o venti strumenti? Ti ritrovi le palle gonfie dopo due minuti. Mi perdonino i Blind Guardian, ma ogni tanto è così. La vecchia scuola dell'epica è una scuola di fabbri.
Riascoltavo ieri un disco
dei Cirith Ungol, gruppo dalla poca fortuna che suonavano metal epico
ruvido, spinoso e vibrante, con un io vocale artigianale, che ricorda
per timbro e piglio parossistico-isterico quello di Lino Banfi.
Cosa caratterizza la
comicità storica di Lino Banfi, quella della commedia sexy, della
parlata pugliese? Si trattava di trame piene di momenti comicamente
calcabili, ma esili in termini narrativi. Era una specie di commedia
“dell'arte”, in cui il bello stava nel creare una storia, a
partire da una scenografia abbozzata, o da alcuni personaggi-tipo che
il pubblico poteva già immaginarsi. Tre o quattro elementi, già
noti, messi sul tavolo perché si muovano e facciano sorridere.
Nessuna psicologia del personaggio, nessuna magniloquenza
esistenziale, nessun riferimento a fatti di attualità, insomma
nessun espediente che serva sul piatto una trama intrigante o unica.
Unica licenza, due puppe e tre culi da richiamo.
Poi arriva Banfi e
strepita, si agita, cazzeggia per minuti e minuti con una trama che
ruota intorno a sé stessa. Senza Lino Banfi i suoi film sono
improponibili, e le battute perdono il 90% della carica. Insomma, a
differenza dei comici satirici, qui si fa dell'artigianato basico, e
non a caso infatti Banfi ci tiene sempre a precisare di venire dal
mondo dell'avanspettacolo. Sul campo.
Sul campo si muove anche con la stessa goffa ma fibrillante perseveranza anche l'epic delle origini. Lo scheletro del pezzo è scarno. Prendiamo, come esempio, "Into glory ride" dei Manowar, in particolare "Gloves of Metal": batteria secca e grezza, riff basico. La linea vocale si arrampica su tutto urlo dopo urlo, fino alla fine.
Sul campo si muove anche con la stessa goffa ma fibrillante perseveranza anche l'epic delle origini. Lo scheletro del pezzo è scarno. Prendiamo, come esempio, "Into glory ride" dei Manowar, in particolare "Gloves of Metal": batteria secca e grezza, riff basico. La linea vocale si arrampica su tutto urlo dopo urlo, fino alla fine.
Il vecchio epic delle
origini ha come connotato quello di dare fisicità e fierezza
all'orchesta metal base: chitarra-basso-batteria-voce. Una delle
invenzioni stilistiche dell'epic fu infatti l'uso chitarrato del
basso, stile Joey DeMaio, per la necessità di reggere il muro
sonoro nei momenti più vuoti, quando ad esempio la chitarra si
esibisce nell'assolo. Molti amplificavano il basso, DeMaio lo rese
chitarra. Di necessità virtù.
La voce dell'epic come
deve essere? Come quella di Banfi, deve sovrastare tutto sbattendo
su ogni parete. Non deve essere necessariamente maestosa, pomposa,
larga...Le voci epiche sono fondamentalmente strillanti, devono saper
reggere lo strillo su tempi medi, rendere isterico un mid-tempo, fare
da collante universale tra basso e batteria, chitarra e basso etc.
Per questo la voce di
Quorthon, ad esempio, è molto più epica di quella di qualsiasi
tenore prestato al metal: perché esprime uno sforzo umano, precario,
forzato, gridato. L'epic non è declamare, non è strombazzare, ma
tirar fuori con le unghie, sollevare un peso a denti stretti,
sporgersi per afferrare.
Il vero epic non scivola
sulle tastiere, rema a colpi di basso e strilli.
L'epicità sta proprio,
formalmente, nel condurre il suono da una parte all'altra, senza
mollare finché non si arriva all'altro capo. Epico è il facchino
che si inventa un modo per scaricare un pacco e portarlo dove gli è
stato detto. Poi anche il guerriero che agita la spada, ma è già
meno eroico.
Magari con un unico
salto, o magari a saltelli, dipende, bisogna essere pronti a trovare
la via. Il tutto acquisisce una goffaggine maestosa, come quella del
ferro battuto. Prendetevi un brano qualsiasi dei Manilla Road, dei
Cirith Ungol. Si capisce quale sia la struttura solo dopo un
minuto...all'inizio ci si chiede se davvero quelli siano i riff o
semplicemente l'orchestra proceda a vista, improvvisando. La
struttura viene da sé, ma non è “telefonata”, si entra subito
nel cuore del pezzo senza saperlo. Non arriveranno elementi ruffiani
o spettacolari a sorprendere. Non accade niente di nuovo e di
inatteso nell'epic, ma nessuno sa come prenderà corpo il brano, come
in un viaggio. Si sa da dove si parte e dove si arriva, eppure è
affascinante scoprire da dove si passerà. Come un film di Banfi. La
trama è presto detta, poi arriva il film, tra divagazioni e
variazioni per coprire un'ora e mezzo di pellicola. L'epicità sta nel
piglio (ostinato e strenuo), e la soddisfazione sta proprio nel
rendersi conto che Banfi e i Manilla Road sono arrivati, sudati e
svociati, alla fine dell'opera senza sapere neanche come. Come un
fabbro che ha battuto a più non posso un pezzo di ferro e alla fine
ci consegna qualcosa di compiuto. Un'opera venuta fuori a martellate.
Inoltre, e qui arriva il
terzo ingrediente chiave dell'epicità, Banfi si immedesima nel
personaggio, non fa satira, non ammicca. E' il suo personaggio che non
rappresenta niente di ulteriore.
Se si torna alle radici
del metal la componente epica è una delle chiavi fondamentali per
capire la derivazione del metal dal rock; e allora è nei primi
gruppi, come ad esempio i Judas Priest, prototipo di voce potente e
strillante, che si comprende come epicizzare il rock. Quando i Judas
Priest non hanno più ironizzato, quando si sono ricoperti di borchie
come stessero davvero combattendo qualche guerra ideale, allora i
rockettari hanno storto il naso perché la cosa si faceva troppo
morbosa, la gente fine ha storto il naso perché la cosa era troppo
poco ironica, e nasceva il metal.
Con il metal, tanto più
epico, la musica non deve più intrattenere, né comunicare, né –
ohibò – insegnare. E' solo sogno. Così anche nella comicità di
Banfi, la comicità celebra se stessa, si ride del ridicolo. E' con
spirito Banfiano che Adams, nel video di "Gloves of Metal", si aggira
con un guanto chiodato sovradimensionato, senza un filo di
autoironia, per fortuna. Immedesimato in una fantasia fine a se
stessa, goffa e strascinata, ma irresistibilmente carnale.
Come la commedia sexy all'italiana.
Come la commedia sexy all'italiana.
A cura del Dottore