Chuck, capitolo finale.
All'apice della
repulsione cosa ci può essere? Accademica è la rincorsa della variazione sulla
deformità, sulla sporcizia, sulla decomposizione. Oltre c'è la rivelazione della
simbologia della repulsione come chiave interpretativa (materialistica e di
superamento del materialismo sterile) del mondo.
La filosofia della
repellenza è: “Se il corpo è un niente in disfacimento, a maggior ragione val
la pena di mirare a qualcosa
di più alto”. Non materialismo, quindi, ma automaticamente suo superamento.
Ora, per sfuggire
all'orrido non basta scansare la corporeità: il cervello dell'uomo supera
in repellenza le interiora più sordide. Esistono psicologie deformi, esiste la
deformità della psicologia normale. Esiste, e ce lo insegnano i tardi Death, il
cannibalismo dei rapporti umani, per cui il dolore di uno è pabulum, terreno di
crescita per gli altri, già allenati e predisposti a nutrirsi dei suoi resti,
a coltivare le sue malattie, a far leva sulle sue vulnerabilità. I più alti
sentimenti sopravvivono a tutto, tranne che a se stessi. Non sopravvivono a
quella “Secret Face”, l'intento o il bisogno nascosto e non dichiarato che alla
fine si mangerà letteralmente il frutto di un rapporto tra due persone, che sia
amore o amicizia.
L'ultima dimensione
della repellenza da esplorare, dopo la carne, la mente, i rapporti, è la
storia. Forse, si potrebbe pensare, la decomposizione è soltanto un evento
repellente se preso a sé stante, ma non come compimento di una storia. In
fondo, se si pensa che la morte inizia con la nascita, forse in questa ottica,
seppur disturbante, è la vita a divenire più chiara. La storia che finisce con
la decomposizione forse è una storia che paradossalmente compone un senso.
Mentre si disfa la vita, il suo senso si definisce.
Fa effetto apprendere
che Chuck Schuldiner sviluppava questi temi proprio sul finire della sua storia:
mentre un tumore gli schiacciava ed erodeva il cervello, la sua poetica
continuava a crescere. La malattia che ha ucciso Chuck è la negazione
dell'armonia. Si tratta del glioblastoma multiforme, un tumore composto da
unità che nascono come elementi embrionali e nel moltiplicarsi assumono poi
varie forme possibili di linee cellulari finali. Nella massa del glioblastoma
convivono la forma meno differenziata, più abbozzata, del corpo e un insieme
confuso di tutte le forme più definite dei vari organi e tessuti. Una sorta di
polpettone di corpo umano che cresce mangiandosi il cervello circostante. Un
“buco nero” che moltiplica la sua "informità" e distrugge la forma giù
organizzata. Una poltiglia che mangia struttura per alimentare se stessa.
Forse in questo era il senso ultimo della filosofia della repellenza. Definire
la vita “intorno” alla repellenza., una zattera nella tempesta che la
inghiottirà alla fine. E Chuck lo fa, o almeno conosciamo la definizione a cui
è arrivato prima di morire.
La vita è un punto
in una terra di mezzo tra il senso di indegnità e il sogno. Avere chiara la
visione dei propri sogni, mentre si tiene in mano il pennello per dipingerli,
facendosi carico delle proprie paure: “Like a brush in hand, to paint a
picture of what we would like to see and love to be. The vision is clear,
taking charge of fear”.
Il pessimismo e
l'ottimismo sono ugualmente repellenti. Equidistante si muove “la fragile
arte dell'esistere”, che non crede di poter manipolare il futuro, ma
neanche affoga nel passato: semplicemente consiste nel “sanare le ferite per
far strada al nuovo corso della realtà” ("A chance to heal, to allow what's
real, to take its course").
La speranza,
sentimento spesso nobilitato, per Chuck è il male essenziale, la debolezza. Chi
agisce non spera, chi crede di resuscitare il passato o determinare il futuro
sperando è esistenzialmente repellente, perché: “Mentre respira violenta il
dono della vita, inalando speranza nel suo cuore nero, Né colpa, né vergogna:
ancora una volta il male viene dalle parole vuote”. Qui c'è un chiaro
riferimento alle “Parole vuote” ("Empty Words") del titolo di una precedente
canzone di "Symbolic", che sono il seme della comunicazione velleitaria,
sganciata dai fatti, della rappresentazione fallace che affida alle parole
l'illusione della realtà, anziché l'illustrazione della realtà. "Empty Words"
è anche il titolo della pagina web che raccolse, e credo continui a
esistere, le dichiarazioni di dolore e di stima in occasione della morte di
Chuck, inclusa quella del sottoscritto.
Il senso della vita
non è trovare una verità contro le parole vuote, bensì sfuggire dal male della
parola vana. Parimenti l'agire non è la ricerca di una vittoria o di una
sconfitta (non ti fermare ad una sconfitta o una vittoria, qui il premio è
sopravvivere). Il senso della vita non è neanche avere una mente sincera,
perché ciò che uno pensa è un segreto e ciò che uno dice può essere falso.
Allora, in questo orrido panorama di “facce segrete” e di “parole vuote”,
l'unica posizione possibile è mantenere la posizione “dietro i pensieri”. Se
prima delle parole (vuote) ci sono i pensieri (segreti), ancor prima dei
pensieri ci sono i fatti (visibili). Pare suggerire, Chuck, che non si debba
sperare (e quindi indebitarsi di illusioni col destino) e tantomeno dichiarare,
ma sia importante esistere nei fatti. “Se avessi guadagnato dalle delusioni
sarei oggi un uomo ricco. La vera magia risiede nella sincerità,
nell'autenticità, dietro i pensieri è dove io ho scelto di restare, attendendo
la mia rivelazione”. La vita è una catena di fatti che attende la sua
rivelazione, quello che Chuck chiama il settimo capitolo: “Sette capitoli di
vita avvolti in un pacchetto, che attende di essere aperto in rivelazione”.
Una rivelazione che
dovrà essere sopportata, perché si deve ringraziare di essere durati, e non di
quello che alla fine si è stretto tra le mani. Le storie che introducono l'album “The Fragile Art of Existence” (parto dell'ultima incarnazione artistica di Schuldiner, i Control Denied) sono rivelazioni repellenti. Se c'è un Dio, è un
monolite del passato che improvvisamente diviene un mostro. Se il tempo cura le
ferite, è capace anche di produrre mostruose cicatrici, chelodi ipertrofici che
non si limitano a tappare i buchi di tessuto con delle “toppe biologiche”, ma
crescono come nuovi “organi cicatriziali”, monumenti deformi al dolore passato.
In “Breaking the Broken” si parla di amore. I due zombie che fanno sesso smembrati nella
copertina dei Cannibal Corpse sono la punta dell'iceberg. Prima ci sono le
menti malate. Prima ancora lo squallore della normalità dei rapporti sociali.
Ancor prima la solitudine di un sogno tradito.
Avrei dovuto capirlo meglio, ma è difficile dirlo
Nella bellezza il male attende di impadronirsi di te
I riflessi profondi, soltanto un'occhiata di sfuggita
I tuoi servi fedeli si inchinano di fronte a te
Insieme continuano a rompere ciò che è rotto
Eravamo liberi, e ora non resta niente da dire e da fare
Da essere di due uno a divenire nessuno, ora esistiamo solo ieri
Tu usi parole violente, di quelle che schiacciano e uccidono
Senza alcuna pietà, il suo piacere è assaggiare il sangue che hai versato
La corsa è finita nel rifiuto della gloria
da imbottigliare e aggiungere alla collezione
delle tue anime schiave.
Una storia
repellente, il rifiuto della gloria di un amore. Una vita sfigurata che
può solo andare avanti e usare il dono della persistenza, per evitare l'insistenza.
Chi è stato "rotto", tradito, ha questa via d'uscita; chi ha invece "rotto",
tradito, sarà condannato, come in un Inferno, a rompere ciò che è rotto senza
fine, aiutato da una corte di anime schiave e inutili, spettri di un passato
perduto.
Pensare che servano
delle budella per suscitare schifo e repulsione è ottimistico. Siete solo
all'inizio del percorso iniziatico che Chuck ha completato poco prima di
morire e che porta al cimitero dei sogni traditi.
A cura del Dottore