Ci sono riusciti! Io non ci credevo, devo essere sincero, non pensavo fosse possibile sostituire Roy Khan alla voce. Come anticipato nella retrospettiva sui Kamelot, la partenza del vocalist norvegese coincideva con uno dei momenti migliori del gruppo, ma l'arrivo di Karevik e il cambio di line up non è stata la loro fine, anzi...
Thomas Youngblood non si è perso d'animo dopo l'addio di Khan e la scelta è caduta sull'ex singer dei Seventh Wonder Tommy Karevik, ma già dal precedente "Silverthorn" si era capito che l'energia era la stessa nonostante il cambiamento. Ad un primo impatto le due voci sono molto simili, scelta intelligente per non stravolgere il sound, anche perché non stiamo parlando di un gruppo estroverso dalle mille soluzioni sperimentali, ma c'era bisogna di un consolidamento del loro power a tinte gotiche. Per certi versi mi ricorda il cambio tra Tate e La Torre nei Queensryche, era temutissimo dai fans non solo per il timbro unico di Geoff, ma anche per la capacità di interpretare le canzoni passate ed invece il buon Todd ha stupito tutti e così devo dire anche Tommy nei Kamelot.
Paradossalmente nel precedente "Silverthorn" i Kamelot avevano messo però meno attenzione alla realizzazione delle canzoni, non si parla di particolari pecche, ma a tratti si percepiva una scrittura quasi con il pilota automatico. Adesso questa sensazione sparisce e, anche se talvolta ci avviciniamo un po' troppo alle soluzioni easy listening del metal scandinavo dai Sentenced ai Nightwish, la qualità si alza anche grazie alla presenza fissa di Palotai alle tastiere, ma soprattutto per la forza del loro talento.
Hanno una classe innata che nel tempo si è raffinata, gusto ed eleganza non sono mai mancati (anche nella stupenda copertina) e dove si pecca in superficialità con qualche riff inutile si recupera in emozioni cesellate dalla voce calda di Karevik. La produzione ottima del disco schiaccia a volte le corde vocali di Tommy che, rispetto a "Silverthorn" è meno devoto alla ricerca della timbrica di Khan, ma non manca niente di quello che ci attendiamo da loro: inserti con screams (come in "The Black Halo") con la cantante degli Arch Enemy o suadenti melodie con voci femminili che ricordano le migliori soluzioni di "Poetry for the Poisoned", ma anche fughe power alla vecchia maniera come in "Karma".
Quello che piace dei Kamelot è il gusto che sanno mettere in ogni composizione: una leggiadra eleganza che li distingue dal panorama affollato di bands troppo simili e troppo povere di soluzioni, pur non avendo idee innovative sanno mescolare le loro doti in modo unico e così la ricetta non cambia, qualche ingrediente è mutato e non tutti sono gradevoli, però il risultato finale è sempre espressione della loro classe delicata.
Voto: 7.5
Canzone top: "Liar Liar (Wasteland Monarchy)"
Momento top: la partenza di "Fallen Star"
Canzone flop: "Ecclesia"
13 canzoni 54 minuti
2015