Seconda e ultima parte delle nostre conclusioni relative alle cult band anni novanta.
Dopo aver tratteggiato il primo gruppo dei secondi dieci migliori album, ecco a voi la nostra seconda cinquina.
Si continua a contaminare in allegria e assoluta libertà...
A cura di Morningrise
1995 - STORM: “NORDAVIND”
Parlare di anni 90 e non parlare
di black metal è alquanto sacrilego. Del resto come dire qualcosa di nuovo e/o
di più significativo dopo l’eccezionale rassegna del nostro Mementomori sul Black norvegese??
Proviamo allora a trattarlo un po' di traverso con un disco non propriamente black. O per meglio dire black nello
spirito ma ammantato esteriormente di folklore. Forse il side-project più
importante di tutta la scena norvegese, gli Storm furono appunto un progetto
parallelo di Satyr (Satyricon), Fenriz (Darkthrone) e la soave Kari Rueslatten
(appena uscita dai The 3rd and the Mortal). Questi tre seminali autori si misero assieme per
appena 33 minuti di sognante, etereo, ma al contempo oscuro, folk norvegese. La
carriera solista di Fenriz, con i suoi Isengard (che proprio in quell’anno
diedero alle stampe il capolavoro “Hostmorke”), pare subito di grande influenza
per la realizzazione di questo “Nordavind” che della "filosofia" black riprende gli slanci spirituali di fondo e dei The 3rd and the Mortal
le atmosfere sognanti. Scarno ma potente, gelido ma caldamente evocativo, l'opera si esprime attraverso umori marziali, cantato solenne e altero (da brividi la
brevissima “Nagellstev”, per sola voce e tamburo), produzione “classicamente”
lo-fi, per un’opera che fa dell'evocazione della natia terra il suo focus. Se il governo norvegese dovesse scegliere una colonna sonora per pubblicizzare turisticamente il proprio paese...beh, "Nordavind" sarebbe perfetto!
Peccato che a questo capolavoro
non si diede un seguito per le consuete polemiche “nazionalistiche” che fecero
scappare a gambe levate Kari. Facendo morire di fatto gli Storm.
Fatevi avvolgere nel profondo dal
Vento del Nord…
1996: FALKENBACH:
“…EN THEIR MEDH RIKI FARA…”
Vichinghi di tutto il mondo
unitevi! Cavalcate con i cavalieri del Valhalla su destrieri galoppanti tra le
nuvole del cielo del Nord! Un cielo in un bianco e nero tanto sfocato quanto evocativo!
Ci accoglie con questa immagine la prima fatica della one-man-band islandese (?) Falkenbach,
sicuramente tra i gruppi più cult dell’intera decade. Sarà per l’originalità
della proposta, che miscela sapientemente reminiscenze black, robuste dosi folk
(ma un folk totalmente diverso da quello che abbiamo visto, sempre per il 1996, con gli Skyclad), stilemi orgogliosamente epici e tematiche relative
alla mitologia norrena; sarà per l’aurea misteriosa di cui si è sempre
ammantato il mastermind del progetto Vratyas Vakyas, alias Markus Tummers, (il
buon Vakyas è davvero islandese? O tedesco? O un islandese che vive in Germania?
O un tedesco che vive in Islanda? Suona lui tutti gli strumenti o se ne attribuisce
solamente la paternità?). Poco ci importa. Quello che ci interessa è la musica,
che è di una bellezza poetica rara. Falkenbach, facendo propria l’eredità dei Bathory, crea qualcosa di magico: una musica poetica, solenne, dalla scorza
fredda ma dal nucleo caldo, proprio come la terra islandese, e capace come
poche altre di tratteggiare, trasponendoli in musica, epici e maestosi paesaggi
nordici. Sonorità che fondono la maestosità e la grazia del volo del falco con
l’evocatività di un ruscello gorgogliante in mezzo a una foresta…Falkenbach, appunto...
1997 - LAKE
OF TEARS: “A CRIMSON COSMOS”
Una copertina cathedraliana ce lo
presenta. Un arpeggio meraviglioso crea il pathos giusto…gli strumenti
deflagrano all’unisono. Riffone sabbathiano e voce sofferta ma decisa al
contempo. E’ “Boogie bubble” che ci accoglie in questo discone, così bello e
così sottovalutato al contempo (salvo poi essere riconsiderato dalla critica nella
decade successiva)! Gothic,
doom, dark, psychedelic rock, spruzzate folk miscelate a heavy classico. I Lake Of Tears hanno contaminato, eccome se lo hanno fatto! Scegliamo nella loro produzione la
terza release, "A Crimson Cosmos", disco attraversato da un’infinita carica…malinconica! Può
sembrare un ossimoro, ma questo è un disco che consiglierei per momenti sia
particolarmente tristi che per momenti gioiosi, di grande vitalità. Brani più
tesi e diretti (“Devil’s diner” o la già citata “Boogie bubble”) si alternano a
ballate elettroacustiche dall’infinita vena emotiva (provate a non piangere
ascoltando “When my sun comes down” o “Lady Rosenred”, guidata quest’ultima
dalla sognante voce di Jennie Tebler).
Fino a trafiggerci con la
conclusiva title-track: "One went to seek the loss / one went to seek
the darker side of us / one went to seek the cross…only to find a crimson
cosmos" . Lago di lacrime...
1998 - SHADOW
GALLERY: “TYRANNY”
Dream Theater, Queensyrche, Symphony X, Fates
Warning…siamo sempre lì. Se si parla di Prog Metal il “quadrilatero” che
si cita è sempre quello sopra riportato. Dimenticando spesso e volentieri che
la sfortunata band della Pennsylvania rientra di diritto nella elite del genere.
Del perché di questo “oscuramento” degli Shadow Gallery Metal Mirror ha già parlato con un’ottima retrospettiva del nostro Lost In Moments. Una band fenomenale, che non ha mai
steccato rilasciando sempre dischi mai men che ottimi. Per la nostra classifica
scegliamo quello che per noi è il loro capolavoro, “Tyranny”, dove per 73
minuti il six-pieces non sbaglia una nota, sfornando brani uno più incisivo
dell’altro e mostrando al mondo come il prog metal possa essere molto lontano
dalle critiche più frequenti che si muovono ad esso: freddi manierismi e
sterili sfoggi di tecnica. Una tecnica peraltro sopraffina ma sempre al
servizio dell’emozionalità dei brani. Caratteristica rara nel genere (e che
solo top bands come gli stessi Fates Warning e gli Everon hanno saputo appieno
estrinsecare) e che trova il suo climax nell’inarrivabile “Hoper for us?”.
Il
tempo vola con gli Shadow Gallery e quando le ultime leggiadre note di “Christmas day”
scompariranno, quello di cui non si potrà far a meno sarà schiacciare
nuovamente il tasto “play”...
1999 - SOLEFALD: “NEONISM”
Ho avuto in mente loro dal primo
momento, dal primo istante in cui ho pensato al nostro termine-guida
contaminazione. Spesso abusiamo del concetto di avanguardia. Già nella rassegna
abbiamo toccato l’avant-garde metal con gli hors catégorie In The Woods.... Ma i
Solefald, folle duo norvegese composto da Cornelius
e Lazare, sono un qualcosa ancora di
diverso. Oscurati dal giusto successo avuto in quest’ambito dagli Arcturus del
seminale “La masquerade infernale”, i Solefald devono essere messi quantomeno
al livello di importanza della superband di Sverd e compagnia. Debuttando con
il sensazionale “The Linear Scaffold” proprio nel 1997 (non a caso messi subito
sotto contratto dalla lungimirante etichetta milanese Avantgarde music), due
anni dopo i due norvegesi si superano con questo “Neonism”. Indefinibili,
pazzoidi, meravigliosamente schizofrenici. A tratti, passando all’interno dello
stesso brano da un genere all’altro, sembra di star girando senza soluzione di
continuità la manopola di una radio, fermandosi per pochi secondi da una
stazione all’altra. Il medium del black metal è solo il pretesto per innescarvi
di tutto: dal jazz al prog, dal pop al noise, dal rap all’industrial. Tutto
miscelato, tutto ammantato da un approccio
teatrale; ovviamente un teatro dell’assurdo, onirico e dal retrogusto
scomodamente malvagio. Sui testi poi bisognerebbe aprire un capitolo a parte ma
questa non è la sede idonea per farlo.
Da qualsiasi lato li si prenda…unici!
Siamo arrivati così alla conclusione della rassegna sulle cult band anni '90, sperando di essere stati il più esaurienti possibili, con i nostri 20 dischi trattati, nel comprendere le diverse sfaccettature della contaminazione che ha caratterizzato la decade (tralasciando volutamente il c.d. Alternative metal).
Ma ancora una breve ma importante considerazione si può fare. e riguarda la differenza tra le cult band anni '80 (tema col quale avevamo cominciato il nostro "viaggio" addirittura dieci mesi fa con la relativa Anteprima) e quelle degli anni '90.
Una differenza non da poco. E che riguarda l'essenza stessa dell'evoluzione storica della nostra musica preferita...
Siamo arrivati così alla conclusione della rassegna sulle cult band anni '90, sperando di essere stati il più esaurienti possibili, con i nostri 20 dischi trattati, nel comprendere le diverse sfaccettature della contaminazione che ha caratterizzato la decade (tralasciando volutamente il c.d. Alternative metal).
Ma ancora una breve ma importante considerazione si può fare. e riguarda la differenza tra le cult band anni '80 (tema col quale avevamo cominciato il nostro "viaggio" addirittura dieci mesi fa con la relativa Anteprima) e quelle degli anni '90.
Una differenza non da poco. E che riguarda l'essenza stessa dell'evoluzione storica della nostra musica preferita...