CLASSIFICA DEI DIECI MIGLIORI ALBUM DEATH METAL USCITI NEL 1991
7° CLASSIFICATO: "BUTCHERED AT BIRTH" (CANNIBAL CORPSE)
“Ecco, magari facciamo stendere questa ragazza fuori, evidentemente non era troppo convinta. Ogni tanto ne sviene una”. Così laconicamente la professoressa di Anatomia sorvolava sull'incidente durante la lezione sul cadavere. L'unica cosa che effettivamente poteva disturbare era l'odore, contro cui ci fu offerto il talco mentolato. Il resto aveva del grottesco, almeno per chi è amante del genere.
Il cadavere è aperto e
gli organi sono prelevati uno ad uno per i relativi esami. Discorso a
parte ovviamente vale per il cervello che richiede prima l'asportazione
della calotta cranica con una sega circolare. Ma prima della sega
circolare va tolta la pelle, perché la dissezione si fa preservando
le parti (non in stile Cannibal Corpse che maciullano tutto ridendo come
ebeti!). Dunque, tornando a noi, si incide la pelle circolarmente intorno al
retro del cranio e poi si scolla lo scalpo tirando come a staccare un
adesivo, per ribaltarlo sopra la faccia. In altre parole si scappella
la testa.
Dopo di che, per vederci
meglio dentro, torace e addome venivano ripuliti dagli organi più grossi. Il
tecnico poi procedeva a togliere il liquido con un mestolo (quelli da
minestrone) e versava sangue e frattaglie nel lavabo. Il cadavere,
rigido e gonfio di liquidi stagnanti nei tessuti, sembrava quello di
una bambola di gomma rigida. Era l'odore, appunto, che richiamava un'altra realtà. Odore, presumo, di
interiora. E così, senza volerlo, abbiamo recensito i Cannibal Corpse.
Non proprio, in realtà, perché il death “autoptico” ha altre implicazioni.
Innanzitutto il Cortocircuito Vita-Morte, espresso grottescamente in titoli come
“Eaten Back to Life” o “Butchered at Birth”, rispettivamente:
"Si rinasce morendo mangiati" e "Si è macellati alla nascita". La morte
non è quindi l'essere disintegrati definitivamente, bensì il
processo con cui si è scomposti e restituiti al mittente (chiunque
esso sia, anche un amorfo e cieco principio di ciclicità), per
tornare poi ad esistere in qualche altra forma.
La vita cambia forma, o meglio, le forme sono la vita e quindi il gioco di decomporre è simile a quello di un cubo di Rubik: la ricombinazione delle forme di vita. I canali di questa comunicazione tra vita e morte sono lo smembramento e la digestione, che è di fatto uno smembramento meccanico e poi chimico. La carne diviene feci e concime, o è scomposta e ricomposta all'interno dei corpi che la mangiano. Stesso discorso per le contaminazioni sessuali, ovvero la necrofilia, in cui i liquidi genitali “battezzano” il cadavere come a donargli un nuovo inizio, o a raddoppiare il senso di dispersione della vita (il seme disperso insieme al cadavere in decomposizione, magari anche mutilato – "Ejaculation over Mutilation").
La vita cambia forma, o meglio, le forme sono la vita e quindi il gioco di decomporre è simile a quello di un cubo di Rubik: la ricombinazione delle forme di vita. I canali di questa comunicazione tra vita e morte sono lo smembramento e la digestione, che è di fatto uno smembramento meccanico e poi chimico. La carne diviene feci e concime, o è scomposta e ricomposta all'interno dei corpi che la mangiano. Stesso discorso per le contaminazioni sessuali, ovvero la necrofilia, in cui i liquidi genitali “battezzano” il cadavere come a donargli un nuovo inizio, o a raddoppiare il senso di dispersione della vita (il seme disperso insieme al cadavere in decomposizione, magari anche mutilato – "Ejaculation over Mutilation").
Il tema della nascita come morte è suggerito in “Butchered at Birth”: “La nascita è sempre dolorosa, morire in questo ventre, intrappolato in questo corpo, sanguinolenta tomba umana”. Se il ventre che dà la vita è la tomba, allora il cadavere dovrebbe essere la vita. E infatti torna! Lo sapevo, non sono miei deliri: i Cannibal Corpse seguono davvero una loro logica, basta leggersi “Innards Decay” con l'immagine dell'uomo (o il suo spirito) incubato nel cadavere: “Cucito dentro il corpo, il buio diviene la mia luce, vivo dentro il guscio, mi nutro dell'infezione, una cosa sola con il morto”.
Si muore nel ventre (o si
nasce nella bara da madre deceduta: "Born in a Casket"), ci si
chiude dentro un guscio in putrefazione per rinascere: questa la
cifra per comprendere la filosofia del death, al di là del
compiacimento per l'estetica della disintegrazione con cui i Cannibal
riempiono l'altro 99% dei testi. In questo almeno prediligono il pus
alle feci come concentrato di vita e nettare rigeneratore. Dico
questo per far presente che c'è anche gente più disgustosa nella
storia del Brutal Death, che viaggia sul binario della coprofilia
come nulla fosse.
Comunque anche nei
testi scappa qualche perla metafisica: per esempio nel descrivere
uno che strappa corde vocali e quant'altro dalla bocca,
l'espressione "internal extraction” dà l'idea di questo
entrar dentro per tirar fuori, o tirar fuori per entrar dentro (la
dimensione cadaverica dell'esistenza). Il tutto culmina nella
riproposizione del mito di Frankenstein, cioè riuscire a sospendere
la vita per farla poi riprendere con una scarica elettrica, o con un
siero, come accade nel film splatter "Reanimator". Si immagina un trapianto di organi da
diversi donatori (“molte anime guidano la mia esistenza”), con un
cadavere sottratto alla morte che invoca invece una fine dignitosa
piuttosto che una vita rappezzata. Questo naturalmente si può
riportare in generale alla condizione umana: siamo tutti risultato di
flussi di vita che si sono tradotti, all'ultimo ciclo, nelle forme
dei nostri organi, sulla base del DNA delle ultime cellule da cui
deriviamo (ovuli e spermatozoi dei nostri genitori). Ma niente ci
rende così diversi da un'ipotetica accozzaglia di organi provenienti
da donatori disparati, perché siamo tutti lontani parenti di molti,
in quanto i geni pescano alla lontana da radici anche lontane tra di loro.
Al bivio degli anni '90
due correnti si svilupparono a partire dal tema della morte. Uno,
spirituale ed elitario, tipicamente europeo, che lavorò sulla ricerca
di una nuova spiritualità. Dall'altra l'abisso del death-doom o
del brutal-death di matrice americana che si addentrò nelle cavità del
corpo umano in una ricerca della verità attraverso la materia. In
mezzo stavano gruppi stilisticamente death ma liricamente inclini al
trattamento di tematiche occulte e sataniche.
I Cannibal Corpse arrivano musicalmente senza esser presi seriamente: essi sono l'ultimo dei gruppi dell'ondata grind brutal dei tardi anni '80. Non sono gli inventori dei temi autoptici, né sono i primi a portare gli zombie e i cadaveri al centro dei testi metal, perché lo fecero già i Death nel loro album di esordio. Non sono neanche i primi a proporre in maniera mirata ed esclusiva testi necrofili con il dettaglio anatomico, perché già i Carcass lo hanno fatto. Sono semmai tra i fondatori del brutal death a livello programmatico, ovvero i primi che indicano un senso “oltre” le immagini. Parallelamente a questo, il cruento assume connotati grotteschi e quindi non letterali. In altre parole, i Cannibal contemporaneamente sono estremi ma incredibili, eccessivi fino al surrealismo anatomico.
La presunta oltraggiosità
non era nelle loro corde, come poteva esserlo ad esempio per i Venom
o per tutti i gruppi che volevano offendere con i loro testi. I testi
dei Cannibal Corpse rimangono incomprensibili, vanno letti nell'interno del
disco. Semmai quello che può colpire sono le copertine, spesso
oggetto di censura. Ma anche qui il tono rimane quello di un fumetto
gore: disgustoso e innocuo. La comicità gore dei Cannibal Corpse è
superata comunque da chi li vieta, che, come dice giustamente George "Corpsegrinder" Fisher,
consente di suonare pezzi decisamente cupi e più verosimili come "Born in a Casket" e al tempo stesso bandisce un testo demenziale come “Smembrato e molestato”.
Ma soprattutto: che senso ha impedire di cantare tali testi? Come se si potesse poi capire cosa grugniva Chris Barnes...
Misteri della censura tedesca...
Ma soprattutto: che senso ha impedire di cantare tali testi? Come se si potesse poi capire cosa grugniva Chris Barnes...
Misteri della censura tedesca...