Analizzando la Classifica dei
migliori album del 2015 redatta dal nostro Lost In Moments, e il dibattito
interno alla redazione che ne è scaturito sullo stato di salute del Metal
contemporaneo (leggi qui e qui), ho cercato di ascoltare ancor meglio di quanto
usualmente faccia l’opera dei primi classificati. Vale a dire “Beyond the Red
Mirror” dei Blind Guardian.
Premesso che sono totalmente
d’accordo con la relativa recensione già pubblicata sul nostro Blog, debbo dire
che questo platter mi ha suscitato dei ragionamenti relativi al “modo di
invecchiare” delle band cardine dell’H.M.
I Blind Guardian, al di là dei gusti
personali, possono, anzi devono, essere considerati tali: una band "cardine". E quale migliore
occasione di farlo se non quella in concomitanza con l’uscita del decimo studio-album?
Dieci album...E’ davvero un bel traguardo. Non da tutti.
A cura di Morningrise
Di band “cardine”, di numi
tutelari nella nostra musica preferita ve ne sono ancora parecchi in
circolazione; chi con venti, chi con trenta-trentacinque anni di gloriosa
carriera alle spalle.
Ma il punto della mia riflessione
odierna è: come si fa a invecchiare bene? Come si fa a invecchiare nel modo
migliore possibile? C'è una sola via o ce ne sono tante per arrivarvi?
E
soprattutto: qual è la migliore "tattica" possibile da adottare dopo che si è
giunti a dare il meglio di sé? Quando, insomma, tutto sembra già essere stato
detto e suonato (artisticamente parlando, ovviamente)?
Ecco allora che rifletto sui
Blind Guardian. E, al di là dell’aspetto “quantitativo” sopra accennato, è la
“qualità” delle uscite discografiche che ci interessa e su cui ci preme riflettere.
Credo che sia obiettivo di ogni
band riuscire a creare l’Opera Magna, quel disco che sia riconosciuto davvero
da tutti (fans, critica, colleghi) come capolavoro assoluto, standard di un genere.
Punto di arrivo e al contempo pietra miliare dalla quale partire per tutti
coloro che si vogliano cimentare con quel determinato genere.
I Blind Guardian, come è noto, sono
riusciti a raggiungere l’obiettivo nel 1998 con “Nightfall in Middle-Earth”. Ora, le possibilità di azione
dopo aver dato alle stampe un album definitivo di tal fatta sono molteplici. E
tutte umanamente rispettabili. Ma non tutte artisticamente valide o
apprezzabili. O quantomeno riuscite.
Di esempi, di vie da imboccare
appunto, ce ne sono tante. Proviamo a citarne qualcuna basandoci sui dati
fattuali.
- C’è chi smette di pubblicare dischi, a tempo
indeterminato (i Tool sono l’esempio
più lampante, MM ha già trattato l’argomento: leggi qui) . Ed è
anche il caso, più modestamente, degli ottimi Everon, che dopo il capolavoro
“North” nel 2008 non hanno ad oggi più pubblicato una mazza. E' questa una scelta draconiana
che sicuramente lascia un amaro retrogusto tra i fans.
- Abbiamo poi quelli che scimmiottano il passato,
cercano di recuperarlo, ma sempre con meno verve e meno ispirazione, mescolando
un po’ le carte; rifanno, insomma, i vecchi dischi, che sanno di minestra riscaldata
e non danno niente, o quasi, di nuovo né al genere né alla discografia stessa
della band (non cito nessuno perché gli esempi sarebbero innumerevoli, anche se
so che molti staranno pensando, ahimè, ai Maiden post-reunion)
- Altra “categoria” molto numerosa è quella di
coloro che svoltano stilisticamente in modo netto, repentino. Si buttano su un
altro genere, chi con convinzione artistica e chi con una mal celata
strizzatina d’occhio al mercato. I risultati, tendenzialmente, sono pessimi
(chi ha detto Paradise Lost?). Tanto che poi si torna indietro, al sound delle
origini, quello con il quale si è dato il meglio di sè. Con quanta credibilità?
Spesso poca, o comunque con risultati molto modesti (mi sovvengono alla mente i
Dark Tranquillity di “Damage done” dopo le più che buone svolte stilistiche di
“Projector” e “Haven”). Ma a volte no. Anzi. A volte i risultati sono davvero
buoni, se non ottimi (per cercare qualche esempio basta rileggersi la Rassegna
sui dieci migliori album non metal fatti da band/artisti metal).
Personalmente,
visto il dolore che mi ha provocato, non posso che citare in questa casistica i miei (ex) amati In Flames. Sono
stati la band che, visceralmente e Maiden a parte, ho amato di più in gioventù.
Poi, da “Rerout to Remain” in poi, è come se fossi stato pugnalato alla schiena
dal mio migliore amico…ho continuato a dargli fiducia. Per uno, due, tre album.
Ma dopo “Come clarity”, non ce l’ho più fatta e ho chiuso con loro…
E infine ci sono quelli che se la
prendono comoda; che pubblicano un album ogni lustro, o giù di lì; che lo fanno
solo quando hanno veramente qualcosa da dire, cercando di volta in volta di
aggiungere qualcosa di nuovo e sensato alla loro discografia: il risultato,
cioè, di una crescita, di un’evoluzione, di un percorso
artistico&personale.
Insomma: la casistica cui
appartengono i Guardian…