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1 dic 2019

CRISTIANESIMO NICHILISTA - IL CRISTO SENZA PACE NELLA CAMPAGNA SICILIANA




Cristianesimo nichilista.

E’ possibile? Sicuramente non è un cristianesimo destinato a riscuotere successo, ma le orme del Cristo sono quelle che portano al successo? O portano alla croce, come letteralmente insegna la sua storia?

Se si guarda al Vangelo, il senso finale della storia è un capovolgimento della sembianza: la vittoria oltre la sconfitta apparente, Cristo condannato che salva l’anima di chi lo ha condannato, l’amore che risorge oltre la morte, il dolore vissuto fino in fondo per essere poi premiato dall’ascensione, dal ritorno al Padre.

Ma l’insegnamento di Gesù non è un insegnamento di Gesù in quanto maestro, ma della sua Storia in quanto Maestra. Egli è un esempio di utopia, di “troppo umano”, di uomo che si dedica alla propria umanità piuttosto che a fini particolari, e in questo si scontra, si oppone, si trova di fronte il mondo. Il mondo lo guarderà con sospetto o con ammirazione, prevalendo poi il primo. Ma la vera amarezza sarà che, per un Pilato che non interviene in sua difesa, come dovrebbe chi deve “moderare” il popolo; e per un consesso di giudici che lo condanna alla croce; c’è d’altra parte uno stuolo di discepoli che in parte lo tradisce, in parte ne rifiuta l’umanità, in parte ne inventa la divinità per poter così “concorrere al potere”. Va detto, una lotta che è costata martiri e persecuzioni, ma che in fondo produce esattamente ciò contro cui Cristo si era proposto, cioè un sistema di peccati, indulgenze, punizioni, categorie morali, Inferno e Paradiso.

Insomma, il Gesù “essenziale” era in fondo uno che ferma una lapidazione dicendo agli altri che non lo facciano in nome di una morale (chi è senza peccato...). Prende gente antipatica alla società e prova a farli comunque vivere, senza che diano fastidio. Forse mette a punto anche delle cure per malattie varie, senza far risorgere nessuno né liberarlo dal demonio, ma forse semplicemente facendo il dottore con qualche successo occasionale. Infine, di fronte al potere si esprime in termini neutri, sostanzialmente dicendo che non è con la legge o l’ordine che si conquista la felicità. Naturalmente anche lui non vive di nulla ma di illusioni, e le sua illusioni sono l’Amore e la Lealtà.

La sua storia lo condurrà proprio a constatare che è stato tutto inutile. Muore tradito e rinnegato. Muore giudicato e frainteso. E, cosa più grave, diviene oggetto di culto per fini contrari a quelli che avrebbe voluto.

"E’ una lotta senza vincitori né vinti; perderemo tutti qualcosa alla fine” – (Pontius). Così Pilato sentenzia, al di là della materia del decidere, come se dicesse che il problema non è stabilire se Gesù dica cose sagge, né se sia meglio di Barabba, ma che comunque non ci attende alcuna giustizia. Forse le persone potrebbero evitare di chiedergli di decidere, e invece fatalmente lo fanno. Una figura di giudice “distopico”, che è lì ma è il primo a dire che non ha senso esserci. Magari avrebbe senso se potesse decidere per sé, e invece deve raccogliere gli umori del popolo, e tradurli in sentenza.

Gesù è consapevole di questo, ancor prima di Pilato: l'ultima cena. Anziché cenare con lui, gli uomini ceneranno con il suo sangue e il suo corpo. Dovranno ucciderlo per dargli un valore. Il sangue servirà per consolare i perdenti, e per dare soddisfazione ai vili; chi ne mangerà il corpo inghiottirà spine che gli germoglieranno nel cuore (Cristo Pasto). La cena, in questa visione apocrifa, non anticipa il rito con cui l'umanità si assume la responsabilità del dolore di Cristo, e si impegna a restituirgli almeno parte dell'amore che lui ha dato. La cena è solo un pasto cannibalico, un rito sarcastico che Gesù mette in scena a beneficio non tanto della gente in generale, che non è presente a vederlo, ma per i suoi discepoli. Loro non sono l'avanguardia del cristianesimo, sono solo il veleno che da fuori è arrivato a infilare la lingua anche dentro la cerchia dei più fedeli. Saranno loro i primi a pasteggiare con la sua morte.

Giuda, Pietro. E gli altri probabilmente appresso, anche se in maniera meno evidente e aneddotica. Ma il vero cannibalismo sarà fondare una Chiesa che indica penitenze e indulgenze, Inferni e Paradisi, virtù e peccati in maniera sovrapponibile alle precedenti, con la sola differenza di offrire un salvacondotto infinito e ciclico, il peccato e la redenzione. In fin dei conti, Gesù predicava non contro il paganesimo, ma contro il monoteismo, e il sistema sociale e giuridico che su di esso si fondava. In risposta alla sua parola sarà fondata una Chiesa monoteista universalista. Il suo nome ciò sarà usato come bandiera del successo internazionale di qualcosa che “in nuce” egli voleva abolire. La sua parola diverranno i Vangeli dei suoi discepoli, e la contraddizione tra l'umano e il divino sarà confusa e stemperata, ma una miriade di vangeli apocrifi alimenteranno il dubbio.

La vera fine di Gesù è un'anima in pena che cerca pace in una tomba da scavare, da cui lo hanno trafugato. Un'anima senza requie che vive nell'amarezza di un rapporto con gli uomini che è stato tradito, frainteso o annullato. Limitati in umanità, gli uomini si dedicano alla divinità. Gesù come un paguro rientra nella conchiglia, nella terra, al contrario che ascendere. Egli ritorna dentro la sua natura, o rimane per sempre, nell'immaginario del cristiano nichilista, in un paesaggio siciliano, petroso e arso, a vagare assetato, impietrito dalla delusione, tutta umana, di chi ha voluto essere uomo tra gli uomini, e dagli uomini è stato frainteso o come maestro, o come sobillatore e aspirante re.

Il black metal “a cappella” ha una sua autonomia ed efficacia a mio parere ancora da verificare, perché in questo caso calza la figura e la storia di Gesù così come rielaborata, e soprattutto si adatta bene alle immagini ricorrenti e dominanti: il sole, la pietra, la sete, il sangue, la carne, le ossa.

A cura del Dottore