C’è un prima. E un dopo.
Un prima e un dopo rispetto
al 2001, anno di uscita nelle sale cinematografiche de “La Compagnia
dell’Anello”, il primo film della trilogia, targata Peter Jackson,
de “Il Signore degli Anelli”.
Il prima è caratterizzato da atteggiamenti contrastanti verso l’opera tolkieniana: da un lato, appassionati veri, nerd della Terra di Mezzo che leggevano e approfondivano gli scritti e la poetica del professore oxfordiano; dall’altro lo snobismo di intellettuali, scrittori affermati e, soprattutto, case editrici che non erano interessati a quelle che consideravano semplici storie per bambini con orchi, draghi, maghi e stregoni come protagonisti. In mezzo, tante e inopportune “tirate per la giacchetta”: al di là dell’Atlantico, le generazioni del flower power, tra fine sessanta/inizio settanta, ersero Tolkien a paladino della Natura, dell’anti-militarismo e dei principi di amicizia e solidarietà tra i popoli. E non poche rock band di allora cominciarono a cimentarsi con testi facenti diretto riferimento alle opere del Professore (tra cui, per importanza, citiamo qui The Allman Brothers, King Crimson e addirittura Led Zeppelin).
Qui in Italia, invece, snobbato
dalla sinistra intellettuale (celebre il rifiuto di Elio Vittorini della
pubblicazione di “Lord of the Rings” nel 1962, quando era direttore editoriale
della collana “Medusa” alla Mondadori), di Tolkien provò ad appropriarsene
indebitamente, negli anni settanta, l’estrema destra missina, reinterpretandolo
in chiave tradizionalista e patriottica (da lì, nacquero anche i noti Campi Hobbit dello stesso MSI).
La morte del filologo inglese (1973)
portò ad un approfondimento serio del suo Legendarium,
in particolare agli inizi degli anni ottanta, quando si annoverano due dei più
importanti saggi in merito, scritti dai suoi esegeti più esimi: Tom Shippey
(“The Road to Middle-Earth”, 1982) e Verlyn Flieger (“Splintered Light”,
1983). Da quel momento, la saggistica sui suoi scritti crebbe esponenzialmente.
In Italia, nel 1994, sorse l’A.I.S.T.
(Associazione Italiana Studi Tolkieniani), fondamentale a tutt’oggi per una
divulgazione profonda della poetica del Nostro da diversi punti di vista:
letterario, filologico, filosofico, mitopoietico, trascendentale.
Ma, poche musse (come direbbero a Genova), fu solo con i succitati film
del regista neozelandese che Tolkien bucò l’immaginario collettivo, di massa;
che venne conosciuto urbi et orbi
divenendo, suo malgrado, una sorta di icona pop. Da quel momento, infatti,
nacque di tutto a tema tolkieniano: statuine, pupazzi, giochi di ruolo, giochi
da tavolo, giochi on-line, fandom, millemila
canali youtube tematici e, più recentemente (ahinoi) la disastrosa serie-tv a
firma Amazon. E poi: conferenze, mostre itineranti, seminari, incontri in
libreria…l’interesse per Tolkien è davvero esploso tanto che l’autore sta
pubblicando decisamente più libri da morto rispetto a quand’era in vita.
Venendo a noi: e il Metal? Poteva
il Reame del Metallo non trastullarsi con i protagonisti del Legendarium? Non prendere a prestito
nomi, personaggi, ambienti direttamente tratti dalla Terra di Mezzo?
No, non poteva. E infatti ha
saccheggiato, e continua a saccheggiare, le opere di JRR. Già da fine ottanta/inizi novanta sorsero band che, dal
monicker e/o dai titoli degli album e/o nei testi delle canzoni, omaggiavano Tolkien
(si pensi così, di getto, a monicker come Isengard, Cirith Ungol, Amon Amarth,
oltre al celeberrimo nickname di Varg Vikernes Count Grishnáck!).
Fino ad arrivare, ad oggi, ad annoverarsi circa 300 band che allo
Scrittore, a vario modo, si ispirano.
Scopo di questa Rassegna, se
riusciremo a raggiungerlo, sarà definire non
tanto un best of prettamente musicale quanto offrire una panoramica
del metal a tema tolkieniano. Un elenco di album all’interno dei
quali ritrovare luoghi, personaggi ed eventi (e spiegarne a grandi linee
etimologie e ruoli) che sappiano da un lato far ritrovare, e farlo soffermare
ancor più a riflettere, chi appassionato di Tolkien lo è già; e
dall’altro incuriosire e, magari, suggestionare i non appassionati. E,
in entrambi i casi, che auspicabilmente li sappiano portare con l’immaginazione
(noi stessi che la scriviamo in primis!) dentro a quello che, senza tema
di smentite, è il Legendarium più articolato e meglio definito
(pur non mancando, in esso, di diversi nodi irrisolti) che mente umana abbia
mai saputo concepire a livello narrativo.
Metodologicamente, proprio in
base alle premesse su esposte, restringeremo il campo alle uscite
discografiche post-trilogia jacksoniana. Ma, in questa introduzione, ci
piace comunque ricordare almeno due album usciti prima del 2001 che, per motivi
diversi, rappresentano un ottimo esempio di metal
tolkieniano. E si tratta di:
SUMMONING - “Minas Morgul”
(1995): dalla toponomastica tolkieniana gli austriaci Summoning hanno tratto
sequele interi di album a tema (“Lugburz”, “Minas Morgul”, “Dol Guldur”). Ci
piace soffermarci su questa loro seconda fatica, nella quale Protector e
Silenius, tra i padrini del filone atmospheric BM, pescano a piene mani dal
Legendarium, a partire dal titolo: Minas Morgul, infatti, è la
città-fortezza costruita dai Númenoreani (cioè gli Uomini scampati
alla caduta di Númenor) e poi passata di mano nel corso delle Ere. Il
marziale black atmospferico della band, impostato su tempi medi guidati da una
fredda drum-machine, accompagna la descrizione di strategici luoghi e decisivi eventi
succedutisi nelle tre diverse Ere: dalla Guerra dei Gioielli (la mitica Dagor
Bragollach in cui gli elfi Noldor subirono una rovinosa sconfitta da
Melkor/Morgoth durante la Prima Era) alla missione della Grigia Compagnia
(“The Passing of the Grey Company”), gruppo di Rangers del Nord che supportano
Aragorn durante il cruciale passaggio nel Sentiero dei Morti; da una
song omonima “in onore” della terribile Ungolianth (il Ragno
gigante, alleata di Melkor, e progenitrice della più rinomata Shelob, il ragno
gigante contro cui lottano Frodo e Sam in LotR) alla fortezza sauroniana
di Dol Guldur (“Through the Forest of Dol Guldur”). E poi ancora
una strumentale dal titolo “Orthanc” (la torre della fortezza di Isengard,
da cui trama Saruman, lo stregone traditore); “Morthond” (dal
nome di un importante fiume della regione di Gondor) per arrivare ai 10
minuti conclusivi dell’epica “Dor Daedeloth”, diretto riferimento alla
regione dell’estremo nord del Beleriand, sede dell’antica fortezza
melkoriana di Angband. Insomma, il
duo dimostra di padroneggiare la materia, andando a scomodare eventi del Legendarium
non banali, e con testi tra il poetico e il didascalico (abbiamo anche
ripresa la Poesia dell’Anello in “The Legend of the Master-Ring”). Un passaggio
obbligato per chi vuole capire, con un sottofondo evocativo (e magari al buio e
in cuffia!), una seminale estrinsecazione del metal tolkieniano ante-litteram!
BLIND GUARDIAN – “Nightfall in
Middle-Earth”: non staremo di certo a descrivere musicalmente quello che è
il più grande capolavoro del power metal novantiano. In questa sede ci
interessa sottolineare come i Bardi di Krefeld, in quel 1998, raggiunsero l’apice,
concettuale e compositivo, della trasposizione in musica di tematiche
tolkieniane. Dopo aver preso la mira con la celeberrima “Lord of the Rings”
(da “Tales from the Twilight World”) basata sulla Poesia dell’Anello e, nel
successivo “Somewhere Far Beyond” con “The Bard’s Song – The Hobbit”,
nel 1998 rilasciarono la summa del power metal tutto con “Nightfall in
Middle-Earth”, basato su “Il Silmarillion”, descrivendo, ad un
livello di profondità raro per il mondo metal, la terribile Guerra dei
Silmarils, uno degli eventi cardine di tutta la Prima Era di Arda
(il mondo che ospita i continenti in cui sono ambientati la maggior parte degli
eventi). Conoscere il Silmarillion è la base per poi comprendere i testi più
noti, “Lo Hobbit” e “Il Signore degli Anelli”. Anzi, quest’ultimo era stato
concepito dal suo Autore proprio come una prosecuzione del Silmarillion
(nonostante sia stato pubblicato, postumo e sotto la supervisione del figlio di
John, Christopher, solo nel 1977). Nell’album ritroviamo l’Oscuro Signore,
Morgoth, che riflette sugli eventi appena passati, cioè quelli che hanno
portato alla sua sconfitta nella “War of Wrath”, durante la Prima Era (la Guerra
d’Ira che ne decreta il termine). Dalla distruzione degli Alberi di Valinor
(Telperion e Laurelin) e il furto dei Silmarils alla conseguente vendetta/maledizione
dell’elfo Fëanor che, nell’occasione, vede venir ucciso suo padre
Finwë
(primo Re degli Elfi Noldor); un giuramento che porterà enormi catastrofi per
tutta la sua famiglia e la sua stirpe.
L’album si snoda attraverso tutti
gli avvenimenti che porteranno al succitato conflitto, riuscendo a creare, per ogni
avvenimento, la sua perfetta colonna sonora. Troppo andrebbe detto e scritto ma
non ne abbiamo il tempo e lo spazio. Basti pensare che conosco più persone che
hanno cominciato a leggere Tolkien dopo aver ascoltato questo immenso album…imprescindibile!
Ok, ok: mi rendo conto di avervi
ammorbato di date, dati, nomi ed eventi. E, se non si maneggia l’argomento, il
tutto può risultare disorientante. Perciò, bando alle ciance: molto, spero,
potrà essere illustrato, con più calma e sistematicità, con la trattazione
delle 10 band prescelte per questo nostro viaggio. Ricordatevi solo uno degli
insegnamenti più importanti lasciatoci da Tolkien: e cioè che la Terra di Mezzo
non
è un altro mondo ma il nostro mondo a un altro livello di immaginazione!
E allora forza: sacco in spalla, bagginsianamente parlando, e in marcia!
Partiamo da un piccolo paesello
austriaco di 4000 anime. Si parte dai…
A cura di Morningrise
10 album per conoscere il "metal tolkieniano":