Quarantaduesima puntata: Unjoy - "Worthless Life End" (2010)
Oh, finalmente si ritorna al buon vecchio suicidal, di quello suonato come si deve! Ma scusate, a voi non ridono gli occhi alla vista di questa copertina con il tizio riverso per terra che si è appena tagliato le vene? Sangue, lametta, interno di squallido appartamento: non manca proprio nulla!
Con gli Unjoy ci si sente a casa (una casa di merda...): il loro unico album “Worthless Life End” non ha certo segnato la storia del depressive black metal, ma si fa ascoltare con piacere. E sinceramente parlando, l’ho voluto con forza nella rassegna!
Gli Unjoy debuttavano senza tanti preamboli nel dicembre 2010 con “Worthless Life End”. Il tutto sembrerebbe gravare sulle spalle di tale Morbid (anche conosciuto come U. Morbid e da non confondere con Herr Morbid dei nostrani Forgotten Tomb), già attivo in una miriade di altri progetti, fra cui vale la pena citare Dead, Fornicatus, Photophobia (molto validi questi) e Tunes of Despair, tutta roba sicuramente allegra. Gli Unjoy del debutto, in verità, erano da considerare un duo, vista la presenza in formazione di un bassista, tale Hopeless, aspetto, questo, che lascia alquanto perplessi in quanto il basso qua ha la rilevanza di una scorreggia in un letamaio, ma vabbé, ammettiamo che il buon Morbid (a voce, chitarra, batteria) avesse bisogno di compagnia....
“Worthless Life End”, fin dal titolo, si impone come incarnazione della quintessenza del suicidal. La stessa ripartizione dell’opera in quattro lunghi brani non può che ricordare lo schema con cui si dispiegava il mitico “Suicidal Emotions” degli Abyssic Hate. Anche i testi ricordano quelli del progetto australiano, ma in questo caso non è un complimento visto che siamo innanzi ad una povera e didascalica sequela di frasi fatte buttate un po' a caso. Un turpiloquio di concetti peraltro ribaditi ogni santa volta in un disco di DSBM: la vita fa schifo, non ce la faccio più, ammazziamoci! Qualche piccolo stralcio per capire:
“Hate the world
Fuck this human essence
Hate the existence
Fuck this life”
(da “Worthless”)
“Suicide
Is that the way
Where we all will end up
After the miserable loneliness
These spended hours and days
Reaching the exit of living”
(da “Life”)
“So take that fucking knife
And do what I do
Take some pills and let alcohol
Fill your brains
Oh how great feeling
Let this worthless
Life end”
(da “End”)
Come spesso capita, la musica è assai meglio delle parole. Siamo in Finlandia, ma si guarda alla Svezia ed in particolare alla figura di Kim Carlsson (già conosciuto in questa rassegna in occasione di Lifelover, Life Is Pain e Hypothermia): collegamento, questo, che si palesa nella scelta del monicker (Unjoy era la divisione dedicata ai vinili della Insikt, l'etichetta discografica che fu di Carlsson) e nell'inclusione in scaletta di una cover degli stessi Hypothermia (scelta da intenditori che ricade su un episodio minore e meno noto come “Gråtoner”, presente nell’EP che porta lo stesso titolo e che era stato pubblicato un paio di anni prima).
La tesi dedotta grazie agli indizi fin qui raccolti viene confermata dall’ascolto: l’album è infatti una fiera e convinta espressione di quel black metal post-burzumiano che ha trovato in Svezia grandi interpreti, dai seminali Shining e Silencer agli stessi progetti di Carlsson, con Hipothermia e Life Is Pain a fungere da faro. Come espresso dall'eloquente monicker, siamo nella dimensione della non-gioia, che è diverso che dire dolore, angoscia o tristezza: questo si traduce in un sound privo di sussulti ed incentrato su una piattezza emotiva nutrita ogni singolo minuto dalla ricorsività delle melodie e dalla spossatezza comunicata da un drumming lento, lineare e dalle minime variazioni.
“Worthless” parte in sordina, arriva da lontano strisciando per poi imporsi con i suoi riff malinconici accompagnati dal battito lento ma costante della batteria (una vera batteria). La voce (uno screaming degradato debitore del canto sfibrato di Carlsson) compie il suo soliloquio in modo sofferto e dimesso, incurante delle dinamiche del brano (dinamiche per modo di dire, visto che lo stesso giro viene ripetuto ad oltranza). Per quasi otto minuti non succede nulla di rilevante, fin quando la batteria si ferma, un rancido arpeggio in tremolo fa il suo ingresso e il brano riparte con un bel passaggio à la Katatonia per completarsi dopo ben undici giri di orologio in totale.
Più o meno potremmo ripetere le stesse parole per le successive “Life” ed “End”, rispettivamente di dodici e dieci minuti. Non è questo un album dalle mille sorprese, lo avrete capito, ma ciò non toglie appeal ad un lavoro che si fa apprezzare per l’ispirazione, l'equilibrio ed in particolar modo per il lavoro della chitarra. L’orecchio più attento, per esempio, non può non ignorare la fase centrale di “Life” in cui ben tre chitarre si sommano: una ritmica, una arpeggiata ed una solista, concretizzando quella che del resto è stata un’idea fondante del DBM degli esordi, ed in particolare di quello di marca svedese, ossia fondere il minimalismo burzumiano alla caratura melodica dei primi Katatonia.
Se le prime tre tracce (i cui titoli compongono il titolo dell’album – come già fecero gli stessi Katatonia con “Brave Murder Day”) costituiscono una sorta di sinfonia del dolore in tre atti che porta dalla consapevolezza al suicidio, passando dalla sofferenza, la cover degli Hypothermia appare come un corpo estraneo, ma comunque pertinente al messaggio artistico del duo. Si sente che il brano ha un piglio diverso, mostrando un sound più vario e brioso, capace di avventurarsi in territori più “alternativi” come è tipico dei progetti di Carlsson: la traccia infatti alterna pattern di chitarra arpeggiata e batteria dal flavour quasi post-rock a passaggi più movimentati con ritmiche ai limiti del post-punk, ma senza rinunciare a strazianti aperture ove spicca finalmente la voce agonizzante lasciata a marcire su un tappeto di distorsioni.
Insomma, ascoltare con piacere gli Unjoy significa essere molto dentro al depressive, ma del resto se siete arrivati vivi fino a questo punto della rassegna, “Worthless Life End” è sicuramente pane per i vostri denti... E visto che questo post è anche l'ultimo del 2024, non ci resta che fare un grande e costruttivo proposito per l'anno nuovo: ammazziamoci tutti!