Viaggio nel metal 'tolkieniano' - 3) AINULINDALE - "Nevrast" (2014)
"Allora
Ilùvatar disse: - Del tema che vi ho esposto, io voglio che voi adesso
facciate, in congiunta armonia, una Grande Musica. E poiché vi ho accesi della
Fiamma Imperitura, voi esibirete i vostri poteri nell’adornare il tema stesso,
ciascuno con i propri pensieri e artifici, dove lo desideri. Io invece siederò
in ascolto, contento del fatto che tramite vostro una grande bellezza sia
ridesta in canto -“ (taken from “Il Silmarillion”)
Chiediamo
venia ma, per questo terzo capitolo della nostra Rassegna, ci rendiamo
arbitrariamente protagonisti di un doppio salto carpiato: e temporale e
stilistico.
Infatti, rispetto ai BarroQuejon, facciamo un balzo di ben 11 anni, dal 2003 al 2014. E, soprattutto, usciamo dal metal…
Ma
ci teniamo a rassicurare i più: “Nevrast”, dei francesi Ainulindalë, ben
si sposa sia con gli intenti del nostro ‘viaggio’ sia con la sensibilità
metallara. Perché il disco, pur rientrando pienamente nel filone folk, è, ci si passi la locuzione, metal
inside e, soprattutto, profondamente, tolkieniano.
Breve
parentesi sul titolo dell’album: il Nevrast è la zona centrale del Beleriand
(la regione nord-occidentale della Terra-di-Mezzo durante la Prima Era, poi
inabissatasi al termine della stessa) nella quale Turgon - potente elfo
Noldor e, assieme ai figli di Fëanor, uno dei principali antagonisti dell’Oscuro
Signore (i.e. Melkor/Morgoth) - fondò il suo Regno. Chiusa parentesi.
La
nostra scelta sulla band francese è basata soprattutto sul monicker, dietro al
quale si cela il mastermind Thomas Reybard, in arte Engwar. L’
Ainulindalë (termine in lingua quenya che significa Musica degli
Ainur) è l’origine, la fonte dell’Universo (Eä) ideato dal
Professore. Insomma, la sua genesi. Come si può leggere dalla citazione
in esergo, Eru fornisce agli Ainur (cioè i Primi Esseri, la stirpe
divina diretta emanazione della sua mente), un canovaccio sulla base del
quale essi procederanno a infondere i propri pensieri e talenti nel Mondo; e,
così, plasmarlo. Lo faranno attraverso melodie armoniosamente legate l’una
all’altra. Questa musica, come detto, darà forma a Eä: “[…] così
Ilùvatar parlò: - Guardate la vostra Musica! -. Ed egli mostrò loro una
visione [...]; ed essi scorsero un nuovo Mondo reso visibile al
loro cospetto, e il Mondo era sferico in mezzo al Vuoto, e in esso sospeso, ma
non ne era parte. E mentre guardavano e si meravigliavano, quel Mondo prese a
svolgere la propria vicenda, e sembrò loro che vivesse e crescesse”.
Ma
l’importanza dell’ainulindalë non risiede solamente in quanto sopra descritto
ma per essere un fondamentale atto di sub-creazione. Il
rapporto tra creazione e sub-creazione, cui avevamo già accennato
nella nostra introduzione, è uno degli elementi fondativi della narrativa
tolkieniana. La sub-creazione è un atto derivato da un atto creativo
originario. Così come l’uomo, creato da Dio-creatore, può essere a sua volta un
creatore di una sub-creazione (si pensi al ruolo dello Scrittore stesso in
relazione alle sue opere), così Eru dota di potere sub-creativo gli Ainur nella
loro costruzione di Arda. Gli Ainur in sé, persino i più potenti (i Valar, cioè
quelli di grado superiore) non potrebbero dare vita alle cose, in quanto privi
della Fiamma Imperitura, che altro non è che l’essenza divina
di Eru stesso, capace di conferire Esistenza al Pensiero e della
quale sono infuse le creature di Arda. Infatti, solo chi la possiede, cioè Eru,
è in grado di infondere vita alle sub-creazioni, che si configurano, quindi,
come espressione diretta del pensiero e della volontà creatrice.
Il
concetto è, invero, enorme e piuttosto complesso. Per chi volesse approfondirlo,
consigliamo la lettura del seminale saggio del 1947 di Tolkien “On
Fairy-Stories”, pubblicato poi nel 1964 in una miscellanea di scritti dal
titolo “Tree and Leaf” (in Italia edito per la prima volta da Rusconi nel 1976
con il titolo “Albero e foglia”).
Ma
torniamo a noi. Tutto bene, quindi? Ovviamente no. Nemmeno il tempo di godere
della Creazione, che Melkor, Colui che si leva in possanza, il
più potente dei Valar (come detto sopra, i 15 Ainur più “grandi”, assimilabili agli Dei) mosso
da invidia e bramosia di potere, decide di sfidare Eru e inserisce nella
melodia creatrice delle dissonanze, fragorose cacofonie che, da
quel momento, procederanno all’unisono con la musica degli Ainur in una sorta
di “guerra di suoni” quantomai violenta. È, in altri termini, il Male che
entra nella Storia e che corromperà irrimediabilmente Eä e, a cascata, Arda
e gli avvenimenti che vi si svolgeranno.
Ma il buon Thomas non è degno di nota soltanto per questa coraggiosa scelta del monicker. Ma anche
perché dimostra competenza nel trattare argomenti complessi della poetica del
Nostro, in particolare l’angosciosa separazione degli Elfi dalle Terre
Imperiture di Valinor (e affronteremo, a tal proposito, il complesso argomento
dei Silmarils e della correlata maledizione di Fëanor di blindguardiana memoria). Lo vediamo subito, dopo la breve
intro strumentale (“Hither Land”) con “The Parting” (la separazione),
struggente brano guidato da un giro di chitarra acustica su cui si innestano
lacrimevoli svolazzi violinistici. Il brano narra, infatti, la partenza
“separatrice” degli Elfi verso la Terra-di-Mezzo. E lo fa con
parole poetiche: “They leave this soil / the eastern light is what they long
for / Where they’ll hide / Watch the stars glow / long the way / In pain and
sorrow / None can stay”. La
annoveriamo tra le cose migliori dei 40’ del platter.
Va
sottolineato come l’armamentario strumentale usato da Reybard per evocare le
ambientazioni trattate sia decisamente vario: violini, violoncelli, tromboni,
corni, chitarre acustiche e “flamencate”, cori epici e inserti di female
vocals ad opera dell’ottima Alice Jean. Ma l’apice del disco lo
ritroviamo proprio nella title track, 9 minuti in cui i francesi si esprimono
al meglio grazie a un epico crescendo, vocale e strumentale. E durante i quali
Thomas dimostra ancora di conoscere la materia focalizzandosi, nei versi, su
due aspetti fondamentali quando si parla di Elfi: da un lato, infatti, riprende
il loro struggimento per l’allontanamento dalla propria Casa (“Should
find the way back through the streams / There he came as life unseen / And face
the sound of waves dying / He watched the stars reflect on him”); e
dall’altro non manca di sottolineare la sofferenza elfica per la distruzione di
Arda, dovuta, come abbiamo già visto, sia al trascorrere del Tempo che alle
guerre contro Melkor. Guerre che, in quella Prima Era, si risolsero in modo
disastroso per gli Elfi e i propri Alleati: si pensi alla Dagor Bragollach
(termine in sindarin che sta per Battaglia della Fiamma Improvvisa) o
alla catastrofica Guerra delle Innumerevoli Lacrime (evento
cardine di tutto il Legendarium). Ma leggiamo
dalla voce dello stesso Thomas: “As centuries of fights and wars / Reduced
all forests to ashes / […] There he stopped and faced the waves / and told his
story to the sea / He sang a song long after will be / Only heard by men once /
‘The Elven Tragedy’”
“Nevrast” in definitiva, pur con tutti i limiti di un disco autoprodotto e al netto di pochi momenti trascurabili (“Under May’s Moon”), cattura l’essenza del lavoro tolkieniano in modo delicato e sentito.
E se dovessimo provare a immaginare come fosse la musica creatrice degli Ainur, beh, l’opera degli Ainulindalë potrebbe avvicinarlesi di molto.
A cura di Morningrise