Gli album doppi....da cosa deriva questa inquietante realtà che è sempre esistita, anche se in via eccezionale?
Intanto bisogna
rapportare il fenomeno al materiale del supporto. Il classico
vinile consentiva una confezione a libro in cui le costole cave
ospitavano i vinili e nel mezzo di solito campeggiavano o i testi, o
foto giganti tipo “paginone centrale”. Nel passaggio al CD si è
dovuti ricorrere al digipack, certamente di minore impatto. Inoltre con la tecnologia
digitale la necessità di uno spazio doppio è fittizia, a meno che
non parliamo di durate wagneriane. Sono qui che tento di
ricordare se esistessero le doppie musicassette e....sì, ad esempio
"Live After Death" degli Iron Maiden era venduto in una specie di busta
con due cassette, niente di più.
Il concetto di doppio in realtà prescinde dal contenuto. Da subito infatti
alcuni cominciarono a pubblicare album apribili in cui non c'era una
beata mazza se non il solito vinile. Emblematico “Blood Fire Death”
dei Bathory: ti occupava mezza stanza per consentirti di apprezzare
una foto sgranata con i tre a
mostrarci squarci di natiche mentre brandivano spadoni nella foresta.
Testi a parte su un foglio volante. Quanto alla musica, il contenuto rischiò di non
riempire neanche due facciate, con il lato B occupato da soli tre
pezzi, per un totale di venticinque minuti sul lato A e venti sul lato B, se si
escludono titoli truffaldini di nitriti di cavallo. E' quindi chiaro che il
significato del doppio album è un segnale mandato all'ambiente, che
significa, in poche parole: “Io ce l'ho lungo il doppio del tuo”.
Che poi, per carità,
meglio così che quando un artista si fissa di dover giustificare il
messaggio del “doppio album” mettendoci davvero doppio materiale
e facendotelo anche pagare. Alla fine infatti questi dischi
ipertrofici apribili costavano come un disco normale.
Prima di arrivare al punto dolente dei "doppi album che costano il doppio", proseguiamo con i ricordi sui falsi dischi doppi
con “Heavy Demons” dei Death SS. Dopo anni di gavetta
giungeva il primo album degli italiani che potesse vantare una produzione professionale e soprattuto contenente materiale totalmente nuovo. Per l'occasione i
Death SS studiarono un nuovo look, sempre impostato sui cinque
archetipi del terrore (vampiro, zombie, mummia, lupo mannaro, morte).
Come utilizzare queste due facciate interne a disposizione? Foto,
testi, citazioni occultistiche, spartiti? No: strisce che facevano
vedere le varie fasi del trucco dei personaggi, uno per uno. Forse
per alcuni fu addirittura un trauma scoprire che i personaggi non
erano veri. Io fui vicino a scoppiare in lacrime: una delusione
seconda solo a quella della non-esistenza di Babbo Natale a cui avevo creduto fino a nove
anni.
I Death SS non erano nuovi alla tentazione del disco apribile, perché anche con "Black Mass" avevano colpito bassamente. In quel caso aprivi la copertina e trovavi la foto di una messa nera, naturalmente sgranata. Di approfittare per mettere qualche brano in più non se ne parlava, naturalmente.
Del resto tra i paginoni
centrali di cartone indimenticabili c'è anche quello di "Speak of the
Devil". Ozzy produceva il primo live della sua carriera solista
riproponendo il repertorio dei Black Sabbath, quindi nessuno sforzo creativo,
tutta roba già nota. Però fece uscire un LP apribile e mise nelle
due pagine interne...una foto (anche riuscita malino) di lui in costume
insieme ad un altro mostro di scena. Neanche Renato Zero in un
momento di convinto narcisismo. Testi nulla, dentro c'era solo il
pezzo di vinile protetto da una mascherina di carta.
Poi c'erano gli album-doppi, cioè le uscite doppie, perché contemporanee, ma separate
fisicamente. E qui la memoria mi riporta a "Use Your Illusion" I & II dei Guns N' Roses. Non lo comprai per via della copertina veramente improponibile e poi, sinceramente,
da un'operazione del genere mi aspettavo veramente il peggio da parte di Axl e soci. Anche perché il messaggio era ambiguo: da un lato ritieni di avere così tanto buon materiale da poter far uscire un
doppio album (e già qui è probabile che tu ti sbagli); dall'altro fai
uscire tutto questo materiale in due metà, lasciando potenzialmente libero il fan di comprarne anche una
sola, o una alla volta (cosa veramente priva di senso: se è roba veramente
buona, uno si comprerà entrambi i tomi senza tante remore. Conoscete forse qualcuno che ne possiede solo uno? Nel caso in cui l'acquirente avesse proceduto con l'acquisto di uno solo, se gli è piaciuto prende anche l'altro, se gli fa schifo non compra l'altro e magari dà via quello che possiede! Impossibile dunque possederno solo uno...). Dà l'idea che la casa discografica
ti dica, senza volertelo proprio ammettere: stiamo cercando di
vendere il massimo prima del tracollo, quindi mettiamo insieme questi
due dischi spargendo una manciata di pezzi decenti equamente
distribuiti tra la parte I e la II.
Qui invece ci sommersero
di materiale: un'ora e un quarto di Guns N' Roses moltiplicata per
due. Due ore e mezza di Guns N' Roses. Qui a Metal Mirror ci siamo riuniti a
tavolino per spiegarci il perché di quella uscita e siamo giunti ad
una teoria plausibile: l'etichetta volle battere il ferro finché era
caldo, col successo all'apice, perché di futuro se ne intravedeva
poco. Perché altrimenti bruciare tanto materiale e saturare la
voglia di Guns? Perché non sarebbero durati. Il titolo stesso
parrebbe una conferma di questa teoria: come sfruttare un'illusione.
Questo quindi fu un altro
tipo di falso doppio, falso nel peso specifico. Nell'album precedente
i pezzi memorabili erano tutti, dal primo all'ultimo. In questo
doppio, se si raccolgono quelli decenti, si compone: "November Rain", "Don't Cry", "You Could Be Mine", magari "Get in the Ring" e poi le due cover. Anzi, per
perfezionare l'operazione commerciale, il meglio fu messo sul II. Così
la gente si comprava l'I e per non voler ammettere la delusione, la
settimana dopo ti diceva: “Bellissimo, alla fine ho comprato anche
il II” - sperando in qualcosa di meglio.
Ma poi c'è il terzo tipo
di doppio album: dopo quello “di cartone” e quello “mangiasoldi”,
c'è quello "esoterico". E la cosa venne in mente a Mortiis, il quale non
ha mai fatto dischi doppi, direte. In un certo senso sì, ed è qui
il genio: due dischi doppi “Andem som... “ e “Fodt til...”,
nel senso che le due facciate erano uguali. Ma non di presa per il
culo si tratta.
Mortiis applica il
principio della lettura rivelatrice introdotta da Apuleio ne “L'asino
d'oro”. Un testo apparentemente monotono che deve prima spianare la
strada e poi essere gustato appieno con le sue suggestioni. Te
compri Mortiis e dopo tre minuti lo vuoi tirare contro il muro.
Allora ti incazzi, passi al lato B, e ce lo tiri contro il muro per
davvero: lo stesso brano unico ripetuto per giunta tale e quale. Poi
raccogli il disco da terra e lo rimetti ed allora ti si rivela.
Il principio di Apuleio
era la lettura doppia. Il senso della sua opera si sarebbe rivelato
solo alla fine, come “cifra” di lettura, chiave interpretativa. E
allora il lettore avrebbe voluto subito leggerlo da capo, per capirne
i significati nascosti stavolta con il codice in mano. Così Mortiis
dei tempi d'oro: prima ti annoia, poi ti
lascia quel qualcosa che ti spinge a rimetter su il disco. E lo fai
automaticamente perché il lato B parte riproponendoti da capo la
stessa cosa, ma stavolta l'ascolti con un orecchio diverso e ne assorbi
la mistica. Un disco a metà e doppio, che ascolti sempre due volte,
perché tecnicamente va ascoltato così.
Il doppio album è in
fondo questo, un non-senso artistico: o è velleitario, o è
commerciale, o è esoterico. Un album doppio vero non ci sarà mai.
A cura del Dottore