E’ la recensione che non avrei mai voluto scrivere. Ma mi
tocca scriverla. A malincuore, ma mi tocca…
Testa e pancia. Raziocinio e sentimento.
Come mi succede solo per pochi
altri artisti metal, mi trovo davvero in ambasce a parlare con serena obiettività
delle release degli Ayreon. Ma non possiamo di certo far finta di nulla adesso
che è da poco uscito il nuovo, doppio, “Transitus”, che cade peraltro nel 25ennale di
vita di questa Splendida Creatura, unica nel panorama metal mondiale.
I fan della band olandese, già di per sé fortemente fidelizzati, hanno immediatamente risposto "presente!" in modo massivo (me compreso) tanto che il platter è in vetta alle charts, non solo di quelle orange, ma persino della Heatseeker pubblicata su Billboard.
E "Transitus" occupa la prima posizione anche nel catalogo “rock”
di Amazon. Già, Rock.
Quello che salta alle orecchie
già al primo ascolto di “Transitus” è, appunto, la “svestizione” operata da Arjen
Anthony Lucassen degli abiti propriamente metal e hard prog che erano da sempre
propri degli Ayreon, per abbracciare un rock spesso gracilino, dalle tinte goth-folk.
Tinte capaci di ricreare il giusto mood per i contenuti dell'oscuro concept.
Un concept, lo diciamo subito, da
seguire con testi e fumetto (sic!) alla mano per comprendere meglio l’opera ma che, preso così, da solo, è davvero
fumoso e pasticciato: non scendiamo nei particolari per non spoilerare alcunchè
ma i punti banali e i passaggi forzati non mancano nella storia dei due
innamorati Daniel&Abby. Basta solo dirvi che un buon metro di paragone, per trama e ambientazione, potrebbe
essere l’”Alchemy” (2013) di Clive Nolan, già tributato sul nostro Blog. Solo
che in quel caso si trattava di un capolavoro. Qua invece…
Ma rimaniamo sulla musica: attenzione,
il rock composto da Lucassen rimane sempre di ampio respiro, non ingessato
nella forma-canzone. Ma che rifugge in modo abbastanza evidente dal fascino e
dalla complessità, mai fine a se stessa, di certe sue hit del passato (per non
andare troppo lontano, penso ad esempio alle meravigliose “The day that the
world breaks down” e “Star of Sirrah” contenute nel precedente full lenght).
Di certo, le ultime tre,
riuscitissime, esperienze teatrali (puntualmente relazionate sul nostro Blog)
hanno lasciato un segno nel modus componendi di Arjen. Che, abbandonate le
tematiche più propriamente spazial-fantascientifiche, si è buttato, come detto, su un altro tipo di soggetto. Più “teatrale”, appunto. Tanto da
farci pensare che non troppo in là nel futuro, ci ritroveremo sul nostro
scaffale un altro DVD a firma Ayreon...
Se la prima parte della vicenda,
racchiusa nel primo cd, riesce nell’intento di creare un ficcante mood tragico
(più che valida la suite di apertura “Fatum horrificum” o il singolo “Talk of
the town”), nella seconda si cade un po' troppo frequentemente nell’autocitazionismo.
Il trittico “Daniel’s funeral” – “Hopelessly slipping away” – “This human
equation”, pregevoli da un punto di vista compositivo e dalle linee melodiche
azzeccate, sanno però di “già sentito” lontano un miglio (in particolare
ricordano da vicino alcune soluzioni sperimentate coi The Gentle Storm
nell’ottimo “The Diary”).
Ma la seconda metà del secondo dischetto ottico risulterà, poi, ancor più stucchevole: “Message from beyond”, la canzone più
lunga del platter, pur impreziosita dall’assolo finale dell’ex Megadeth Marty
Friedman, rimane alquanto sciapa. Ed è, ahinoi, in buona compagnia (vedi
“Henry’s plot”, “She is innocent” o “Lavinia’s confession”).
La svestizione sonora di cui
sopra, fa sì che il sound sia meno “bold”, meno corposo e l’”effetto sogliola”
emerga a più riprese, fatto mai successo nella carriera del Nostro, anche nelle
sue “cose” meno riuscite (penso ad esempio al progetto Guilt Machine, comunque
di caratura più che buona, o agli Ambeon).
Circondato dai soliti musicisti di fiducia (ad eccezione, e non trascurabile, del fedelissimo drummer Ed Warby) il cliché dell’ensemble di cantanti non “buca mai”, non ti prende mai allo stomaco. Per carità, Tommy Karevik e Cammie Gilbert (i Daniel e Abby protagonisti della storia) sono irreprensibili; così come le altre due female guests di lusso, Amanda Somerville e Simone Simons. Ma non si sobbalza mai dalla sedia e la pelle d’oca fatica ad arrivare. L’assenza, poi, della Divina Anneke non aiuta. Insomma, ogni aspetto che compone “Transitus” sembra più “limitato”, meno ispirato. Al ribasso.
Lo so, eravamo abituati troppo
bene…
D’altro canto va detta una cosa,
con altrettanta onestà intellettuale: considerato il percorso di questi 25
anni, e soprattutto la recente attenzione riversata da Lucassen nell'ultimo lustro al piano teatral-concertistico, questo “Transitus” (per quanto come dice
il titolo, sia un “disco di passaggio”) è davvero un prodotto coerente,
“naturale” nella discografia degli Ayreon. Qualcosa che mancava; ad oggi un
“unicum”.
E questo mi porta a scrivere che
la strada intrapresa, a livello di songwriting, è probabilmente la più sensata
da battere. Ed è stata battuta.
La sfida di Arjen per il futuro,
a 60 anni suonati, sarà quello di esplorarla meglio, con più ispirazione. Cercando
di mantenere anche il lato più duro del sound ayreoniano. E non a caso le cose
migliori si sentono quando il piede è calato sul pedale della distorsione
elettrica. Non dubitiamo sul fatto che il Genio Olandese riuscirà nel compito.
Noi fan indefessi, allora, saremo
qui ad aspettarlo. Pronti a scrivere una recensione di ben altro tenore. E con
un voto drasticamente diverso…
Voto: 5,5
Canzone top: l’accoppiata “Old friend” – “Dumb
piece of rock”
Momento top: il crescendo
folk-operistico di “Daniel’s funeral”
Canzoni flop: “Two worlds now one”, “Henry’s plot”, “She is innocent”
Etichetta: Mascot Label Group
Dati: 22 canzoni, 83’