"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

6 nov 2020

RECENSIONE: "TRANSITUS" (AYREON)

 


E’ la recensione che non avrei mai voluto scrivere. Ma mi tocca scriverla. A malincuore, ma mi tocca…

Testa e pancia. Raziocinio e sentimento.

Come mi succede solo per pochi altri artisti metal, mi trovo davvero in ambasce a parlare con serena obiettività delle release degli Ayreon. Ma non possiamo di certo far finta di nulla adesso che è da poco uscito il nuovo, doppio, “Transitus”, che cade peraltro nel 25ennale di vita di questa Splendida Creatura, unica nel panorama metal mondiale.

I fan della band olandese, già di per sé fortemente fidelizzati, hanno immediatamente risposto "presente!" in modo massivo (me compreso) tanto che il platter è in vetta alle charts, non solo di quelle orange, ma persino della Heatseeker pubblicata su Billboard.

E "Transitus" occupa la prima posizione anche nel catalogo “rock” di Amazon. Già, Rock.

Quello che salta alle orecchie già al primo ascolto di “Transitus” è, appunto, la “svestizione” operata da Arjen Anthony Lucassen degli abiti propriamente metal e hard prog che erano da sempre propri degli Ayreon, per abbracciare un rock spesso gracilino, dalle tinte goth-folk. Tinte capaci di ricreare il giusto mood per i contenuti dell'oscuro concept.

Un concept, lo diciamo subito, da seguire con testi e fumetto (sic!) alla mano per comprendere meglio l’opera ma che, preso così, da solo, è davvero fumoso e pasticciato: non scendiamo nei particolari per non spoilerare alcunchè ma i punti banali e i passaggi forzati non mancano nella storia dei due innamorati Daniel&Abby. Basta solo dirvi che un buon metro di paragone, per trama e ambientazione, potrebbe essere l’”Alchemy” (2013) di Clive Nolan, già tributato sul nostro Blog. Solo che in quel caso si trattava di un capolavoro. Qua invece…

Ma rimaniamo sulla musica: attenzione, il rock composto da Lucassen rimane sempre di ampio respiro, non ingessato nella forma-canzone. Ma che rifugge in modo abbastanza evidente dal fascino e dalla complessità, mai fine a se stessa, di certe sue hit del passato (per non andare troppo lontano, penso ad esempio alle meravigliose “The day that the world breaks down” e “Star of Sirrah” contenute nel precedente full lenght).

Di certo, le ultime tre, riuscitissime, esperienze teatrali (puntualmente relazionate sul nostro Blog) hanno lasciato un segno nel modus componendi di Arjen. Che, abbandonate le tematiche più propriamente spazial-fantascientifiche, si è buttato, come detto, su un altro tipo di soggetto. Più “teatrale”, appunto. Tanto da farci pensare che non troppo in là nel futuro, ci ritroveremo sul nostro scaffale un altro DVD a firma Ayreon...

Se la prima parte della vicenda, racchiusa nel primo cd, riesce nell’intento di creare un ficcante mood tragico (più che valida la suite di apertura “Fatum horrificum” o il singolo “Talk of the town”), nella seconda si cade un po' troppo frequentemente nell’autocitazionismo. Il trittico “Daniel’s funeral” – “Hopelessly slipping away” – “This human equation”, pregevoli da un punto di vista compositivo e dalle linee melodiche azzeccate, sanno però di “già sentito” lontano un miglio (in particolare ricordano da vicino alcune soluzioni sperimentate coi The Gentle Storm nell’ottimo “The Diary”).

Ma la seconda metà del secondo dischetto ottico risulterà, poi, ancor più stucchevole: “Message from beyond”, la canzone più lunga del platter, pur impreziosita dall’assolo finale dell’ex Megadeth Marty Friedman, rimane alquanto sciapa. Ed è, ahinoi, in buona compagnia (vedi “Henry’s plot”, “She is innocent” o “Lavinia’s confession”).

La svestizione sonora di cui sopra, fa sì che il sound sia meno “bold”, meno corposo e l’”effetto sogliola” emerga a più riprese, fatto mai successo nella carriera del Nostro, anche nelle sue “cose” meno riuscite (penso ad esempio al progetto Guilt Machine, comunque di caratura più che buona, o agli Ambeon).

Circondato dai soliti musicisti di fiducia (ad eccezione, e non trascurabile, del fedelissimo drummer Ed Warby) il cliché dell’ensemble di cantanti non “buca mai”, non ti prende mai allo stomaco. Per carità, Tommy Karevik e Cammie Gilbert (i Daniel e Abby protagonisti della storia) sono irreprensibili; così come le altre due female guests di lusso, Amanda Somerville e Simone Simons. Ma non si sobbalza mai dalla sedia e la pelle d’oca fatica ad arrivare. L’assenza, poi, della Divina Anneke non aiuta. Insomma, ogni aspetto che compone “Transitus” sembra più “limitato”, meno ispirato. Al ribasso.

Lo so, eravamo abituati troppo bene…

D’altro canto va detta una cosa, con altrettanta onestà intellettuale: considerato il percorso di questi 25 anni, e soprattutto la recente attenzione riversata da Lucassen nell'ultimo lustro al piano teatral-concertistico, questo “Transitus” (per quanto come dice il titolo, sia un “disco di passaggio”) è davvero un prodotto coerente, “naturale” nella discografia degli Ayreon. Qualcosa che mancava; ad oggi un “unicum”.

E questo mi porta a scrivere che la strada intrapresa, a livello di songwriting, è probabilmente la più sensata da battere. Ed è stata battuta.

La sfida di Arjen per il futuro, a 60 anni suonati, sarà quello di esplorarla meglio, con più ispirazione. Cercando di mantenere anche il lato più duro del sound ayreoniano. E non a caso le cose migliori si sentono quando il piede è calato sul pedale della distorsione elettrica. Non dubitiamo sul fatto che il Genio Olandese riuscirà nel compito.

Noi fan indefessi, allora, saremo qui ad aspettarlo. Pronti a scrivere una recensione di ben altro tenore. E con un voto drasticamente diverso…

Voto: 5,5

Canzone top: l’accoppiata “Old friend” – “Dumb piece of rock”

Momento top: il crescendo folk-operistico di “Daniel’s funeral”

Canzoni flop: “Two worlds now one”, “Henry’s plot”, “She is innocent”

Etichetta: Mascot Label Group

Dati: 22 canzoni, 83’

A cura di Morningrise