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8 lug 2016

SKYCLAD: IL MUCCHIO SELVAGGIO IN FUGA DAL FUTURO


I 10 MIGLIORI ALBUM DELLE CULT BAND (ANNI '90)

1996: "IRRATIONAL ANTHEMS"

Gli Skyclad sono per me legati a due linee di valutazione. Una è quella relativa al ruolo avuto nella storia del metal, e cominciamo con questa. Emergono non prepotentemente grazie alla caratteristica del violino e dello stile folk che pervade i brani, prima con "Jonah's Ark" (1993) e poi con "Prince of the poverty line" (1994). Il folk degli Skyclad muove dall'incrocio del metal con la musica popolare, sicuramente con un retroterra pagano, ma con la volontà di dare subito un'applicazione del modello folk alla trattazione della contemporaneità. Non si tratta quindi di un recupero di stili passati per il gusto dell'antico, ma della trasposizione di elementi tradizionali (il violino folk) e di moduli tradizionali (le ritmiche saltellanti e serrate) in composizioni che parlano di politica, società e temi esistenziali dei nostri tempi.

Quegli anni coincidono anche con i primi vagiti del folk nordico, ma i due fenomeni sono indipendenti. Oltre al violino, che non è un inserto od un orpello ma un elemento ritmico, a connotare gli Skyclad c'è la voce, sgraziata al punto giusto, di Martin Walkyer, che scandisce versi come una telescrivente, al limite del folk-rap. Se si ascoltano i Sabbat, precedente gruppo del frontman, la voce di Walkyer è riconoscibile, ancora più ruvida, in una sorta di thrash folkeggiato.

La seconda valutazione sugli Skyclad è emotiva, e naturalmente presuppone che vi tocchino individualmente, ma per farlo è indispensabile anche apprezzarne i testi, in lingua inglese. La poetica degli Skyclad è legata ad un disprezzo per l'atteggiamento progressista del mondo contemporaneo, globalizzante e violentatore delle identità. Incastonata in questo contesto annaspano vite che si ostinano a voler vivere il futuro ancorate al passato, che non vogliono andare oltre se stessi, come il progresso vorrebbe. “Irrational anthems” è un disco emblematico di questo pessimismo storico, di questo approccio non rassegnato di resistenza alla modernità. Laddove il doom descrive in maniera sconsolata, con sogni escatologici di un'apocalisse salvifica, il folk-metal degli Skyclad sta sulle barricate.
Un emblema di questa visione è “No deposit. No return”. Con la consueta ironia, Walkyer parte da una formula usata per organizzare il riciclaggio dei vuoti delle bevande: una parte del costo della bibita era restituito alla riconsegna del vuoto, ma “niente vuoto, niente soldi”, come invito a far funzionare il sistema. Walkyer traducono questo concetto in termini esistenziali, ovvero: si ipoteca la propria vita in vista di una restituzione finale. Chi lo fa in senso religioso (soffrire in questa vita per poi riavere nell'altra), chi in senso politico (dare il voto in cambio di promesse elettorali), chi in senso sentimentale (sopportare dei torti in vista di un riconoscimento finale).
Walkyer mette in bocca la sentenza alla propria nonna, che dalla sedia a dondolo smorza la radio per dire al nipote, in una “esplosione d'orgoglio”:
Martin, se vuoi fare il musicista, allora semplicemente va e fallo, ma la convinzione deve essere la tua! Se c'è una lezione che i giovani dovrebbero imparare è: non dare anticipi, e non aspettare di avere indietro niente”.

E come incarnazione di questo principio c'è al loro fianco la foto del nonno, aviere accanto al suo apparecchio, mentre metteva in moto l'elica preparandosi a rischiare la vita per la patria:
Io mi immagino che il mio vecchio si sentisse proprio orgoglioso mentre sedeva alla guida e avviava il rombo del motore, ma immaginava che avrebbe visto suo figlio avvocato o affarista, non certo un pendolare su un bus pieno di straccioni e ubriachi”.

E il nipote Walkyer mantiene la promessa, perché diventa il musicista che voleva essere, con disprezzo per quei “vuoti a rendere” che infestano le classifiche di mezzo mondo, per il commercio applicato alla musica, che produce artisti anziché accoglierli.

La poetica degli Skyclad è riassunta poi in maniera efficace in “Penny Dreadful”, ed è sorprendente come la linea a cui fa riferimento sia poi quella generale del metal:
“Tieni la tua posizione non al passo coi tempi, e rifiuta di seguire le mode, scrivi la tua poesia con rabbia e poi dagli fiato con la passione”.
Come dice Ozzy, il metal morirà quando nessun giovane avrà più rabbia da esprimere.

Oggi fa meno impressione, ma nel bel mezzo di quel brano, gli Skyclad cantano:
se suonassi questo riff in maniera più punk probabilmente farei un brano da un milione di copie, ma questo timbro di flauto non è in vendita, sono fiero di non essere quel tipo d'artista”.

Eravamo in un momento triste della storia del metal, povero di nuove realtà, impiastrato da scorie di gruppi in crisi che sterzavano in ogni direzione che sembrava convenire, a prescindere dal fatto che qualcuno si sia poi ripreso o abbia piazzato comunque qualche opera apprezzabile. La popolarità di una parte del metal aveva aperto la porta ad un para-metal fatto di gruppi “hard” che crescevano su radici assolutamente estranee alla tradizione. Per parte mia, tutti i gruppi che in questo terreno sfidarono la sorte con un'impostazione commercialmente perdente (il “timbro di flauto”), fecero tutt'altro che un suicidio artistico. A differenza di chi poi è divenuto più popolare come i Blind Guardian, gli Skyclad rimasero sempre un gruppo non molto conosciuto. Meno appariscenti, più indigesti nello stile, con un cantante più intento a comunicare coi testi che a compiacere con il timbro.

Il messaggio generale usa la storia, la tradizione e l'attualità per poi toccare un tema psicologico generale, e cioè il dubbio che uccide la vitalità ("I, dubious"). Il timore di vivere, l'illusione della felicità, dell'immortalità, del progresso infinito, della stabilità che alla fine taglia le gambe alle spinte sane che il corpo e il cervello sanno portare avanti con efficacia: spinte artistiche, conquiste, ribellioni, amori. Questa la differenza tra l'invenzione che migliora la vita e il progresso che la peggiora. Cosa lasceremo in eredità ai nostri figli ? Tutto ciò che abbiamo paura di perdere....rischia davvero di finire così, in un benessere precario e alienante.

L'ideologia Skyclad è pagana, panteitstica, come indica il nome che fa riferimento al vestito celeste (la nudità) che rende gli uomini uguali di fronte alla natura, e li costringe a misurarsi con essa prima che col resto. In altre parole, durante questi riti pagani la gente pratica la nudità rituale, dopo di che si salvi chi può...
La bella “Earth Mother, the sun and the furious host” (da "Jona's ark") fa capire subito il nesso tra questa impostazione spirituale e l'attualità sociale, ed è un po' la versione folk-metal di "The Wall". Un personaggio che la società vuole instradare sul binario di una educazione politicamente corretta rivendica la sua fame di sapere naturale, che non è soggetto a sazietà o a moderazione ma a ebbrezza e ardimento, e così sbotta dicendo:
Il cristianesimo emerse in tutto il suo errore, il Diavolo si prenda il vostro Gesù, Dio Padre e lo Spirito Santo, gli unici a conoscere le risposte, sono quelli che guidano le danze: la Madre Terra, il Sole e il Mucchio Selvaggio” (il mucchio selvaggio è una frotta di personaggi mitici, variabili, guidati di solito da una divinità, che celebrano la forza della vita correndo e cacciando, ed è un tema classico del folk metal nordico).

L'unico difettuccio di Walkyer è sempre stato il vezzo dei giochi di parole, di cui “Irrational anthems” è un esempio (gioco di parole su national anthems). Ma potremmo proseguire con The silent whales (waves) of lunar sea, Sins of emission (omission), Land of the rising slum (sun), History lessens (lessons), il terrificante Desperanto, Vintage whine (wine), Kiss my sweet brass (ass), e chissà quanti altri che mi sono sfuggiti.

Ma una volta che si fa l'abitudine a questo vezzo dilagante, e rimanendo pronti a fuggire via se si dovessero improvvisamente calare i pantaloni per spiegarci il senso del nome, gli Skyclad sono decisamente utili a capire il metal recente, così come essenziali per entrare nel cuore del mondo folk.

A cura del dottore