"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

6 ott 2016

INTERVISTA: GOTHIC MULTIMEDIA PROJECT (Parte I)



Nel mese di agosto Metal Mirror vi ha guidati nell’esplorazione di un universo unico, oscuro e affascinante, maledetto e stimolante: quello del Gothic Multimedia Project. Probabilmente la realtà in ambito multimediale più avanguardistica presente oggi nel nostro paese.

Per chiudere il cerchio di quella Rassegna ci è sembrato logico intervistare i due artefici del progetto, James M. Jason e David Bosch.

La chiacchierata è stata lunga e davvero molto interessante. Raramente nel nostro ambito si riesce a tirar fuori risposte così intelligenti e originali, sicuramente mai banali. Ma del resto, data la natura del progetto, non poteva essere diversamente.

E’ stata questa anche l’occasione per approfondire e chiarire alcuni temi che avevamo sinteticamente trattato nelle puntate della retrospettiva e che meritavano di certo una maggiore specificazione contenutistica. 

Ma adesso basta: spazio ai protagonisti del GMP. E buona lettura in compagni di queste due geniali menti gotiche

A cura di Morningrise

MM: Bentrovati ragazzi, benvenuti su Metal Mirror! E’ un gran piacere ospitarvi e le curiosità da toglierci sono parecchie. Innanzitutto: come sta andando la promozione di "Beneath The Snow - Piovono Ombre"? E come sono i primi riscontri della critica?
James Jason: Innanzitutto un saluto gotico a tutti i metalheads di Metal Mirror e un sentito ringraziamento per averci concesso questo spazio. 
I primi feedback della critica nazionale ed internazionale sono molto positivi, anche andando ben oltre le nostre aspettative, e ciò ci lusinga molto perché siamo sempre stati coscienti di quanto siano impegnative e difficilmente “assimilabili” le nostre proposte artistiche. La promozione sta andando bene, di pari passo, anche se l'autodistribuzione è un canale sempre difficile da percorrere in quanto se da una parte ci permette il pieno controllo della promozione dell'opera, fattore da noi fortemente voluto dopo i deludenti accordi con RockDetector ai tempi di “Grim” (2004) e con CDBaby per “Clam, Dolenter” (2010), dall'altra parte ci toglie visibilità ad un pubblico maggiore potenzialmente interessato. Decideremo le mosse da farsi nei prossimi mesi.

MM: James, partiamo da te. Quello che abbiamo scritto nella nostra Retrospettiva a voi dedicata l’hai letto. Difficile, se non impossibile, essere esaurienti parlando del GMP. Magari potremmo partire da un sunto sul Jason musicista: la tua formazione, la crescita e le prospettive…
JJ: Wow, questo è un domandone... Vedrò di essere conciso per non annoiare i vostri lettori. Sono nato punk, cresciuto come metallaro, preservando sempre la mia anima profondamente dark; sono diventato un amante delle avanguardie artistiche sia in campo pittorico/scultoreo che cinematografico, sia in quello poetico che in quello teatrale o più strettamente musicale. Artisticamente e musicalmente parlando voglio morire in coerenza con la mia vecchia dichiarazione di intenti di continuare sia a stupire con proposte sempre nuove con la "N" maiuscola, percorrendo il binario dello sperimentazione, e sia a risvegliare i demoni interiori dei fruitori delle nostre opere, affogandoli nelle tenebre gotiche del loro subconscio. 
Parafrasando il titolo di un brano multimediale tratto da "Clam, Dolenter" direi che la Catarsi attraverso la Demenza, intesa come Follia creativa ma anche auto-distruttiva, è la prospettiva del Gothic Multimedia Project.

MM: James, se non erro in passato hai dichiarato: sono un compositore, non un performer. Però negli ultimi anni hai esperito la dimensione live con la doom band genovese Blue Dawn. Cosa ti ha lasciato questa esperienza? E come l’hai “utilizzata” (e come la potrai utilizzare) nel tuo lavoro sui GMP?
JJ: Ahah, touché ! Hai perfettamente ragione a pormi questa domanda. Io sono e sarò sempre un musicista compositore e non un performer. Diciamo che inizialmente sono stato un po' trascinato “on stage” per l'amicizia e la stima che mi legano a Enrico Lanciaprima, bassista e anima carismatica dei Blue Dawn. Successivamente, pur non amando troppo le luci della ribalta, ho anche assaporato le gioie del palco, con il calore del pubblico e i riscontri immediati della dimensione live. Esperienze molto diverse da quelle maturate con il GMP innanzitutto perché, pur suonando cose molto più semplici e lineari di quanto non fatto con il GMP, ho avuto molti più riscontri, particolarmente positivi. Questo mi ha aiutato in un periodo artisticamente non facile, regalandomi qualche soddisfazione dopo alcune amarezze legate alla complicata promozione di “Clam, Dolenter”. 
Anche se a livello musicale non ho utilizzato granché di questa bella esperienza nel mio lavoro con il GMP, che è e rimane un altro mondo, ciò mi ha dato la possibilità di conoscere due grandi musicisti e amici come Enrico Lanciaprima e il batterista Andrea Di Martino, che ho voluto portare entrambi nel Gothic Multimedia Project e che spero possano ancora dare il loro contributo nella nostra “famiglia gotica allargata”. 

MM: James, sei diventato, giusto per non farti mancare nulla, anche produttore e fonico. E so che è una dimensione che ti è molto congeniale. Sbaglio o questo ha avuto un importante beneficio, a livello di ricerca dei suoni e della loro pulizia anche su BTS-PO?
JJ: Sin da quando ero ragazzino ho sempre sentito dentro di me un particolare piacere a comporre e a produrre più che a ripetere le mie creazioni una volta che erano incise su nastro. All'epoca non sapevo cosa potesse significare. Alcuni errori marchiani nella produzione di pur ottimi lavori come “Fleeing the Rainland” (2000) e "Grim" (2004) mi hanno poi definitivamente convinto ad intraprendere la strada formativa che mi ha portato, dopo un corso triennale, a diventare un tecnico del suono professionista. Di questo nuovo percorso professionale ne ha beneficiato la produzione prima di “Clam, Dolenter” (2010), dove permangono alcuni limiti di produzione, e di “Beneath the Snow – Piovono Ombre” (2016) dove pur qualche imperfezione rimane ancora. Queste due opere hanno progressivamente mostrato un miglioramento nel sound engineering della parte musicale e ciò è particolarmente evidente in BTS-PO, dove ho potuto mettere a frutto anni di studi. 
Ma voglio ancora migliorare e questo per me è solo l'inizio: lo ammetto, sono diventato un perfezionista maniacale!

MM: James, un accenno alle tue influenze musicali. Potremmo sintetizzare, con un ellisse temporale azzardata: dai Celtic Frost agli Ambassador 21, giusto per racchiudere oltre 25 anni di carriera. Terrorismi sonori lontani o neppure tanto? Parlaci della tua evoluzione nei gusti musicali e del perché di questo amore per la musica elettronica.
JJ: Spero tu non te la prenda se ti dico che chiedere ad un tastierista della sua passione per la musica elettronica è un po' chiedere ad un sassofonista perché ama tanto il jazz... Ma diciamo che sono sempre stato un tastierista anomalo in quanto nei primi quindici anni, considerata la mia predilezione per il metal ed in particolare per i generi più estremi come il death e il grind old school, senza tralasciare un certo crossover, ho suonato prevalentemente la tastiera... come una chitarra elettrica! Questa stranezza era dovuta alla necessità di essere autonomo, allora, come one-man band e potere suonare le parti di chitarra che avevo composto per i Gothic senza avvalermi direttamente di un chitarrista. La passione per la musica elettronica anzi è stata tardiva ed è nata dalla frequentazione musicale dei panorami più estremi e “cattivi” della musica elettronica che, ti assicuro, confrontandoli con quelli del nu-metal o del groove metal attuale (perché di vero thrash e di death non ce n'è più molto a mio parere) li fanno sembrare come un asilo d'infanzia! Parlo di terrorismi sonori che partono dagli Atari Teenage Riot e vanno fino ad Atrax Morgue, passando per Throbbing Gristle e Teatro Satanico. Devo ammettere che sono entrato nella scena più intransigente dell'industrial a seguito di una recensione di una nostra opera, "Clam, Dolenter" per l'esattezza, paragonata ai primi Sigillum S. Da qui la mia casuale esplorazione di questo genere, che ha dato il via ad un ulteriore “inscurimento” del Gothic sound. Anche se già in passato ho realizzato pezzi doom sostituendo la chitarra con il sintetizzatore “facendo di necessità virtù” (si veda la malatissima “The Evil”, da “The Pestilence... Post Contagium”, uno dei pezzi più malati e pesanti del repertorio dei Gothic), l'approfondimento di uno strumento complesso e affascinante come il sintetizzatore, che suono solamente da otto anni sia come soft-synth che come hard-synth, mi ha aperto mondi fino ad allora inesplorati, facendomi comprendere quanto un suono di un synth possa fare “male” ed essere heavy tanto quanto, se non di più di una chitarra elettrica.

MM: James, compositore-polistrumentista-cantante-produttore…e ora pure regista! In BTS-PO ho notato una regia “intelligente”, misurata ma con trovate singolari. L’influenza, da te sempre dichiarata, di un maestro come David Lynch è evidente. Parlaci di quello che il regista americano ha significato per te, e per quale ragione ti ha così influenzato.
JJ: David Lynch sta al cinema come gli Ulver stanno alla musica. Lynch ha saputo creare un genere cinematografico tutto suo, lynchiano per definizione, non etichettabile, difficilmente fruibile se non per qualche sparuto e pur ottimo prodotto come “Una storia semplice”. Lynch ha rappresentato e rappresenta per me il cinema per il cinema così come i dadaisti realizzavano “l'art pour l'art”. Ma a differenza di questi Lynch si spinge oltre e dà sempre un significato criptico di plurima interpretazione ai suoi film e questa voglia di ricerca, di non avere un prodotto già preconfezionato che dice tutto già alla sua prima visione, questa volontà di sfidare lo spettatore ad interrogarsi e a mettersi in gioco è stato alla base, più a livello inconscio che razionale, del nostro ultimo lavoro, BTS-PO. A livello inconscio infatti, solo adesso che BTS-PO è stato realizzato e pubblicato ravviso in quest'opera l'oscurità dell'incomunicabilità di “The Grandmother”, gli apocalittici presagi di “Eraserhead” e soprattutto il senso di disperata alienazione di “Inland Empire”. Ma dire che David Lynch ha ispirato la creazione di BTS-PO tout court, sarebbe fuorviante e pure un atto di lesa maestà nei confronti del Maestro stesso.

MM: un consistente utilizzo dell’espressione cinematografica l’avevi già sperimentata in “Clam, Dolenter” con “How to keep…”. Di fatto un cortometraggio corposo, visto che durava 25’. Non sono riuscito a parlarne nella nostra Retrospettiva, ma so che è un “pezzo” molto importante per il GMP. Vuoi presentarlo e approfondirlo tu stesso?
JJ: Questo brano multimediale ha una chiara origine musicale. “How to keep the epileptic offals hibernated during perishable post-industrial society's endless summer cycles of production” è sostanzialmente una suite di musica dadaista del terzo millennio e le sue radici affondano nella volontà di rivisitare e reinterpretare le Cinque Sintesi Radiofoniche del maestro del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti. Quando ascoltai per la prima volta quest'opera ne rimasi folgorato per l'avanguardismo e perché anticipava di almeno vent'anni i primi campionamenti di un altro grande maestro della musica d'avanguardia, Karlheinz Stockhausen. Dal punto di vista filmico, questo cortometraggio è stato realizzato in modo molto istintivo (al contrario dell'ossatura principale di BTS-PO) e in senso lato si potrebbe dire che ha una valenza profondamente individualista, come la maggior parte delle nostre opere, ma anche socio-politica, nel senso pasoliniano del termine. E poi l'integrazione con gli stupendi assemblaggi di David è stata veramente totale e questo corto, ancor più che altri, rappresenta a pieno ritmo il nostro concetto di multimedialità sincretica di immagine, suono e parola portata agli estremi. Ma lascio ai vostri lettori ogni altra interpretazione, visto che abbiamo deciso di rendere liberamente fruibile in rete questo corto, anche se rimane collocato in una parte molto precisa (e circostanziata) di “Clam, Dolenter”.

MM: David, passiamo a te. Parlaci un po’ del tuo modus operandi. Come imposti il lavoro grafico? Aspetti gli input di base di James e lo sviluppo in bozza del lavoro o ti metti subito sotto già dalla nascita della “prima idea”?
David Bosch: Le opere del GMP sono molto complesse e richiedono tempi di realizzazione molto lunghi. In particolare sviluppano più storie in ambienti diversi con linguaggi espressivi molteplici e sempre nuovi.
Come avrete sicuramente apprezzato in C.D. e BTS-PO, per citare le opere più recenti, l’ambizione del progetto di conseguire e realizzare il concetto di arte totale fa sì che le sue storie ed i suoi pezzi artistico-multimediali si snodino ora in un edificio che va da un sotterraneo ad una mansarda, ora in una storia che si divide in due ambientazioni diverse ove a sua volta vengono sviluppate diverse storie nelle storie e si affrontano percorsi artistici variegati. Di pari passo, naturalmente anche il lavoro grafico, partendo da un’idea di base, segue un suo sviluppo in parte autonomo, in quanto anch’esso narra una sua storia, crea un proprio ambiente e nasconde un particolare enigma.
In qualche caso, pur essendo lo spirito del progetto univocamente multimediale per definizione, la parte grafica potrebbe anche sussistere come opera d’arte autonoma e quale “pezzo unico”, efficace da solo a raccontare suggestioni e suscitare emozioni. Ovviamente nell’economia delle nostre opere sono fondamentali l’ascolto dei brani e lo studio delle liriche di James, quale fonte di ispirazione del lavoro grafico.

MM: David, quello che stupisce dei tuoi disegni, oltreché la loro qualità, è il fondersi perfettamente con tutto il resto del corpus delle opere del GMP. E’ un qualcosa che esce dalla tua matita in modo fluido oppure lo studi a tavolino, in modo più “razionale”?
DB: Questa è una bella domanda cui non posso dare una risposta assoluta...Lo studio c'è stato sicuramente, così come la necessaria ricerca con i suoi schizzi preparatori e i suoi errori... ma devo dire che c'è anche tanto istinto che a volte rende efficace un’idea al primo colpo, uscendo in questo modo da una rigidità accademica che talvolta farebbe perdere l’immediatezza espressiva alle immagini e ai concetti che concepisco. Certamente il “mestiere” si deve notare se si vuol raggiungere un certo livello qualitativo ma è anche giusto trovare la corretta mediazione tra razionalità stilistica ed istinto espressivo.

MM: David, mai come in BTS-PO tutto l’immane mole di lavoro è ricaduta su te e James (nonostante la partecipazione di tantissimi collaboratori esterni). Quali sono, data la tua esperienza, i pro e i contro di lavorare soltanto in due?
DB: Un progetto ambizioso come il nostro richiederebbe anzi indubbiamente qualche aiuto in più, soprattutto per quel che riguarda la produzione in serie, l’attività di post-produzione, la promozione e la diffusione delle nostre opere in generale. Tuttavia, dal punto di vista meramente artistico, sento di aver raggiunto una simbiosi artistica con James tale da poter dire che a tutt’oggi il GMP siamo noi e solo noi. Spesso ci intendiamo al volo su concetti ed emozioni e questo ha reso molto più agevole il mio lavoro.