"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

30 mag 2018

RECENSIONE "ICONS OF THE NEW DAYS" (LORDS OF BLACK)



C’è voglia di entusiasmarsi nel ventunesimo secolo!

In ambito metal si cerca sempre la pietra miliare, la pietra filosofale, la pietra del nuovo sound e adesso nel power i Lords of Black cavalcano l’onda d’urto sui nostri cuori fragili. 

Dopo tanti falsi allarmi, siamo arrivati ad un nuovo gruppo che centra il bersaglio?

In seguito agli hype dell’ultimo ventennio, dal debutto degli Hammerfall, al fenomeno Avantasia e Rhapsody; dopo il fuoco fatuo dei Lost Horizon, tocca agli spagnoli Lords of Black candidarsi come rivelazione power del momento. Roland Grapow degli Helloween è il produttore, Ritchie Blackmore rafforza l’autostima del cantante portandolo in tour con lui, ma sono davvero i nuovi signorotti del power metal?

Il disco è encomiabile per ispirazione e mix di influenze dai nomi sacri del genere, ma forse proprio il cantante è la marcia in più che cerca di ereditare la grinta di Dio, Jorn e Halford. Gli ingredienti ci sono e ben mescolati, personalità quanto basta e il gioco riesce.

Un tocco di Primal Fear ai quali aggiungiamo la lunga suite in salsa maideniana, qualche passaggio di classico heavy e una carica non innovativa, ma apparentemente genuina. 

Con la puzza sotto il naso accetto la sfida e salgo sul carro dei vincitori; salgo con sospetto, ma ci vado anche io. Come quando una ragazza ti invita ad un aperitivo, non puoi non accettare anche se senti odore di agguato, ma lei si presenta e la trovi simpatica oltre che bella. Così approccio le note di questo disco, felice e reticente al contempo.

Sanno tracciare le coordinate giuste e la voce riporta di attualità la nostalgia verso Ronnie James Dio (non a caso Ronnie Romero è anche il cantante di ciò che resta oggi dei Rainbow); dopo due album "buoni" gli spagnoli trovano la consacrazione; forse la reperiscono a tavolino con calcoli accurati, però ce l’hanno!

“Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi” diceva una celebre frase di Bertold Brecht, così è fortunato quel genere che non ha bisogno di esaltarsi a casaccio per un album come questo.

In definitiva: può essere che il power sia un genere agonizzante e che sia lo spirito dei Signori Neri a salvarlo? Il problema siamo noi che non possiamo sederci a fumare una sigaretta senza pensare all’assoluto, senza riflettere sulla completezza musicale. Sembra tutto così semplice per indovinare la formula, ma perché non riescono a farlo tutti nel power? È questa la domanda su cui dibattere; è un genere bastardo perché ha un confine sottile dove passa la piatta ripetizione o il capolavoro.

I Lords of Black oggi ce l’hanno fatta a stare dalla parte giusta, ma domani? Domani sappiamo già che naufragheranno nel silenzio anonimo e per questo che ce li godiamo oggi, perché del futuro non c’è certezza, o meglio questa volta sappiamo per certo che spariranno nel nulla dopo un buon disco come “Icons of The new days”.

Voto: 7.5

Canzone top: “All I have left”

Momento top: la partenza di “World Gone Mad” 

Canzone flop: “Edge of The Blade” 

Dati: anno 2018, 12 canzoni, 61 minuti 

Etichetta: Frontiers Records