"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

8 lug 2020

VIAGGIO NEL METAL ASIATICO: "SIRIAN METAL IS WAR"



Ci tenevo ad arrivare alla Siria, terra ricca di metal prima e durante questa guerra che la sta affliggendo. Parto da un documentario dal titolo "Syrian metal is war", che non sembra però portare avanti un concetto alla Nargaroth ("Black metal ist Krieg"), ma racconta lo stato di sospensione dei destini nelle città bersagliate da missili e colpi di mortaio. I gruppi metal continuano a esistere e produrre, ma la scena intesa come aggregazione è ovviamente quasi totalmente impedita.

Eppure, ci spiega un metallaro siriano, è importante continuare a suonare. Qui mi aspettavo un'idea del tipo "la musica forse contribuirà alla pace", e la temevo anche. Per fortuna no, non è questo che il nostro ci vuole dire. Allora mi aspetto che argomenti qualcosa del tipo "anche sotto le macerie noi continuiamo a sognare", ma non dice neanche questo in sostanza. Perché suonare il metal in Siria durante la guerra? Beh, perché si rischia che la Siria sia ricordata ormai solo per la guerra, e invece si deve continuare a parlare anche della scena metal siriana. Se ci pensate, non è in fondo dissimile dal concetto precedente, cioè che si continui a sognare con la musica anche tra le rovine. E' come dire che, se il mondo si occupa di distruggere una nazione, e di documentare questa distruzione con i mass media, l'uomo metallico si occupa di sognare, e quindi lo fa a maggior ragione durante una guerra. Il metal siriano è guerra. Una guerra contro la realtà, quando non hai molta scelta tra un'esplosione e l'altra. Come dicevano gli Helloween siamo maghi che combattono con i loro incantesimi.

E quindi mentre infuria la battaglia epocale, che anche Nostradamus predisse, tra lo Stato Islamico e il mondo libero, un manipolo di siriani si preoccupa che la scena metal non vada a puttane solo per questo. Forse si può capire meglio la cosa pensando che lo sviluppo di un metal di qualità mediamente elevata coincide poi esistenzialmente con la gioventù di una generazione di metallari siriani che si ritrovano contemporaneamente in pieno metal e in piena guerra.

Quale migliore emblema di questo metal sognante degli Abiderethein, che prendono il tema della Ninna Nanna di Brahms e ne fanno un riff di death (neanche troppo) melodico, nel brano dal titolo "Marvel of Faith / The sun and the moon". Abidetherin significa, in sostanza "e bruceranno per sempre all'inferno", un'espressione che nel corano è riferita al destino degli infedeli. Essi quindi fanno eco al bentoniano "In hell I burn". Dedicano il loro singolo a tutti coloro che sono detenuti "specie nei paesi arabi" per reati d'opinione con particolare riferimento all'islamizzazione dello stato. La batteria elettronica assume connotati umani d'incazzatura, nonostante sia metronomica, e le chitarre hanno un che di tagliente, Paganiniano. "Oscenità" (curiosissimo titolo in italiano) inizia proprio come un capriccio del nostro violinista. Autori di un album e di un singolo, suonano una specie di death-black, sia in musica che nei testi, con piglio frenetico e romantico.

Pur essendoci death di ogni ordine e grado, ci accorgiamo subito che in Siria le vette sono tutte accomunate da una tendenza progressiva. Progressione parametallica o intrametallica che sia, i Siriani sono inquieti e sono particolarmente interessanti quando spaziano tra i vari generi, le varie ritmiche, con un che di saltellante come costante stilistica.
Veniamo quindi a citare i Maysaloon, con il loro metal che incede in maniera intenzionale e mutevole tra doom, classic, e thrash-death, auto-inoculandosi metal. A differenza del connubio melodic death, qui si arretra ancora di più verso i generi primari, e quindi la forchetta della varietà si allarga. La guida chitarristica ne è il perno metallico fondamentale. Il nome (Maysaloon) di sapore western, fa invece riferimento alla battaglia di Maysalun, in cui le armate monarchiche siriane che avevano sottratto Damasco ai turchi furono sopraffatte da quelle francesi.

Opera secondo questa logica anche il guitar-hero Dani Dark, di cui proponiamo "Myth Rebirth", suite di 15', simile per certi versi ai primi Rising Force di Malmsteen, che tentavano di fare davvero della musica neoclassica centrata sulla chitarra.

Perdoniamo ai siriani i soliti titoli in latino inesistente, tipo "La Pacta Daemonum" degli Absentation, la cui esegesi rimane sospeso tra il solito "patto demoniaco" e la più intrigante "patta dei demoni". Nel complesso è buona la scelta thrash-death, con i Netherion e i Basher of Thoughts, così come corposa la produzione doom (Buried by the Last tragedy, Psychiatric Delusions) e perfino il metal classico esprime un gruppo (Hourglass) che ha nel metal power-teatrale-sinfonico alla Savatage il suo modello.

A questo punto ci giochiamo la carta black, ideologicamente anticipata dagli Abidetherin, almeno in senso anti-islamico. Eulen, Theoria, Chained, Blackspell. Colpisce l'ottimismo di alcuni testi naturalistici, solo apparentemente depressive: "Uomini che camminano come ombre pallide, l'Autunno fa cadere le loro foglie, venti furiosi le spazzano via / La neve ha gelato il grande fiume di sangue, le grida di dolore e la sofferenza che non raggiunse gli orecchi di alcuno / l'eco che indulge è un'illusione reale, una tempesta di terra ammuffita per uccidere gli dei / Sepolto il Paradiso nel suolo, la conchiglia di luna che adoro, i dispiaceri ormai mi sono lontani / Piange il mondo con le mani legate / La nascita dell'uomo – Il suicidio di Dio."

Slanci di progettualità anche in condizioni sfavorevoli, come in "Dune": "Luce scarlatta mi riscalda il volto / mari infiniti spazzati dal vento / L'ombra del cactus, i rettili che strisciano per restar vicini alla vita / Vorrei che tu fossi qui con me, per vivere le nostre vite nella tristezza" - Un invito allettante. Magari un'altra volta.

E infine allegorie di non poco conto, come in "Ancient soul misery", in cui si afferma "coloro che non osano ascendere la montagna (del dolore, nda), marciranno nelle fosse più profonde". Non è chiaro dove si stia meglio, ma il concetto invece è ben reso: la via del dolore come passaggio per l'ascensione spirituale.
Nel complesso, un black simile a quelle creature del deserto che non si sa se fanno più paura quando le temi, nascoste in tane invisibili, o quando le incontri nelle loro rare uscite. Che canta l'assenza (gli Eulen con i loro echi burzumiani), così come la presenza furiosa (Theoria).

Cosa rimarrà della Siria nella storia? La guerra o il metal? Noi non ci occupiamo di geopolitica, e quindi ci limitiamo, come vorrebbero i metallari siriani, a raccontare che mentre le bombe distruggono Aleppo e Damasco, e non rimane in piedi un solo posto dove poter suonare in pace e sicurezza della musica, la produzione metal fiorisce come un rampicante sulle rovine.

A cura del Dottore

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