Meno male che c’e Mare Cognitum a riportarci nello spazio. Troppo “terrestri” siamo stati fino ad adesso, con le altre puntate della nostra rassegna sullo zodiaco imperniate più che altro sulle caratteristiche umane e psicologiche attribuite ai vari segni.
Qua invece si vola alto, altissimo! Prossima fermata: il primo punto dell’Ariete...
Torno a parlare volentieri di Mare Cognitum a poco più di un anno dall’uscita dell’ottimo “Wanderers: Astronomy of the Nine”, bel doppio album scritto e realizzato a quattro mani con il compagno di merende Spectral Lore. Mi ricordo bene quell’album perché fu il primo che ascoltai con sufficiente tranquillità dopo la nascita di mio figlio.
Come tutti i neo-genitori la cui esistenza viene sconvolta dall’avvento del primo figlio, pure il sottoscritto si è ritrovato di colpo in una dimensione caotica fatta di mancanza di sonno e di impegni incalzanti: un annebbiamento mentale in cui gli automatismi interiori sembrano prevalere sui processi mentali coscienti. Era anche l’inizio della fase acuta della pandemia: lockdown, home-working, una condizione di isolamento sospesa fra sogno e (dura) realtà. Con tutte le dimensioni della vita spalmate in pochi metri quadrati e il tempo iper-compresso fra responsabilità inedite e problem solving pressante, mantenere la lucidità mentale non è stato semplice, ma ancora più difficile è stato trovare un momento per se stessi. Ma superato il caos ingovernabile dei primi giorni, raggiunto il bimbo una sorta di vaga regolarità nelle esigenze vitali, certe parentesi pomeridiane di relativa calma hanno coinciso con la possibilità di inforcare un paio di cuffie e sostare al pc, sempre pronto a reagire al primo segnale di “allarme”.
La premiata ditta Spectral Lore/Mare Cognitum fu la prima mano amica: la loro musica, un portale attraverso cui riuscii ad evadere dalle complicazioni della mia esistenza di allora per poter accedere in luoghi ampi e ristoratori. In quell’opera si parlava dei pianeti del sistema solare e il potere estraniante di quella musica era tale che per davvero ti sentivi anni luce lontano dai tuoi guai.
Ad un anno di distanza, la pandemia è ancora fra di noi (chi l’avrebbe detto, allora) e certo un’escursione tra le stelle con Jacob Buczarski non si nega nemmeno a questo giro. Si parla di Ariete, l'avrete capito. Peraltro questo è il segno zodiacale di mio figlio, il cui primo compleanno ricade proprio oggi. E quale miglior modo per festeggiarlo se non parlando del sublime atmospheric black metal di Mare Cognitum?
Facciamo un passo indietro e torniamo al 2016, anno di uscita di “Luminiferous Aether", in cui è inclusa la qui presente “The First Point of Aries”. Due parole di presentazione su quello che è stato il quarto full-lengh del progetto: dei cinque brani in scaletta, solo la bellissima opener “Heliacal Rising” (che funge da introduzione) si abbandona a tempi pacati ed alle dilatazioni sonore di certo shoegaze. I quatto brani rimanenti, invece, parlano il linguaggio di un impetuoso black metal che non ammette grandi pause riflessive, dove la vera mattatrice è la chitarra solista: fluida, fantasiosa e sorretta da una tecnica esecutiva ben al di sopra della media delle misantropiche one-man band in circolazione. Al termine dei cinquanta minuti di ascolto, mente e fisico saranno messi a dura prova, questo è certo: forse troppe sono le intuizioni melodiche e l’intensità messe in ogni singolo giro di orologio. E se il Nostro ama indugiare sugli stessi stilemi, spaziando relativamente poco a livello di modalità espressive, lo scusiamo per il suo invidiabile talento compositivo.
Ma torniamo a noi: non è semplice descrivere i nove minuti e mezzo di “The First Point of Aries”, la cui forza sta nel dinamismo melodico, grazie a più linee di chitarra che si inseguono in prodigiosi duelli e spavaldi tappeti di tastiere in sottofondo. Il tour de force è estenuante, con un wall of sound imponente e ritmiche che non mollano l’osso per un istante: la drum-machine, caricata a velocità disumana, ingessa lievemente l'intraprendenza della scrittura, ma c'è da dire che le basi ritmiche sono pianificate con grande perizia, risultando efficaci nel rimarcare i molteplici sviluppi del brano. Solo nei minuti finali si avrà una decelerazione, senza tuttavia che le trame melodiche, poi destinate a sfumare in un'epica dissolvenza, ne vengano stravolte. Un impeto visionario, quello che anima il brano, che diviene strettamente funzionale a quei concept mistico-astronomici che rimangono prerogativa del progetto.
Come si diceva in principio, infatti, Mare Cognitum ci porta dall’astrologia all’astronomia. “Il primo punto dell’Ariete”, conosciuto anche come punto vernale, è il punto in cui si trova il Sole durante l’equinozio di primavera, ossia quando la stella, descrivendo l’eclittica, passa dall’emisfero australe a quello boreale, sancendo l’inizio della primavera astronomica. Ora, avendo a che fare con uno come Jacob Buczarski, che ha impostato l’intera carriera su tematiche astronomiche o mistico-astronomiche, si ha sempre il dubbio che ne sappia a palate oppure che scazzi alla grande. Il testo di “The First Point of Aries” è per lo più di carattere descrittivo, non fa trapelare grandi nozioni sull’argomento, cosa che confermerebbe la seconda ipotesi, ma ciò non toglie che le liriche si rivelino di grande fascino, se associate alla musica.
Meglio dunque lasciar perdere tutta la faccenda astronomica (di cui sono grandemente ignorante) e pure tutta la manfrina mitologica (al segno dell’Ariete si lega una lunga storia, che in verità mi ha fatto sbadigliare alla seconda riga) e abbandoniamoci alle sensazioni suscitate dalla sola musica. Se fossi stato nella mia vita precedente, mi sarei sdraiato al buio, indossando un paio di comode cuffie e mi sarei sparato il brano in preda a sublimi visioni interstellari. Anche nella mia più complicata esistenza di adesso, il brano è tuttavia capace di darmi grandi emozioni: in particolare mi affascina l’idea, del tutto astratta, di trovarmi in un luogo simbolico dell’Universo, dove il Sole, come in una incredibile epifania, si manifesta, splendente, il primo giorno di primavera.
Tutto l’album, in verità, sembra essere dedicato alla luce (a partire dalla sopra menzionata opener, che si avventa su di noi con il bagliore stupefacente dei primi fasci di luce dell’alba). Il sound stesso di Mare Cognitum ha un che di luminoso: una luce strana, irreale, come quella che irradia una stella nel buio dello spazio, esperienza che non ho mai vissuto direttamente, ma che amo immaginare con connotati magici, se non mistici.
A tal proposito, colpisce in particolare un passaggio nel testo, quello in cui si dice, in modo quasi estemporaneo:
The first point of Aries
The first point of Aries
A moment of bliss
An inexorable calm
In fire that burned
For thousands of year
Revealed within
A peak that was insurmountable
The mirror is found
And reflects the soul
To only be shattered
ricordandomi le belle liriche che Marco Foddis scriveva per i Pestilence. A convincere è proprio l’immagine in sé: quella di uno specchio fluttuante nel vuoto delle vastità siderali che riflette l’anima, ma solo per essere frantumato. Come se l’impeto volto ad una conoscenza suprema (la propria anima, se stessi, tutti noi in un’ottica jungiana) venisse frustrato in origine, dopo aver accarezzato tale chimera per un fuggitivo istante (la riflessione nello specchio).
Queste nostre sensazioni verrebbero corroborate dal fatto che il primo punto dell’Ariete è cruciale in astronomia ai fini della determinazione della posizione degli astri, in quanto da esso passa il meridiano celeste, venendo a costituire il punto di riferimento per la lettura della volta celeste. Un “luogo di conoscenza”, quindi, ma non mi spingerei oltre con le interpretazioni, visto che con personaggi come Buczarski, si diceva, si corre il rischio della suggestione fine a se stessa. Devo comunque ammettere che questo tipo di mitologia cosmica mi ha sempre attratto: bello averla ritrovata in un brano che evoca la maestosità dei primi Emperor.
Non pago, mi vado ad ascoltare l’ultimo parto discografico di Mare Cognitum, “Solar Paroxysm”, uscito di recente: altri cinque tracce-monstre per più di cinquanta minuti di fumante atmospheric black metal, questa volta incentrato sulla fine prossima del nostro pianeta. Mi lecco i baffi al pensiero…