"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

16 gen 2022

I MIGLIORI ALBUM DI ATMOSPHERIC BLACK METAL - ELDAMAR: "THE FORCE OF THE ANCIENT LAND" (2016)



L’idea di questa appendice muove dall’intenzione di non voler escludere realtà significative nel panorama dell’atmospheric black metal che non hanno trovato spazio nella nostra personale top-ten. Il black metal atmosferico si è rivelato infatti un bacino più grande del previsto, ricco di titoli di qualità, nonostante la tanta merda presente a causa della falsa leggenda secondo cui "qualunque stronzo, meglio se da solo, può suonare atmospheric black metal" (e da qui il proliferare di progetti in ogni angolo del globo, con esiti non sempre entusiasmanti). 

Dopo aver fatto il giro del mondo torniamo laddove tutto era originato, ossia in Norvegia. E lo facciamo con gli Eldamar: un nome giovane, ma già capace, con solo due album all'attivo, di catturare la quintessenza del genere. Al pari dei russi Elderwind, di cui abbiamo già avuto modo di parlare, gli Eldamar rappresentano il lato più melodico e sognante della variante atmosferica del black metal. Si facciano dunque avanti gli appassionati di paesaggi incantati ed ambientazioni fantasy! 

Un progetto giovane, si diceva, dove alla guida troviamo un giovanissimo Mathias Hemmingby, classe 1996 (proprio l’anno di pubblicazione di “Filosofem” - sarà una coincidenza?). 

Il Nostro, come da tradizione, si fa carico di tutti gli strumenti. Qualche dubbio sul fatto che sia veramente solo viene per la presenza imperante di una angelica voce femminile che imperversa in lungo e in largo nella sua musica. Dubbi che verranno stronzamente fugati da parte del diretto interessato, il quale, intervistato, chiarisce di essere assolutamente da solo nel progetto, occupandosi di voce, chitarra, basso, tastiere e programmazione della drum-machine. Tutto il resto -  conclude - è fatto con il computer. E a noi non resta che convenire che i volteggi canori di questa misteriosa fanciulla non provengano da una cantante in carne ed ossa, ma che vi sia dietro qualche artifizio tecnologico (cosa in effetti confermata dalla ricorsività delle linee vocali e dal timbro assai costante, troppo costante per essere umano). 

Al di là della resa finale, veramente molto buona, questa scelta risulta provvidenziale nel momento in cui si presta attenzione alla voce (voce?) di Mathias: un rantolo inconsistente spesso coperto dagli altri strumenti - veramente poca cosa nell’economia complessiva del suono, tanto che se si fosse trattato di musica strumentale, poco o nulla sarebbe cambiato. 

La formula degli Eldamar è dunque presto detta: giri di tastiere a condurre le danze, linee di chitarra assai lineari ad impolpare il sound e suggestivi intrecci canori fra screaming e voce femminile. 

Si diceva Norvegia, e certo i primi istanti di “Spirit of the North”, l'opener, rievocano il fantasma di Burzum, quello più ambient, con un giro di tastiere che sembra uscire direttamente da “Filosofem”. “Spirit of the North” ci introduce dunque nel migliore dei modi in “The Force of the Ancient Land”, bel debutto targato 2016: un album che colpisce fin dalla iconica copertina (un quadro del pittore paesaggista Albert Bierstadt) che cattura alla perfezione la maestosità e il potere evocativo di questa musica. 

Premi play ed è subito magia: le atmosfere tessute in modo semplice ed efficace dal Nostro catturano facilmente il cuore dell'ascoltatore in un’abile alternanza di tastiere, riff di chitarra e voce femminile, il tutto comandato dai battiti lenti della drum-machine. Le ritmiche, nella loro semplicità, variano spesso, conferendo il giusto dinamismo alla composizione. 

Pesca un minuto a caso e rimarrai sempre deliziato con un sound maestoso e pittoresco. Il problema semmai è l’abuso di questo tipo di suono, l’impressione che si tirino le cose troppo per le lunghe. Ed infatti, dopo un po’ che lo stesso giochetto si ripete (pausa / giro di tastiera / attacco di chitarra e voce femminile), ci si rende conto che il brano dura quattordici minuti: decisamente troppi rispetto alla quantità effettiva di idee messe in campo. 

Lungo i settantaquattro minuti di durata dell’album (con quattro brani su otto che viaggiano tranquillamente sopra i dieci minuti), l’ascoltatore si ritroverà continuamente sospinto  fra esaltazione e perplessità, irretito da un lato dalle bellissime trame melodiche, respinto dall'altro dalla prolissa reiterazione delle stesse. "The Force of the Ancient Land", in definitiva, è come il salame: ovunque lo affetti è uguale, che ci si trovi all’inizio o alla fine di un lungo brano o nel bel mezzo di un breve interludio. 

Ma di là di questo aspetto, colui che è avvezzo a tali sonorità non si troverà affatto a disagio, trovando nella musica degli Eldamar un riuscito punto di incontro fra Burzum e Summoning. Con questi ultimi si condivide inoltre la passione per Tolkien, da cui i testi traggono ispirazione: lo stesso monicker Eldamar viene tratto dalla letteratura tolkieniana, riferendosi alla Terra degli Elfi. E il black metal “elfico degli Eldamar non mancherà certo di fare la gioia degli appassionati di quel black metal che, senza tradire il suo carattere estremo, sa farsi gentile, carezzevole, misterioso, evocativo. 

“The Force of the Ancient Land”, in definitiva, è un titolo che non può mancare nella collezione di ogni aficionado del black metal atmosferico. Seguirà, l’anno successivo, l’altrettanto valido “A Dark Forgotten Past” (2017), con il quale si cercherà di ovviare ad alcuni dei difetti sopra elencati con una durata complessiva più contenuta e brani più asciutti, agili, concreti nel loro sviluppo e meno dispersivi. Uno sforzo compositivo che, tuttavia, non devia in nulla dal tracciato già inciso dal bellissimo debutto, che rimane il miglior sentiero per accedere all'universo incantato degli Eldamar.