Viaggio nel metal 'tolkieniano' - 6) KHAZADDUM - "Plagues Upon Arda" (2017)
“[…] splendidi erano i saloni
dalle mille colonne a Khazad-dûm nei Tempi Remoti prima della caduta dei
potenti re della roccia profonda»." (Galadriel, “Il Signore degli
Anelli”, libro II, cap. VII)
Nelle prime cinque puntate
della nostra Rassegna abbiamo toccato diversi argomenti tramite gli album di cinque
band stilisticamente molto diverse tra loro, tutte provenienti da paesi
differenti (Austria, Cile, Francia, Serbia e Polonia).
E per questa sesta sezione, inizio della seconda metà del “viaggio” di Metal Mirror nel metal ‘tolkieniano’, continuiamo coerentemente questa tendenza: si cambia argomento, genere metallico e paese. La ‘combo’ prescelta sarà pertanto: Nani/(brutal) death/Stati Uniti.
Partiamo, come sempre dal monicker della band del Wisconsin: Khazaddum è una versione semplificata, e scorretta (ma di band con la grafìa corretta già ne esistevano e quindi si è dovuto fare di necessità virtù…) di Khazad-dûm, che in lingua nanica sta a significare saloni dei Nani. Forse i nostri lettori conosceranno meglio questa mitica roccaforte sotterranea con la più nota locuzione Le miniere di Moria (il cambio del nome, come sempre in Tolkien, porta con sè una motivazione collegata a degli avvenimenti).
La razza nanica è fondamentale
nel Legendarium tolkieniano. Perché rappresenta un unicum. Si, la
loro esistenza, infatti, non è stata voluta da Eru Ilúvatar, il Dio Creatore,
come accaduto per i Valar stessi, gli Elfi e gli Uomini, e non era prevista
all’interno della Musica creatrice. No, i Nani sono opera di uno degli Ainur, cioè uno dei Valar più potenti:
il vala Aulë.
Nella sezione del Silmarillion
dedicata all’enunciazione/descrizione dei Valar (il Valaquenta),
Tolkien lo descrive con queste parole: “Egli (i.e Aulë, N.d.R.) è
un fabbro maestro di tutti i mestieri, e trae diletto da lavori di abilità,
ancorché minuti, non meno che dalla possente edificazione d'un tempo. Sue
sono le gemme che giacciono nel profondo della Terra, suo l'oro bello da tenere
in mano, non meno delle pareti dei monti e dei bacini dei mari“.
Aulë, ansioso di insegnare la sua
arte creatrice a degli allievi, creò, o per meglio dire subcreò, i Nani. Eru fu inizialmente indispettito
da questa disobbedienza, dettata da apparente superbia, ma ne capì presto la
buona fede; ricevette infatti le commoventi spiegazioni dell’ainu: “Desideravo qualcosa di
diverso da me, per amarle e istruirle così che potessero percepire la bellezza
di Eä. Mi è parso infatti
che in Arda vi sia molto spazio per molte creature che in esse possano gioire
eppure che sia per la maggior parte ancora vuota e sorda”.
Eru decise così di acconsentire a
infonder loro la vita; unico, il Dio creatore, a poterlo fare in quanto dotato,
come abbiamo già avuto modo di sottolineare, della Fiamma Imperitura. L’unica
condizione posta fu che i Nani si sarebbero risvegliati soltanto dopo i
Primogeniti (cioè gli Elfi). Fu così che i sette Padri dei Nani (da cui
derivarono poi le sette stirpi naniche) vennero portati in sette angoli del
mondo e lì lasciati ad aspettare, in una sorta di sonno indotto. Sarebbero
diventati, come stabilito, la terza razza a camminare in
Arda (dopo i Valar e, appunto, gli Elfi).
Vediamo come la descrive Tolkien:
"Sono una razza per lo più robusta e resistente, segreta, laboriosa,
fedele ai ricordi del male (e del bene) ricevuto, amante della roccia, delle
gemme, delle cose che prendono forma nelle mani degli artigiani più che di ciò
che vive di una vita propria”.
(“Il Signore degli Anelli”, Appendice F, "Popoli e Lingue della
Terza Era").
I Khazaddum sembrano descrivere con
il loro brutal death tecnico e vario, innervato da intarsi di tastiera mai
invasiva, ma che dà spessore e profondità al sound complessivo, le
caratteristiche precipue dei Nani su riportate: la loro forza, robustezza,
laboriosità. E non è un caso che le piaghe su Arda del titolo
dell’album (ad oggi unico full lenght partorito dalla band) facciano
riferimento alle oscure minacce contro cui i Nani, volenti o nolenti, dovettero
confrontarsi: dall’istar traditore, Saruman (“Lord of Isengard”) alla
maledizione dell’Unico Anello, sotto il cui potere anche i re dei Nani caddero
(“The Fell Rider’s Scourge”); fino ad arrivare, ovviamente, a Sauron, qui, con
finezza, chiamato con l’appellativo sindarin Gorthaur (“The Black Hand of Gorthaur”). Pregevole la chiosa
dell’album, “Oathbreaker’s Curse”, impreziosita dalle succitate tastiere che si
fondono efficacemente nello scheletro death. La canzone celebra la chiamata
alle armi dell’Esercito dei Morti, evocato da Aragorn perché aiutassero l’Ultima
Alleanza, formata da Uomini, Elfi e Nani, nella battaglia finale contro le orde
di Sauron.
La morte, avvenuta a fine 2020,
causa tumore ai polmoni, del bassista Tony Cannizzaro, ha probabilmente frenato
i Khazaddum che, pur non ufficialmente sciolti, sono in fase di stallo da
parecchi anni. Per chi scrive, sono stati una piacevole scoperta: seppur
chiaramente ispirati a maestri del filone, Nile e Suffocation in primis, la
band di Milwaukee è capace, in modo personale, di rendere coinvolgente e
accessibile, in questo buonissimo “Plagues Upon Arda”, un genere ostico come il
brutal, non annoiando mai per tutti i 37’ di durata del platter.
Ai fini della nostra Rassegna sono
altresì importanti per ricordare uno dei temi più rilevanti della poetica
tolkieniana: e cioè come il Professore considerasse la (sub)creazione artistica
come un segno dell’amore dell’uomo che va oltre se stesso. L’esistenza dei
Nani attinge proprio a questo nobile sentimento che potremmo definire con
l’espressione “creare per amore”.
Come uno Scrittore per le proprie Storie.
Come Aulë per i Nani.
Come i genitori per i propri figli.
A cura di Morningrise
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