"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

23 apr 2017

MAI DIRE REUNION - II POSIZIONE : L'ESSENZA DI IOMMI - INTRODUZIONE AI BLACK SABBATH



Black Sabbath. Non ho imbarazzo a parlare di questa istituzione del metal, anche perché inizio il mio viaggio nel metal in un'epoca in cui già i BS non erano imprescindibili come attualità. Il mio alfa metallico erano la triade Metallica-Iron Maiden-AC/DC, miscuglio eterogeneo ma all'epoca punta dell'iceberg commerciale del metal.

Ma chi sono storicamente i BS? Il primo gruppo metal, cioè i primi che vollero fare musica fuori dal coro dell'apertura “progressiva” del rock settantiano. E' necessario precisare. Esistono filoni progressivi (lasciando perdere il significato di “progressivo” come “prog anni 70”), in cui la ricerca
stilistica è aperta, non è preoccupata di esprimere alcunché di preciso, né affezionata a nessuna matrice precedente. Soprattutto, è tesa positivamente verso un futuro diverso e migliore. Ci sono invece momenti in cui si vedono artisti “imboccare” dei filoni e assumere un atteggiamento creativo più chiuso, di sviluppo di un sentimento, di una suggestione, ma sempre entro determinati paletti. Lì si creano i generi, o quantomeno gli stili individuali da cui poi possono originare i generi. Si perde l'idea di un futuro positivo, c'è una curiosità che si ritorce verso l'interno.

I Sabbath nacquero dal magma progressive ma furono una colata che poi proseguì lungo lo stesso versante del vulcano, lungo una linea che è necessariamente “a finire”, e rientra nello spessore della roccia.
Un mio amico che amava alla follia il prog e l'hard rock settantiano disse che, dei grandi nomi rock pre-metal, i Sabbath erano quelli che meno trovava interessanti. Più limitati insomma, e anche più sputtanati nel volersi proporre come sulfurei, ammantati di un alone esoterico. Erano anche quelli meno virtuosi in termini di tecnica, voleva insinuare. E qui iniziarono a incuriosirmi, ma feci un errore filologico che poi risultò essere la chiave della mia visione dei Sabbath: non iniziai con i dischi originali, ma con il live di Ozzy “Speak of the devil”, composto interamente da brani dei Sabbath su cui manteneva dei diritti. Perché Ozzy col pipistrello in bocca ispirava fiducia, professionalità; quei tipi dalle copertine talora psichedeliche, una addirittura obbrobriosa con uno in calzamaglia rossa, erano decisamente sospetti. E se quel disco è (come è) uno dei dischi migliori che abbia ascoltato, allora però di preciso a che serviva Tony Iommi? Perché se esiste una continuità legata al nome BS è la sua, e non quella della formazione originale, che copre solo i primi anni, non importa se i più gloriosi o originali. In altre parole, l'essenza dei BS come si definisce al netto di Ozzy, e in base a questo che senso si può dare a “13”? E' una re-union dei Sabbath, e buttiamo via tutto quello che sta nel mezzo, o è una reunion del nucleo storico?

Per capire meglio Iommi mi convinsi a prendere i dischi nuovi, ovvero “Headless Cross” e “Tyr”, trainato da un brano di apertura dal riff accattivante con tanto di video. Se volete subito spiegare la differenza tra hard rock e metal, basta far sentire l'orrido riff di "Smoke on the Water" dei Deep Purple accanto a quello sinistro di "Headless Cross". Semplici, scarni, vibranti, carichi, ma due mondi diversi (progressivo contro regressivo). Sia quel disco che il successivo ("Tyr"), con Tony Martin alla voce, sono bei lavori che però identifico molto con lo stile vocale e compositivo, allineato con un metal classico generico, power-epic. Bene, pensai, ora conosco anche Tony Martin, ma resta lo stesso problema: Iommi chi diavolo è? Similitudini tra quei dischi e quelli di Ozzy non emergono, non escludo che analizzando il pentagramma salti fuori qualcosa, certamente non un marchio di fabbrica evidente.
Però, pensai, facciamo la prova finale. Ascoltiamo questo “Heaven and hell” che tutti osannano. Metal classico, per me niente di sensazionale, ma il problema è forse un altro, e l'ho scoperto riascoltandolo per l'occasione. E' molto più godibile se si fa finta che sia un disco di RJ Dio. Se ti sintonizzi mentalmente su “Holy Diver” il disco prende subito forma, mentre se ti sintonizzi sui BS no.
E allora ecco la rivelazione... Iommi è un camaleonte, è tutt'altro che una costante riconoscibile attraverso epoche diverse tra di loro. Il fatto è che siamo troppo abituati al recensore medio, che si aggrappa troppo a queste certezze verosimili, e poi ci si trova in confusione. L'inconfondibile marchio dei Sabbath, la firma dei Sabbath sui riff, e segate del genere.

Iommi è un metal-nauta, prende le forme della creatura del momento. Se volete ascoltare qualcosa che somigli ai BS del periodo Ozzy, ci sono alcuni cloni di quel suono, tipo i Count Raven, oltre che Ozzy stesso, lui veramente uguale a se stesso, come una maledizione.
La maledizione di Iommi è un'altra, e in questo sta il vero connotato sulfureo dei BS: scompare dietro ogni maschera. Ed è un bene, visto che più passa il tempo e più somiglia a un incrocio tra un picciotto dei Corleone e Joe Spinell in “Maniac”.

Si dice che il diavolo, nella sua vera essenza, sia colui che non ti fa sospettare della sua esistenza, e anzi ti convince che non esiste. Se è così, Iommi ne è l'incarnazione perfetta. Tutto quello che fa e che determina è innegabile, eppure sono qui a scrivere che non mi capacito che sia proprio opera sua, visto che ogni volta pare un'identità diversa. E non parliamo di uno sperimentalista, che cambia genere ma rimane identificabile in ogni sua declinazione. Il reciproco: parliamo di uno che si fossilizza sul metal, eppure non è mai uguale a se stesso. Iommi si annulla per noi, prende su di sé i nostri peccati e li annulla. Sacrifica il suo protagonismo, e solo quello potrà fare, come un ciclope musicale che ha un campo visivo limitato, ma di quello è padrone per sempre. E' in sé una sintesi di un angelo e di un demone. Niente di sulfureo, quindi, forse di esoterico.

Vero che Iommi fu colui che, per riprendere l'inquadramento iniziale, deviò dal sentiero rock/progressive per regredire e rallentare, in barba ad ogni regola fino ad allora conosciuta. Un angelo ribelle che imboccò artisticamente una via della mano sinistra e si spostò in una terra brulla e inesplorata, oltre che ritenuta “inferiore”, il metal. Fin qui una figura demoniaca, luciferina, che ha in sé anche il sacrificio e la grandezza di un martire costruttivo però. Come è noto Iommi perse due falangi della destra, il che gli rese impossibile stringere lo strumento e premere sulle corde, a meno di non servirsi di protesi gommose e, se le dita non andavano verso la chitarra, a portare la chitarra verso le dita, rendendola più arrendevole alla pressione. Iommi quindi impose il proprio handicap delle falangi amputate alla chitarra, variandone l'impostazione per poterla ancora comandare. Le falangi fantasma divennero un suono nuovo, un po' per necessità e un po' per inclinazione. Artisticamente centrale, ma altruista, che suona per far spiccare i solisti.

Quando è che questo nodo viene al pettine? Quando Iommi rimane da solo, e sopravvive con “Seventh star”, un disco accreditato ai “Black Sabbath featuring Tony Iommi”, un'espressione infelice che avrebbe dissuaso il più sprovveduto dei metallari dall'acquisto del disco. Il vero imbarazzo non avrebbe dovuto essere quello di dire che Iommi era l'unico rimasto a reggere la bandiera dei Sabbath, ma il fatto che il solo Iommi era una specie di ectoplasma, uno di quegli esseri lovecraftiani, tentacolari e amorfi che si muovono goffi ma sfuggenti nelle profondità. Il solo Iommi è un ologramma, una funzione di una variabile dipendente, che però si esprime solo rispetto al metal. Iommi = Metal elevato a n, dove n è la formazione di turno.

Iommi si realizza quando può fare il burattinaio di altri, in questo portando a compimento non se stesso, ma i personaggi in questione. In teoria ogni artista metal potrebbe unirsi ai Black Sabbath e farci un disco, che poi dovrebbe essere venduto come Black Sabbath “featuring” ….Dio, Tony Martin, e così via. Arrivando ai giorni nostri, purtroppo non ci configura alcuna reunion, poiché non possibile: sono i Black Sabbath “featuring” Ozzy Osbourne. Non esiste una formazione storica, se non cronologicamente, e sarebbe una visione limitativa dei Sabbath, che in pratica li identificherebbe come un segmento della carriera di Ozzy.

I Sabbath sono una serie di tonalità metal sulla pelle di Iommi, il camaleonte conservatore.

Cosa accadde quando Ozzy si staccò? Accadde che divenne un artista individuale, e infatti cominciò ad accentuare la sua vena ironica, dissacratoria rispetto alla sua stessa aura “occulta”. Pur cantando i Sabbath, pur componendo in maniera simile ai Sabbath, si allontanò dai Sabbath proprio per questa acquisizione di individualità. Che è già una progressione.

Cosa accade quando le canzoni dei Sabbath sono suonate da altri, coverizzate? Funzionano lo stesso, spesso anche meglio, a dimostrazione che la musica di Iommi è riproducibile all'interno del metal, addirittura migliorabile. Molti, a partire da Ozzy stesso, le hanno migliorate aumentando il tasso di metal al loro interno. Mustaine coverizza "Paranoid", e diventa un brano dei Megadeth. I Sepultura rifanno "Symptom of the Universe", stesso risultato. I Venom dopo-Cronos ci provano con "Megalomania", e fanno centro. L'unico errore nel coverizzare i Black Sabbath può essere quello di tentare la sperimentazione, la contaminazione. Lì Iommi non attecchisce.

Cosa dire quindi di “13”...? .se volete sapere che volto ha Ozzy oggi, sentitevelo, ammesso che già non vi sia venuto a noia da solo. Quanto ai Black Sabbath e al tocco di Iommi, non lo cercate. Vi raggiungerà lui quando, nel cercare di identificarlo in un punto o nell'altro, alla fine comincerete a dubitare che davvero esista e sia lì a suonare.

Il diavolo che vi illude della sua assenza...

A cura del Dottore

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