"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

21 mag 2019

RECENSIONE: "TESTS OF MANHOOD" (DEVIN TOWNSEND)



49 minuti buttati lì, senza troppo sforzo. Tirati via, quasi a spregio. Così…giusto per mettere sullo spartito, e poi eseguirle strumentalmente, note e melodie passate per la testa. Che per l'autore, evidentemente, non meritavano di andare sprecate.

I 74’ di “Empath” vi hanno tramortito? Non avete avuto la pazienza di assimilarli? Troppo complessi e sperimentali? Tranquilli, zio Devin ha avuto in serbo per voi un regalo: "Tests of Manohood", un altro album, un intero disco, sicuramente più abbordabile del suo "fratello maggiore".

Infatti, così come successo per “Transcendence” 3 anni fa, la versione deluxe del nuovo parto deviniano ci regala 10 tracce, tutte in versione “demo”. E, pur in questa “forma” che potrebbe far pensare a qualcosa di abbozzato, non completo e raffazzonato, non solo convince, ma stupisce ed emoziona. Nella sua consueta bulimia compositiva, Townsend, non solo non spreca nulla, ma dimostra che…fa bene a non gettare nel cestino sotto la scrivania nessun brano concepito!

Dieci brani originali quindi che, manco a dirlo, spaziano dal modernissimo prog metal tipicamente townsendiano, all’elettronica dark di “The waiting kind”; dall’industrial di stampo marziale (“Middle Aged Man” potrebbe figurare tranquillamente in un album dei Rammstein più ispirati) a soffuse ballad goth/ambient (in tal senso “Empath”, la canzone, è un gioiello di inestimabile valore) o che tendono all’epico (“This is your life”, “Total collapse”). Non mancano, come di consueto, sferzate metalliche, riffoni trascinanti accompagnati da doppia cassa sparata e sezioni sideral-spaziali. Insomma, tutto l’armametario deviniano ma declinato in forma più possibile, "umana".

Minimo comun denominatore con il disco principale è il sottofondo orchestrale, con arrangiamenti curatissimi e corposi (nei documentari reperibili su YuoTube sul “making of” grande merito viene dato al direttore musicale Mike Keneally). Ma, come detto poco sopra, le tracce di TOM seguono maggiormente la forma-canzone e hanno un umore più stabile, dando al tutto un senso di coesione che farà felici chi si sarà sentito “respinto” dal cd principale.

Attenzione, non stiamo parlando di brani semplici o banali. Tutt’altro. E Devin sa stupire con canzoni variegate e imprevedibili, come nell’accoppiata iniziale (da applausi!) “The Contrarian” – “King”. 

Non manca neppure qualcuno dei suoi celeberrimi accostamenti improbabili, come quando decide di attaccare al soffuso finale di “Empath” i beat danzerecci di “Methuselah”; quest'ultimo un brano spettacolare, forse quello più vicino allo spirito della release principale, ricordando nella sua essenza la fantastica “Sprite”.

Insomma, neppure quando “ci dà di mollo” Devin fallisce o delude. Quello che per lui potrebbero essere “scarti”, per il 90% delle band metal del pianeta sarebbe più o meno un caposaldo della propria discografia.

Prove di umanità…superate a pieni voti!

Voto: 7,5 (stringato)

Canzone top: tante (“The contrarian”, “Empath”, “This is your life”, “Gulag”, “Total collapse”)

Momento top: l’attacco delle strofe di “Gulag”

Canzone flop: nessuna

Dati: 10 canzoni, 49’

A cura di Morningrise