"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

2 ott 2019

CONFRONTI IMPOSSIBILI: MARKUS GROßKOPF e FRANCESCO GUCCINI


E’ cosa nota che arrivati a un certo punto, anagraficamente avanzato. della vita si possa manifestare la tendenza molto umana, e quindi comprensibile, a rinegoziare il proprio rapporto con l’Aldilà. E’ un qualcosa che avviene privatamente, nell’intimità del proprio animo e/o nella ristretta cerchia famigliare. Altresì capita che chi vive della propria arte renda pubblico questo travaglio attraverso la sua forma mediatica privilegiata (libri, interviste, articoli). Soffermandoci all’ambito che più ci sta a cuore, Metal Mirror ha già affrontato la questione con gli esempi di musicisti illustri, quali Blackie Lawless e Dave Mustaine, che arrivati a un certo punto del loro percorso di vita, si sono sentiti di esternare la propria svolta nel rapporto con il Trascendente.


Oggi vogliamo qui riaffrontare il discorso prendendo spunto da quanto successo poco più di un anno fa ad un’icona del cantautorato italiano, Francesco Guccini. Al buon Guccio infatti non sono mancate aspre critiche per la foto che lo immortala, a fine aprile 2018 in una Piazza San Pietro gremita, accalcato alle transenne per stringere la mano al Pontefice che stava di lì passando. Critiche provenienti sia da “sinistra” (comprese quelle di molti suoi fan), sia dall’oltranzismo cattolico, scandalizzato dalla presenza di un artista considerato da sempre come un “nemico” della Chiesa. Ovviamente l’ignoranza regna sovrana tra i giornalisti che hanno riportato la notizia: negli articoli disponibili sul web (ad eccezione di un’entusiasta Famiglia Cristiana) lo scribacchino di turno, in modo stucchevolmente banale, commentava “il fatto” identificando il grande cantautore appeninico con le solite due canzoni, scritte in gioventù 50 anni fa (“Dio è morto” e “La locomotiva”). Ma come? Il cantore anarchico, comunista, ateo (o quantomeno “agnostico”), compositore di questi due “inni generazionali”, in età avanzata (Guccini in quell’aprile 2018 aveva quasi 77 anni) diventa un papista? Un credente cattolico? Ah, scandalo! Ah, incoerenza! Falso, Giuda!

In realtà, per chi conosce bene tutta la sua opera, sa che Guccini, senza dubbio uomo politicamente “di sinistra”, non ha mai veicolato con le sue canzoni un’ideologia e/o un pensiero politico; menchemeno giudizi valoriali su questa o quella religione. La sua opera è semplicemente “umana”, malinconicamente umana. Attraverso i suoi bozzetti, le sue storie descritte con sapienza, poesia e profondità, l’interesse dell’autore è sempre stato verso l’umanità delle persone, con i suoi problemi, angosce, desideri, ricordi. Aspetti vissuti sempre sotto la Spada di Damocle di questo maledetto, indifferente Tempo-Che-Passa.

Che abbia voluto conoscere e stringere la mano all'uomo e al politico-Capo di Stato Francesco (prima ancora che Papa) quindi non lo trovo né un qualcosa di vergognoso per lui né tantomeno di incongruente con quello che è sempre stato il suo comportamento, quantomeno quello pubblico, manifestato durante la sua attività di cantautore e nelle rare comparsate in tv.

Guccini ci aveva musicalmente lasciato nel 2012 con il discreto “L’ultima Thule”. In quel disco, nella canzone di chiusura, la title-track, aveva affrontato sia il bilancio della sua parabola artistica che il suo rapporto  con il Dopo, come di consueto in modo intellettualmente sottile, lasciandolo "aperto".
Ecco i suoi poetici versi: 

Ma ancora farò vela e partirò / io da solo, e anche se sfinito, la prua indirizzo verso l’infinito / che prima o poi, lo so, raggiungerò. […] L’ultima Thule attende e dentro il fiordo si spegnerà per sempre ogni passione, si perderà in un’ultima canzone, di me e della mia nave anche il ricordo.

Parole che, se da un lato esprimono pessimismo circa l'esistenza di una vita ultraterrena, dall’altro, coerentemente con il suo agnosticismo, lascia aperto uno spiraglio verso l’”assoluto”, l’”infinito”.

Spostandoci in ambito metal, mi colpisce invece molto di più il rapporto con l’Aldilà che si evince dalla lettura delle lyrics di un altro musicista: il bassista degli Helloween Markus Großkopf che noi tutti conosciamo e stimiamo.

Markus, a differenza di Guccini (di cui potrebbe essere il figlio) è ancora relativamente giovane (54 anni) e lo era ancor di più quando scrisse i brani contenuti in “Straight out of hell” (2013), disco cui mi sono avvicinato solo recentemente. L’allora non ancora 50enne Markus contribuì alla stesura del disco (peraltro discreto anche se non esaltante) con due songs, “Far from the stars” e la title track.  Nella prima, il riccioluto bassista si esprime così: 

Facciamo finta di non aver bisogno di alcun aiuto / cerchiamo di avere il controllo sull’intero universo / ma non riusciremo mai a capire che… / lontano dalle stelle ci dev’essere un Essere Superiore che non possiamo vedere / Lontano dalle stelle una vita migliore mi aspetta...

Ma il peggio, Markus ce lo preserva per la fine: 

Nessuno sa (la vita) dove inizi e dove finisca / Solo il tempo ci dimostra che non stringiamo nulla nelle nostre mani / Alla fin fine non possiamo vivere senza una forte credenza

E’ evidente che questa “forte credenza” per Markus sia proprio una fede verso un Dio che ci aspetta, sorridente, una volta passati a miglior vita.

Ma ancor più singolare è quanto si può leggere nella title track, dove Großkopf in qualche modo pare pentirsi per gli anni passati, per la sua vita da rocker consumato.
Leggiamo insieme: 

Direttamente dall’inferno ho sprecato la mia vita non per il domani / ho solo vissuto per l’oggi […] / non c’è vita eterna, non c’è salvezza / in questa dannazione noi bruceremo / Nessun asso da giocare, ho vissuto la mia vita senza protezione (di chi? Di una fede in un essere superiore e trascendente? N.d.R.) / il prezzo che ho pagato è che i miei atti di grazia saranno rifiutati / In questa strada verso l’inferno non troverò alcuna resurrezione / perché ho venduto la mia sporca anima al rock and roll! (ahhhhm, uccidetemi!!).

Poi, nel bridge, Markus si incupisce: 

Vado giù, così triste e solo / nessuna mano amica nessun’altra anima attorno / Ho perso la mia fede tanto tempo fa / un milione di lacrime si verseranno (leggi: verserò)

Ecchecazzo Markus, non mi dire che rinneghi ciò che ti ha portato a essere milionario, a fare della tua passione per la musica il tuo lavoro. E che, non ancora 50enne, già ti rammaricavi delle scelte fatte in gioventù…ma non ci credo neppure se me lo giuri sulla testa dei tuoi figli! (tant’è che ancora oggi continui beatamente, e legittimamente, a suonare negli Helloween, ormai unico superstite, assieme a Weikath, della formazione originale).

Non sia mai che mi fossi sbagliato o avessi mal interpretato, ho provato ad approfondire la cosa andando a ritroso e leggendomi il testo di quella “Heaven tells no lies” contenuta nel precedente “Gambling with the devil” (2007). Anche lì il Nostro pareva esprimere i primi dubbi verso la sua vita da rocker, invocando: 

Avrei bisogno di un fucile per porre fine alla mia parte marcia / un solo colpo al centro del mio odio / per illuminare le tenebre e correre libero da quell’antico maleficio (eeehhh…addirittura un maleficio!).

Insomma, no...non pareva che mi fossi sbagliato, purtroppo.

Alla fine di questo confronto impossibile non possiamo che buttare giù dalla torre proprio Großkopf che invoca un cambio radicale di prospettiva e di vita rispetto a quanto fatto e vissuto durante i decenni passati a suonare heavy metal (che però lui chiama nei testi con un più generico e tranquillizzante rock and roll). Salviamo con piacere invece Guccini, che ci pare al contrario autentico e coerente nel suo agnosticismo malinconico.

Se da un lato è assodato che, nella stragrande maggioranza dei casi, in vecchiaia ci si rincoglionisce, dall'altro qui sembra che il vecchio-un-po'-rincoglionito, sia il più giovane; mentre quello più anziano, e che avrebbe più “ragione” di perdere colpi, sia al contrario molto più lucido e centrato

A cura di Morningrise