"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

3 ago 2021

UN COCCODRILLO PER JEFF LABAR: ORA BASTA ARRAMPICARSI


Jeff LaBar coccodrillatoChi l'avrebbe detto? Altro che “Cosa resterà di questi anni '80”, come cantava Raf all'imbocco dei '90... 

Gli anni '80 ormai sono impensabili. E' rimasto tutto però, perfino Jeff LaBar, che ha fatto qualche anno nel glam metal...

Non chiedetemi perché, negli anni '80 tutto era contemporaneamente glamour, “cool” ed inquietante. Funzionava così. La copertina di "Night Songs" (1986) era inquietante come un horror di Dario Argento (dell'epoca si intende). Ritraeva quattro figuri dediti al travestitismo di tendenza che si spartivano egregiamente le varianti possibili: la fatalona (Tom Keifer), la biondina tutto-pepe (Eric Brittingham), il marchettaro (Fred Coury), la nave-scuola (Jeff LaBar). I veri rockettari dell'epoca issavano poster sulle pareti delle loro camere. E le rockettare dell'epoca ci sbavavano dietro.

Continuo a scrivere questo coccodrillo con un ritardo scusabile. Nel documentarmi sulla storia dei Cinderella, leggevo tra le recensioni di “Still Climbing” (1994) una in particolare che lamentava come ormai i Cinderella cercassero ritornellini facili e avessero poco spessore nei testi. Mi sono ripreso appunto solo adesso dopo essermi rotolato per giorni. I Cinderella erano un gruppo che faceva canzoni centrate sul ritornello, come tutti, ma anche più di altri, e funzionavano anche.

Quanto allo spessore dei testi, tolti quelli abbastanza prevedibili su moto, avventure on the road non meglio specificate, autocelebrazioni del tipo “Ehi, siamo arrivati noi in città” ed intermezzi mielosi su amori andati a finire in vacca, direi che...forse il recensore si riferiva a “Sono arrapato, ho voglia di dare un colpo, lei lo vuole tutto, bella roba raga. Sono già in tiro, l'amore mi sembra al punto giusto, la cosa si fa appiccicosa, lo sapevo che le ero mancato: mi guarda e dice....ho bisogno di un po' di pigia pigia, ce la fai a darmi un po' di pigia pigia, ok, lo avrai un po' di pigia pigia”...

Ma LaBar era responsabile di tutto ciò? Beh, su "Push Push" nemmeno più di tanto perché la chitarra solista lì la suonava un certo Barry Bennedetta (sic!). Ma perché poi? Accadevano cose strane negli anni '80, tipo che in un brano poteva esserci un musicista che non faceva parte della formazione ufficiale. Ma chi era questo sostituto occasionale di LaBar? Risulta essere niente meno che un “Christian Prophetic Music Composer/Multi-Platinum Award Winning Lead Guitarist”. E' di Philadelphia, deve essere per forza lui. E torna decisamente il fatto che, tra tutti i brani dei concittadini Cinderella, abbia scelto di partecipare proprio nella realizzazione di "Push Push"...

Come già detto a suo tempo, i Cinderella, al pari dei Faster Pussycat, erano un gruppo glam che, forti del loro primo successo, spesero tutto il loro potenziale di pubblico per compiere un percorso di ritorno al rock, al country, al blues, per fare un tonfo sordo con proposte fuori tempo e fuori moda, ma anche poco ispirate, negli anni in cui il metal impazzava con grunge, industrial, fusion e roba del genere. La ragione dell'insuccesso dell'ultimo disco, “Still Climbing”, va semplicemente ricercata nel fatto che era un passo ulteriore verso lo stile “leggero” (in termini chitarristici), marginale, rispetto al metal in cui i Cinderella erano cresciuti di popolarità, e bolso.

Lo stile di LaBar si definisce nei primi due dischi, tenendo conto che anche Keifer suonava la chitarra. Stile strascicato, lascivo ma anche sporco, incrostato (il riff di "Night Songs" è tutto un programma). La novità rispetto al blues, che già poteva contenere queste suggestioni, era l'approccio rock, deciso e frontale, basato su un'immagine dai colori vividi e circensi, anziché qualcosa di emarginato, intimista e ombroso. La versione solare dello sludge. Commercialmente era una porta aperta, ma si durava poco. Sono stati tutti gruppi dal fiato corto, come carriera, ma regalavano hit come “Gypsy Road”. E LaBar teneva fede al suo nome, usando appunto una “bar”, ossia una barra di metallo infilata al dito per modulare la vibrazione e produrre dei suoni da sfregamento e strisciamento sulle corde.

Il primo disco è una celebrazione obbligatoria dei piaceri della carne e della loro frivolezza. Il secondo insiste sul tema del ritorno a casa, tra nostalgia e ritorno al paesello del ragazzo che ha fatto strada. Il terzo, come mostra la copertina, è la logica prosecuzione di questo discorso: un gruppo di giovanotti spallati che oziano sulle panchine o sui muretti del quartiere in calo di motivazione. Ma Keifer e LaBar ancora piazzano qualche riffetto interessante. Poi pare che LaBar abbia aperto una pizzeria. 

Sui Naked Beggars, meritevole gruppo di blues rock, ometto ogni considerazione perché finirei per trattarli come il gruppo in cui suonavano due ex Cinderella. Ad altri quindi il compito di valutarli.

Se i Cinderella fossero stati una pizza, sarebbero stati la Black Magic, gorgonzola e poi una miscela di ingredienti che univano il glamour con la cattiveria di un sapore deciso e pungente. La faceva una pizzeria a Vigevano.