"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

10 ago 2025

VIAGGIO NEL METAL TOLKIENIANO - WIND ROSE_IL PREZZO DELL'ORO: I NANI E LA MALEDIZIONE DEL POSSESSO

 



Viaggio nel metal 'tolkieniano' - 7) WIND ROSE - "Wintersaga" (2019)

Sebbene i Nani fossero duri e tenaci, e i loro cuori difficili da corrompere, gli Anelli accrebbero in loro l’avidità dell’oro, e spesso li portavano alla rovina e alla morte” (da “Il Silmarillion”)

I Nani hanno scavato troppo a fondo e con troppa avidità. Sai cosa hanno risvegliato nell’oscurità di Khazad-dûm? Ombra e fiamme...” (Saruman, da “Il signore degli Anelli”)

Se con i Khazaddum abbiamo trattato la razza dei Nani da un punto di vista della loro genesi, con le implicazioni che ne derivano (rapporto creazione/subcreazione, tendenza dell’Uomo ad amare oltre se stesso) oggi, con i pisani Wind Rose, ne parliamo da una prospettiva diversa. Quella delle loro caratteristiche, potremmo dire, ontologiche. E di come queste, sotto l’influenza nefanda degli Anelli del Potere, siano state foriere di tragedie.

I Wind Rose, senza dubbio, hanno fatto il botto in questi ultimi anni: ormai sono una realtà affermata a livello internazionale, ospiti dei più prestigiosi festival estivi e prossimi, il 25 ottobre venturo, ad esibirsi come headliner sul palco principale dell’Alcatraz a Milano.

In tanti considerano, probabilmente a ragione, “Warfront” (2022) l’album più maturo e rappresentativo della band toscana. Noi decidiamo di fare un passo indietro al precedente “Wintersaga”. Ciò per tre ragioni: in primis questo full lenght, il quarto in carriera, è il primo ad esclusivo tema nanico, elemento che li caratterizzerà di qui in avanti, come si può notare dalle suggestive copertine dei loro ultimi album. Secondariamente, dopo aver peregrinato nelle tre precedenti release da un’etichetta all’altra, “Wintersaga” è il primo album sotto l’egida della prestigiosa Napalm Rec.; e, terzium, l’album definisce lo stile della band e contiene il loro singolo di maggior successo, quella “Diggy Diggy Hole” che è rivisitazione di un tema contenuto nel celeberrimo videogioco “Minecraft” (e che molti genitori, compreso il sottoscritto, conoscono bene causa insana passione per esso della loro prole…).

La formula dei Wind Rose è semplice: un power-folk metal che attinge a piene mani sia dalla tradizione finnica, e per il sound “baldanzoso/birraiolo” (Ensiferum) e per i costumi di scena (Turisas); sia da quella italiana, per l’afflato epico-fantasy (Rhapsody of Fire) come per la parte più folkeggiante (Elvenking).

L’aver scelto di concentrarsi su ambientazioni, personaggi e toponimi tolkieniani ci porta ad inserirli nella nostra Rassegna, con un pizzico, speriamo perdonabile, di sano patriottismo.

Perché, senza tema di smentite, possiamo dire che i dischi dei Nostri scorrono via in modo trascinante, quando non esaltante, grazie a melodie azzeccate, cori a profusione e un approccio che mischia sapientemente allegro cazzeggio e malinconica epicità.

Ma, come sempre, a noi interessa sviscerare un ragionamento più ampio, che a Tolkien stava particolarmente a cuore: quello relativo alla cupidigia e bramosia di possesso dei Nani. Elementi, questi, che espongono alla corruzione del cuore. Anche di chi, come essi, sono stati creati da un potente ainu (Aulë, nel caso di specie, come abbiamo già visto nel precedente capitolo della Rassegna).

Per capire meglio questo aspetto, bisogna partire da un presupposto: l’oro, per i Nani, non vuol dire solo ricchezza. Ma anche Potere. Un potere che, orgogliosamente, li definisce in modo identitario. Ma, così come il Potere (che per Tolkien è naturalmente e irrimediabilmente corruttore), anche la Ricchezza tràvia, rendendo chi ne è soggiogato più sospettoso, possessivo. Cieco al pericolo.

Questa cecità la vediamo plasticamente in entrambe le fortezze naniche più celebri del Legendarium: Khazad-dûm ed Erebor, la Montagna Solitaria che il lettore tolkieniano ha ben presente dalla lettura de “Lo Hobbit”.

Nella prima, il continuo diggy-diggy holes dei Nani alla ricerca spasmodica del prezioso minerale mithril, provocò il risveglio del Balrog, nascostosi in quelle profondità sin dalla Prima Era: l’essere di fuoco uccise in quell’occasione sia Durin VI (da qui il soprannome di Flagello di Durin) che suo figlio Náin. Khazad-dûm divenne un luogo di abbandono e morte, nel quale si stabilirono troll e orchi, guidati dal celeberrimo Azog il Profanatore, responsabile poi dell’uccisione di Thrór, il nonno di Thorin Scudodiquercia.

La storia si ripeterà, ahiloro, nella caduta di Erebor, la Montagna Solitaria (e che i Wind Rose celebrano in “To Erebor”, contenuta nel precedente “Stonehymn”, del 2017). I Nani che lì hanno continuato a scavare per accumulare smisurate ricchezze, attirarono l’avidità del drago Smaug, portando alla rovina la loro fortezza e tutti i nani della Linea di Durin che la abitavano, (i celebri Lungobarbi, cui appartiene lo stesso Thorin); che, nel tentativo di riconquistare Erebor, cede alla c.d. dragon-sickness, la “malattia del drago”, cioè l’ossessione per il Potere e la Ricchezza, nel suo caso simboleggiato dalla mitica Arkengemma (o Arkenpietra che traduzion-si-voglia). Un’ossessione che lo porterà a sacrificare amicizie e alleanze e di cui solo in punto di morte riuscirà a disfarsi, quando dovrà riconoscere davanti a Bilbo, seduto piangente al suo capezzale: “Se si stimassero il cibo, l’allegria e il canto più dell’oro accumulato, questo sarebbe un mondo più lieto”. Una consapevolezza che giunge troppo spesso tardi, lasciando dietro di sé una scia di morte, dolore e distruzione.

I Wind Rose, va detto, mettono in luce il lato più orgoglioso ("Mine Mine Mine!", "The King Under the Mountain"), coraggioso ("The Art of War", "We Were Warriors") e divertito ("Drunken Dwarves", "Diggy Diggy Hole") dell’essere nani e del destino di scavare in continuazione, ribadendo a più riprese “I am a dwarf and I’m digging a hole”, sottolineando la propria fiera libertà nel condurre una vita sotto la montagna (“Born underground, suckled from a teat of stone / Raised in the dark, the safety of our mountain home / Skin made of iron, steel in our bones / To dig and dig makes us free / Come on brothers sing with me!”).

Ma a chi scrive invece premeva mettere in luce, nell’ambito della poetica tolkieniana, le conseguenze drammatiche di una vita guidata dalla bramosia di Potere e dalla smania di Ricchezza.

Per i Nani, certamente. Ma che riguarda parimenti noi Uomini…

A cura di Morningrise

(Vai al resto della Rassegna)