"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

20 lug 2016

CONFRONTI IMPOSSIBILI: EMINEM E I MISFITS - MANOVRA A TENAGLIA CONTRO LA MUSICA CORALE




Tempo fa decisi di sentire l'allora emergente Eminem. La presentazione a Sanremo di Raffaella Carrà era stata decisamente fallimentare (data la violenza dei testi, fece una premessa strappalacrime sul fatto che il povero Eminem era cresciuto nella violenza e picchiato dai bulli, ma poi si era fatto strada. A parte che non vedo che c'entri, ma cambiai canale). Non credo che il povero Eminem fosse consapevole di una tale presentazione, chissà che avrebbe detto.

Le sue antopresentazioni erano una controprovocazione, riassumibile nel concetto: “io sono quello che sono, se tu vuoi che io sia il male, sono il male”.
Per cui chi vuol capire capisca che alla fine descrivere la violenza con sincerità non significa approvarla, ma se il rapper è espressione del mondo, e il mondo è violento, perché il rapper dovrebbe esserne “al di sopra”?

Ma queste sono polemiche generiche. Quando lo ascoltai davvero la prima volta rimasi fulminato, e dopo mi interessai ad ampliare la mia cultura hip-hop, presto scontrandomi con una semi-delusione. Eminem non è rappresentativo del rap, e il fatto che sia un rapper bianco non è casuale. Vive nello stesso mondo dei rapper neri, ma canta di altro. Soprattutto intanto mette se stesso al centro, non come icona, come avatar da autocelebrare all'infinito, che è uno dei topoi del rap; ma come individuo, con la sua storia vera o romanzata che sia. I temi sono violenti, ostili e ferocemente scorretti. Tutti gli stereotipi della cultura egualitarista trovano in Eminem una voce indifferente: omofobia, sessismo, e tutto prevalentemente contro quelli della sua razza, forse per chiarire che non si tratta di una questione razziale. Eminem recupera il diritto “ad essere incazzato personalmente”, come direbbe Giorgio Gaber, togliendolo dalle mani di chi ti pianifica l'incazzamento e ti indica gli obiettivi politicamente corretti. Eminem rivendica il diritto a odiare le categorie per cui non ha simpatia, a iniziare dall'odio, che è il punto in cui la società ci vara; e poi forse approdare a qualcos'altro.

In una intro autoironica c'è un dialogo con il produttore in cui questo gli rimprovera che i dischi che si vendono parlano di tette grosse, auto di lusso, troiette e divertimenti vari, e invece lui se ne esce con pezzi sugli omosessuali e sull'abuso di sedativi e narcotici... Eminem fu il “figlio dell'America Bianca” che fece impazzire l'America Bianca tanto quando il mondo prevalentemente coloured in cui iniziò a far musica.
Del rap che comprai non mi è rimasto quasi nulla, salvo qualcosa di Dr. Dre, nero ma non a caso colui che ha prodotto Eminem.

Quando Glenn Danzig entrò nel punk con i Misfits, fece qualcosa di molto simile. E allo stesso modo mi fece buttar via dei soldi inutili per un genere che non mi ha mai entusiasmato più di tanto. Credevo che fossero tutti tipo-Misfits, e invece il punk era qualcosa di diverso. Bastava leggere i testi, e realizzare anche che una voce come quella di Danzig non era casuale, spontanea, ma impostata. I Misfits, a un certo punto, compongono brani che possono anche avvicinarsi al thrash, perché la struttura non è più caotica e approssimativa, anche se sempre minimale. Non a caso sono il gruppo reso celebre dalle magliette dei Metallica, e in un vecchio manuale di metal erano classificati come thrash, dovendo loro assegnare una categoria metallara.

Danzig fece col punk quello che Eminem ha fatto col rap. Una aberrazione, ha piegato il genere alle esigenze espressive che riportavano a tutt'altra matrice. Il rap è un genere “collettivo”, incentrato su figure di culto che parlano di “Nessuno”, perché il concetto di fondo è celebrare l'ascesa e la notorietà dalle strade alle piscine di lusso, rivendicare il diritto del povero al lusso. Il sogno Americano materialista, l'uscita dal ghetto a qualunque costo (anche spacciare e far parte di una gang) per poi affrancarsi dalla vecchia vita o consumarsi in piaceri senza fine. “Nessuno” fu il titolo di un pezzo del vecchio J-Ax (epoca Articolo 31), in cui esprimeva bene questa poetica. Cantare la fame e il diritto a guadagnare soldi per oscurare il ricordo della povertà, farsi strada alla faccia di chi prima ti schifava e ora ti compra i dischi. Tutto qui.

Eminem invece sbraita la sua rabbia personale, la sua storia personale, l'identificazione può essere spirituale, ma il riscatto da lui cercato non coinvolge la massa, i poveri, gli emarginati, i “Nessuno” di periferia. Qualcuno si può riconoscere nell'Universo di Eminem? Avrebbe senso incontrandolo per strada dirgli “Ciao bro'!”? Se ti identifichi in Eminem è brutto segno, sei il personaggio di “Stan”, il fan paranoico e frustrato che uccide la ragazza perché Eminem non risponde alle sue lettere.

Sfido allo stesso modo chiunque di voi a trovare nei testi dei Danzig lo specchio del mondo punk. Tra alieni, horror e splatter, alienazioni sociali e mentali, quella dei Misfits è una presa di distanza dal mondo, non una condivisione.

Il senso della critica del produttore a Eminem era centrale, perché la droga per eccellenza del rap è la cannabis, mentre gli oppiacei e i tranquillanti di cui racconta Eminem sono un pugno in un occhio. Il livello di psicopatia cresce, non sono droghe aggreganti, anzi esaltano la dimensione personale e solitaria. Per i Misfits, non ci sono espliciti legami con le droghe, almeno non come tema portante, ma il discorso non cambia. La dimensione sociale, di rifiuto dello stile e della composizione, se non per creare impatto, è solo simulata. Il suono è compatto, impastato, sferragliante ma inquadrato. La melodia è sbattuta in faccia (in faccia al punk) in nome di una matrice classicamente rock and roll.
Con il cavallo di troia della struttura minimale i Misfits inventarono l'horror punk, ammazzando lo spirito originale del punk e aprendo la vita ad ogni sottogenere possibile di minimalismo, che però ricercava l'estetica anziché sfuggirla. Un po' come i Napalm Death hanno fatto con il grind delle origini, da "Harmony Corruption" in poi. Eminem cercò il lirismo nel rap, che nasce anti-lirico e corale. Sopra i palchi rap criticò non tanto la società, ma criticò il mito dell'ascesa personale, cioè quello che il rap celebrava, la presa del potere. Disse che la fama, il potere e la ricchezza sono alienanti, e quindi fece cadere anche i capisaldi della rivendicazione sociale di massa. Uno stupro totale, da due fronti, della musica “per il sociale”. Stupro artisticamente geniale, dopo di che il mio centro rimane il metal puro.

Se cercate l'anima del rap, non è Eminem l'esempio più adatto.
Se cercate lo spirito del punk, i Misfits sono fuori fuoco.
Ma se amate il metal, ascoltateli tutti e due.

A cura del Dottore