Ricordo che durante un concerto dei Death SS, in mezzo al
variopinto pubblico (sempre meno folcloristico della band sul palco), mi si
avvicinò un tizio toccandosi in modo scaramantico e dicendo che aveva visto
delle suore. Sorridendo gli risposi che non erano necessariamente presagio di
sventura, ma poi quella sera tornando a casa presi una multa e iniziai a
riflettere sulla superstizione del mondo metallaro. È un fenomeno che presenta
numerose sfaccettature.
Il termine superstizione deriva dal latino superstes che indica la condizione di colui che può testimoniare un avvenimento passato perché sopravvissuto; è un concetto che assumerà poi accezione negativa con Cicerone che vi riconosce una sorta di forma deteriorata della religione.
La figura chiave per questo tema è Sant’Agostino, ovvero
uno dei personaggi che non si approfondiscono mai abbastanza e che considero
geniale come pochi nella storia. Il filosofo sostiene come le superstizioni
siano sopravvivenze di credenze abolite, ma ne stabilisce anche un legame con la
demonologia e questo mi appassiona particolarmente.
Il legame con la demonologia è dato dalla vicinanza di alcune superstizioni al
mondo dei morti, ai fantasmi notturni, alle calamità in genere verso uomini,
bestie, raccolti ed io aggiungerei adesso anche alla musica. Basta dedicarsi ad un ascolto accurato di King Diamond e approfondire la sua numerologia, sia quando la collega alla cronaca di fatti oscuri, sia a presenze extrasensoriali.
Il diavolo ad esempio è un’invenzione tardiva a livello letterario rispetto al Male in sé, perciò inizialmente i demoni appaiono come coloro che hanno una capacità tecnica di macchinazioni per provocare cose negative e Agostino individua come “superstizioso” tutto quello che gli uomini stabiliscono per creare falsi idoli e venerarli scendendo a patti con loro.
Alcuni gruppi metal puntano ad essere in contatto con l’Aldilà o a comporre una colonna sonora infernale, o ancora millantano collegamenti con il Maligno, proprio come gli stregoni medievali che provocavano tempeste su bestie e raccolti. Il confine tra rituali, credenze e un corretto rapporto con il mondo dei morti è sottile, forse il Re Diamante potrebbe aiutarci ancora...
Chissà se Agostino avesse conosciuto quel tizio al concerto dei Death SS avrebbe risposto in modo più consono, ma le superstizioni, intese come credenze
di presenze in oggetti o rituali, avvicina questa riflessione alla musica
metal. Un’interpretazione fantasmatica della musica estrema sopravvive in questo
concetto della superstizione ereditato dal Medioevo, ma sottolinea anche una
sorta di elitarismo.
Sant’Agostino sottolinea infatti il privilegio accordato dalla Chiesa a certi defunti, ingigantisce l’eccellenza senza pari dei suoi morti e svaluta di riflesso quelle comuni. Così come il metal si chiude talvolta in una nicchia dove si sente superiore, con i suoi riti, i suoi gruppi, i propri inni, il gesto delle corna. Tutto un rito superstizioso, inteso come lo voleva spiegare Agostino: un rituale evocativo di qualcosa di ancestrale che si collega ad un mondo altrove.
Sant’Agostino sottolinea infatti il privilegio accordato dalla Chiesa a certi defunti, ingigantisce l’eccellenza senza pari dei suoi morti e svaluta di riflesso quelle comuni. Così come il metal si chiude talvolta in una nicchia dove si sente superiore, con i suoi riti, i suoi gruppi, i propri inni, il gesto delle corna. Tutto un rito superstizioso, inteso come lo voleva spiegare Agostino: un rituale evocativo di qualcosa di ancestrale che si collega ad un mondo altrove.
Nella riflessione mancava solo il collegamento alla musica metal, ma tracciamo noi questo ponte con il teologo berbero che avrebbe apprezzato la carica evocativa di Bartoccetti o i sabba carnevaleschi di Steve Sylvester, e magari avrebbe sorriso di fronte alle grottesche evocazioni di band Black metal.
Sant’Agostino avrebbe avuto però il dubbio che, magari durante una
performance di Kristian "Gaahl" Espedal, qualcosa di oscuro
potesse accadere. Solo chi dubita - sosteneva - è animato da un desiderio
sincero di trovare la verità. A differenza di colui che non si pone alcuna
domanda (anche se in alcuni casi, forse, sarebbe meglio proprio non porsi nessuna
domanda...).