"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

23 set 2019

BATUSHKA - APOSTASIA MARIANA IN UN TANDEM DI COPERTINE, IL RESTO E' NOIA



La separazione in una band è cosa assai comune nel mondo della musica, e certo il metal non fa eccezione. Ma chi ha il diritto di portare avanti il prestigioso marchio e chi invece il fardello di dover ripartire da capo con uno nuovo? Chi dovrebbe meritare l'onore di un prosieguo di carriera agevolato dalla notorietà e chi invece l'incarico esattamente opposto, ossia quello di una faticosa riaffermazione artistica?

I polacchi Batushka, almeno per il momento, risolvono il problema portando avanti due progetti con lo stesso nome, Batushka appunto. Forti del successo del disco d'esordio "Litourgiya" (un fulmine a ciel sereno nel cielo nero del black metal) e all'indomani della loro separazione, i due membri fondatori della band hanno deciso di rilasciare separatamente due album, "Hospodi" e "Panihida", sotto lo stesso monicker, sebbene giornalisticamente parlando si tenda a distinguere i due gruppi con gli appellativi Krysiuk's Batushka e Drabikowski's Batushka.

Un caso davvero insolito, se ci si pensa bene. L'unico precedente, se la memoria non ci inganna, fu il caso dei Queensryche all'indomani della dipartita del singer storico Geoff Tate: seguì un'aspra lotta legale che portò per un breve periodo alla coesistenza di due formazioni differenti a nome Queenstryche. E così nel 2013 uscivano quasi in contemporanea "Frequency Unknown" della compagine capitanata da Tate e l'omonimo "Queensryche" con in organico il nuovo cantante Todd La Torre. Ma la stranezza durò poco, con la rassegnazione di Tate che cedette il marchio ai suoi ex colleghi, portando avanti la sua vita artistica con il progetto Geoff Tate's Operation Mindcrime

Torniamo ai due lavori dei nuovi Batushka, che Metal Mirror vorrà recensire unicamente, disinteressandosi totalmente di chi faccia parte dell'una o dell'altra formazione. La diatriba, di fatto, mette in ombra aspetti quantomeno inquietanti, che forse sono messaggi teologici grossi come macigni. E che dunque meritano di essere messi in luce.

I due dischi hanno due copertine speculari, raffiguranti entrambe un'icona di Maria. In una la Madonna, a prima vista, sembrerebbe avere in braccio Gesù Bambino, con la classica posizione delle braccia che avvolgono un fagotto e la testa china verso il basso. Lo sguardo corrisponde ad una sorta di sfregio, o colata tesa tra i suoi occhi e quelli dell'infante. Infante che, a guardar bene, non è  presente: un inganno ottico che sembrerebbe essere suggerito dalla copertina di "Litourgiya", ritraente una icona molto simile.

In verità la copertina della Madonna senza bambino si rifà palesemente ad una icona realmente esistente: l'Icona della Madre di Dio di Akhtyr, che peraltro ha la peculiarità di essere unica (una frecciata contro gli ex colleghi?). L'esegesi dell'icona dice che la posizione inusuale, simile a quella di chi regge un infante, ha un messaggio ben preciso: la mano che sorregge, aperta in alto, simboleggia la resurrezione, l'altra, la grazia che discende. L'intersezione delle due individua la rivelazione del messaggio di salvezza che Dio invia per mezzo di Cristo. Eppure qui Cristo non c'è: è la Madonna che con un bimbo fantasmatico compie, a livello gestuale, la rivelazione.

Nell'altra copertina Gesù in croce guarda dall'alto verso il basso la madre e il contatto degli sguardi è rappresentato da una barra che copre gli occhi di entrambi: impossibile non percepire un parallelismo fra le due copertine. Parallelismo che, ad essere maliziosi, potrebbe far pensare che questo split sia in realtà una strategia di marketing: non altro che l'ennesima trovata di un progetto che si è imposto ed ha avuto successo grazie ad un piano di comunicazione ben congegnato, fra costumi di scena e il segreto che velava l'identità dei componenti. Se davvero la separazione dei due antagonisti e la creazione di due progetti fosse figlio di una strategia, in questa ottica troverebbero spiegazione certe incongruenze concettuali, come il fatto che la band prima aveva puntato tutto sul mistero e poi, per assurdo, sulla caciara, con i suoi "misteriosissimi componenti" a spararsi merda a vicenda su YouTube. Isomma, non altro che un modo differente per far parlare di sé.  

Ma torniamo alle due copertine. Esse sembrerebbero rappresentare due momenti diversi del rapporto madre-figlio, ma anche due gerarchie diverse messe al centro dell'attenzione: Maria che “infonde” l'amore a Gesù o Gesù che lo lascia in eredità a Maria, restituendolo in un certo senso, perché lo affidi agli uomini dopo la “rivelazione”.

La centralità della figura della Madonna ha suscitato non poche polemiche sul piano teologico: se classicamente Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo, c'è anche chi ha detto che Dio è padre, ma soprattutto madre, richiamando in ciò un concetto religioso diffuso e antico, ossia quello della divinità femminile primigenia e della generazione come proprietà che definisce la femminilità.

Dio, che invia il figlio e che quindi lo genera anche se emanandolo da sé, opererebbe una partenogenesi e quindi sarebbe femmina (o comunque in sé avrebbe anche la componente femminile). Il figlio sarebbe l'uomo, non tanto perché uomo, ma in quanto maschio, privo della capacità di figliare da solo, cioè dello Spirito Santo. Da una procreazione autocratica del creatore si passa a quella interattiva obbligata tra due creature. Dal Dio androgino si passa a uomo e donna. Che la donna sia una derivazione dell'uomo è sempre parso un frettoloso completamento maschilista, ma il punto più interessante è la corrispondenza tra Maria e Dio. 

Si può ipotizzare che il padre di Gesù non sia necessario, semplicemente perché nell'incarnazione divina iniziale Dio diviene Maria e feconda poi se stesso (cioè tramite Spirito Santo) per generare Gesù, suo figlio, figlio di Dio-Maria. Ricordiamo che dopo aver detto in pubblico che Dio è “soprattutto” madre, Papa Luciani morì avvelenato (anche se molto più probabilmente si trattava di sbloccare un bonifico della banca vaticana...).

Con la scusa che i testi sono in slavonico antico, non c'è modo di comprenderli, se non spulciando direttamente nei testi della liturgia ortodossa. Qui si ricava che "Hospodi" è un concept sul processo e la morte di Gesù, intitolato più o meno “Oh, mio Signore”; l'altro è un requiem. Al momento è un'analogia non verificabile, ma i titoli "Hospodi" fanno venire in mente la “La Buona Novella” di De André ("Il Vuoto" / "Il Falegname" / "I Dubbi" / "La Crocifissione" ecc.).

Passiamo alla musica, che può essere paradossalmente affrontata in maniera unitaria. Nessuno dei due dischi regge il confronto con l'esordio, nessuno ne costituisce la logica prosecuzione o la ripetizione. Si va dalla soluzione del “black metal con cori da chiesa" ad un black-death generico. Tutto l'armamentario suggestivo dei Bathuska cade in assenza di una impressione musicale: saranno le scelte di mixaggio, sarà la maggiore erraticità dello stile (fino a radure in cui pare di sentire semplicemente del metal cupo e lento), ma insomma, non c'è più quel quid

Avete presente quando gli Iron Maiden raccontano che nell'incidere “X Factor” provavano e riprovavano per trovare questo benedetto “fattore x” che rendesse convincente il tutto, e che poi alla fine non lo trovarono e pubblicarono lo stesso il disco?

Più o meno è anche il caso dei "gemelli diversi" Batushka.

A cura del Dottore