"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

11 mar 2020

ARTICOLO "ROSSO": BERLINGUER, OZZY e R.J. DIO



11 giugno 1984: sono passati quasi 36 anni da quella notte in cui non è morto soltanto il capo del più grande partito comunista d'Occidente, ma è naufragata un'idea alla quale milioni di italiani avevano dedicato buona parte della loro esistenza.

Nello stesso momento esce anche “The Last in Line” di Ronnie James Dio a suggellare quella carriera solista che lo accompagnò dopo i due album con i Black Sabbath dopo l’addio di Osbourne; Ozzy che invece aveva appena concluso “Bark at the Moon”.

C’erano invece TUTTI scrive L’Unità al funerale di Enrico Berlinguer. Si parla di una folla immensa, forse due milioni, ed ecco perché il sentimento è feroce. Feroce come i fischi a Craxi e durante quei fischi la separazione tra i due mondi diventa evidente; come la lontananza tra Dio e Ozzy.

C’è un mondo che si identifica pienamente con Enrico Berlinguer, con il suo cammino e con quella sua ultima fase di resistenza. C’è un altro mondo che appare spietato e vincente che vuole modernizzare il paese con disinvoltura, forse anche con arroganza ma sono due mondi divisi.

Due mondi lontani lo sono anche Ozzy e Ronnie, figli della stessa epoca ma così diversi.

Povero Berlinguer. Forse quel che mi è sempre piaciuto in lui come in Ozzy è la loro negazione, nell'immagine e nello stile, del metallaro e del sovietismo più tetro. C'è una stupenda fotografia di Berlinguer a Mosca fra Breznev e Suslov in abiti scuri, il petto coperto da medaglie, i sorrisi ottusi, enigmatici, le facce smorte del potere mummificato e lui in mezzo, in abito grigio, la cravatta male annodata, i capelli ispidi, le spallucce come un passerotto capitato fra due mastini

Così Ozzy sembra un sacerdote nero capitato nel mondo Metal, mentre Dio è l’uomo delle borchie, delle corna: entrambi, a loro modo, sono iconici. Come Craxi e Berlinguer.

I funerali di Berlinguer sono la scoperta del piacere di perdere, quel piacere della sconfitta che permea le carriere solisti di entrambi i singer, quella consapevolezza di essere ottusi, soli e lontani seppur realizzati nella lontananza dalla Grande Madre dei Black Sabbath.

Una madre che non è solo la loro ma di tutto il Metal in generale e, se al funerale di Ronnie James Dio non c’eravamo, e visto che sento avvicinarsi quello di Ozzy, considerando la fatica nel suo ultimo lavoro “Ordinary man” cerchiamo (almeno in quella occasione) di esserci davvero TUTTI...