I Pesci, segno d’acqua, è
l’ultimo dello Zodiaco, il dodicesimo. Ma il terzo che incontriamo nello
scorrere dell’anno solare.
Fantasiose, sensibili, sognatrici. Addirittura “geniali”. Le persone nate sotto il segno dei Pesci, ci dicono gli esperti, hanno tendenzialmente queste caratteristiche. Anche tu, “Tati”? Perché così parrebbe…
Eh si, Tatiana Shmayliuk, classe ’87, fenomenale singer degli ucraini Jinjer, è proprio un bel pesciolino, essendo nata il 15 marzo, e, a giudicare dal metal composto dalla sua band, quelle caratteristiche di fantasia e genialità pare proprio averle insite nel DNA.
Ok, inutile negarlo: come si
saranno accorti i nostri più attenti lettori, in Redazione non siamo dei gran
amanti delle sonorità core/djent et similia. E men che meno amiamo trattare
quelle band che paiono uscire in replica da una fotocopiatrice 3D, che si
presentano nelle foto promozionali con frontwomen avvenenti e quasi sempre
seminude e attorniate da maschietti dallo sguardo da duro ma con barbe&capelli ben curati,
senza un pelo fuori posto, berrettini con visiera e tatuaggi in bella vista.
I Jinjer non fanno eccezione e la
nostra Tati sfoggia, oltre agli immancabili tatuaggi, trucco marcatissimo, anello
al naso e piercing alla lingua. Insomma, tutto il “pacchetto” dei Jinjer ci fa
venire un’allergia condita da una certa prevenzione. In questi “personaggi” non
ritroviamo quell’autenticità e quella genuinità delle metal-women con cui siamo
cresciuti negli anni ottanta prima (Doro Pesch, Kim McAuliffe, Jo Bench), e nei
nineties dopo (la Divina Anneke, Liv Kristine Espenæs, Kari Rueslätten,
Floor Jansen, Tarja Turunen, Simone Simons ecc).
Tutta fuffa e niente arrosto,
quindi?
Eh no, una volta che cominciamo
ad ascoltare la proposta musicale dei quattro di Donetsk i nodi vengono al pettine
perché, nonostante tutto il pre-giudizio che possiamo avere limitandoci
alla loro immagine, qua siamo davanti a qualcosa di “importante”, una realtà sui
generis, capace di attirare l’attenzione anche di vecchi metalheads come noi. E
non soltanto, banalmente, per la magnetica presenza di Tati, quanto per la
capacità che hanno i Jinjer di partire da sonorità nu metal alquanto (ab)usate
e innervarle con gli stilemi più disparati: groove e djent in primis,
certamente; ma anche soluzioni armoniche provenienti da sottogeneri molto
distanti da quest’ultimi, in un approccio progressivo che sicuramente lì fa
distaccare dall’enorme massa di cloni degli In Flames 2.0. Le canzoni della
band attingono a una tavolozza davvero ricca di colori che va dai padrini svedesi a tutta la genie dello djent (Textures su tutti), fino ai nomi sacri del
vecchio (Pantera, Lamb of God) e nuovo (Gojira in primis) groove/thrash metal.
Ascoltando il qui trattato “King of everything” , album col quale i
Nostri fecero il “botto” ormai 5 anni fa, non si può rimanere stupiti da song
come “I Speak Astronomy”, dal pluripremiato video, e la stessa “Pisces”, brano
per il quale sono appunto inseriti nella nostra Rassegna.
Anche se il testo di "Pisces" pare riferito
più agli animali che al segno zodiacale: I
pesci nuotano attraverso il fiume, tutta la vita controcorrente / in cerca di un
uncino che li catturi per vedere il loro raggio di sole / per poi soffocare tra
dolorose torture / sui taglieri di uomini dalle mani callose / sotto la lama di
prestanti macellai / gli smeraldi sono strappati via…
Dopo ripetuti ascolti, lo
dobbiamo riconoscere: i brani degli ucraini girano che è un piacere e, cosa non
scontata, cambiano umore ogni tre per due, passando da parti serratissime in
blast beat (ai limiti del death) a soluzioni jazz-funk davvero spiazzanti
(ascoltatevi “Under the Dome” per capire cosa intendo), fino a sconfinamenti in
territori cross-over metal a-là-Guano Apes e persino reggae (sic!). Spuntano
inoltre qua e là, come ad esempio nel conclusivo divertissement “Beggar’dance”, soluzioni
che strizzano l’occhio, neanche troppo velatamente, al soul e al funky. Con
gusto e consapevole autoironia.
Idee chiare, capacità tecniche,
scrittura fresca. Tutto vero ma sarebbe bastato per il successo planetario dei
Jinjer (recentemente immortalato nell’ottimo live “Alive in Melbourne” dove i
Nostri dimostrano una padronanza strumentale fuori dal comune)? No, non sarebbe
bastato, ve lo assicuro. Perché il punto di forza della band rimane lei, la “Tati”, capace di passare, nel volgere di una frazione di un secondo, da un ferale fry
scream che vira al growl ad acuti strappatonsille, fino a soavi gorgheggi con
un’estensione e una tecnica fuori dal comune. Se non avessi visto i loro video
live, non avrei creduto che dalla stessa ugola potessero scaturire suoni così
diversi! Chapeau…
Immagine, quindi? Sicuramente si.
Hype mediatico? Anche. Ma qui la sostanza c’è; è indubitabile.
E pensare che, se non fosse stato per la Rassegna sullo "Zodiaco Metal", probabilmente sui Jinjer non avreste mai trovato traccia su Metal Mirror...
A cura di Morningrise