Sesta puntata: Nature And Organisation
Eccoci dunque al giro di boa. Nel corso della prima metà
della nostra traversata nei mari oscuri del folk apocalittico abbiamo
avuto modo di conoscere quelli che sono gli artisti e i progetti cardine del
genere.
Primi fra tutti: i capostipiti Death in June,
capitanati da Douglas Pearce, padre spirituale del movimento nonché alfiere
di un folk minimale che dal post-punk degli esordi ha osato spingersi oltre i
lidi del cantautorato più isolazionista.
Poi i Sol Invictus del rivale Tony Wakeford,
il quale aveva militato con Pearce nei Death in June, distaccatosi poi per
edificare una sua personale visione che andava ad avvolgere quello stesso folk
dalle tinte scure in vesti neoclassiche e in un sound tragico quanto magniloquente.
Infine i Current 93 di David Tibet, visionario
cantore e fautore di un folk bucolico che rimaneva esperienza esoterica,
non perdendo i legami concettuali con quell'universo industriale esplorato ad
inizio carriera.
Appena al di sotto di questa trinità, abbiamo incontrato il
folk ancestrale e paganeggiante dei Fire + Ice di Ian Read.
L'essersi inoltre imbattuti nel progetto Boyd Rice and Friends ci ha
permesso di sfiorare la figura di Michael Moynihan, altro personaggio centrale
che avremo modo di approfondire nel capitolo che sarà dedicato ai suoi Blood
Axis.
O neofiti e non-conoscitori del folk apocalittico:
tutto quello che c'è da sapere su questo genere è più o meno contenuto nei
lavori degli artisti e dei progetti che abbiamo appena citato. Ma prima di
procedere oltre e dare uno sguardo su cosa avranno da dire ed aggiungere le nuove
leve, vorremmo ritagliarci un piccolo spazio per parlarvi di un'altra figura
molto importante ai fini dell'evoluzione del genere nel corso degli anni
novanta. Ci stiamo riferendo a Michael Cashmore, ai più noto per le sue numerose
collaborazioni con i Current 93, ma che ha anche avuto modo di "dire la
sua" con un progetto personale: i Nature And Organisation.
Un progetto sfortunato che si è interrotto appena dopo “un
album e mezzo” (il secondo full-lenght "Death in a Snow Leopard
Winter" usciva incompiuto in veste strumentale), ma non per questo
un'esperienza poco significativa, data la straordinaria bellezza dell'unica (ad
oggi) opera ufficialmente rilasciata: quel "Beauty Reaps the Blood of
Solitude" di cui oggi parleremo.
Avevamo incontrato Cashmore parlando di "Thunder
Perfect Mind" dei Current 93, un album che aprì una grande stagione
per la Corrente, oramai convertitasi al credo del folk. Quella stagione
coincise con il consolidarsi della collaborazione con Cashmore, che divenne uno
dei più validi e fedeli compagni di viaggio di Tibet per circa un decennio. Lo
ricordiamo principalmente per la classe con cui maneggia la chitarra, ma questo
non è stato l'unico strumento in cui si è saputo cimentare il Nostro.
Pianoforte, tastiere, glockenspiel, mandolino, percussioni: Cashmore non è un
virtuoso (e chi è un virtuoso nel folk apocalittico?), ma possiede delle
capacità esecutive nettamente sopra la media e soprattutto quella efficacia che
contraddistingue chi ha ispirazione e gusto melodico fuori dal comune: grazie a
queste qualità si è rivelato costantemente in grado di edificare costruzioni
bellissime perfettamente calzanti alla sensibilità di chi di volta in volta gli
ha chiesto un contributo.
Con il suo estro ha "illuminato" l'arte
apocalittica dei Current 93 non solo partecipando alla realizzazione di album
epocali come il già citato "Thunder Perfect Mind", "Of
Ruine or some Blazing Starre", "All the Pretty Little Horses:
The Inmost Light" e "Soft Black Stars", ma anche
contribuendo alla rinascita artistica della Corrente con il bellissimo "Black
Ships Ate the Sky", clamoroso colpo di coda dopo anni di incertezza nel
cammino artistico di David Tibet.
I Current 93, tuttavia, non sono l'unico nome a cui possiamo
associare quello di Cashmore: nel capitolo dedicato ai Fire + Ice lo abbiamo
trovato come "giocatore di peso" nell'ottimo "Birdking",
uno dei lavori più belli della creatura di Ian Read. Ma a guardar bene troviamo
il suo zampino anche nel famigerato "But, What Ends When the Symbols
Shatter?” dei Death in June, "tirato dentro" probabilmente
dall'amico David Tibet, all'epoca assiduo collaboratore di Douglas Pearce.
Senza infine contare gli album solisti, certi dei quali nati sotto il segno di
collaborazioni eccellenti con nomi illustri come Antony Hegarty (“The
Snow Abides”) e Marc Almond (“Feasting with Panthers”). Il
mondo artistico di Cashmore è dunque vario e ricco di sfumature, ma al centro
della sua concezione troviamo sempre forme musicali struggenti, malinconiche,
delicate, eleganti. Tutte caratteristiche che possiede il suo capolavoro
personale "The Beauty Reaps the Blood of Solitude".
Partiamo dicendo che suddetto platter non vive del
solo talento di Cashmore, essendo coinvolti personaggi del calibro di Douglas
Pearce, David Tibet e la "prezzemolina" Rose McDowall, presenza
sempre gradita che ritroviamo in molte produzioni del periodo. Ricordiamo che
correva l'anno 1994 e che gli artisti sopra menzionati vivevano la fase
della loro piena maturità: inevitabilmente questo eccellente stato di forma si
ripercuote sull'operazione, la quale non li vede come semplici comparse. I tre infatti
si avvicenderanno dietro al microfono dando una voce alle raffinate ballate
di Cashmore, le quali comprensibilmente si muovono lungo le stesse coordinate
di quelle contenute nel capolavoro "Of Ruine or Some Blazing Starre"
(sempre dei Current 93) uscito nel medesimo anno.
Si parte alla con una bella introduzione cacofonica presto
seguita dalla malinconica "Wicker Man Song": rilettura di un
brano della tradizione inglese che nella versione dei Nature And Organisation
diviene una avvolgente ninnananna acustica impreziosita dalla voce fatata della
McDowall. Ma siamo solo all'antipasto, perché il meglio dovrà ancora venire.
Sarà un vero tuffo al cuore, infatti, udire poco dopo in "Bloodstreamruns"
l'ispirato recitato di David Tibet, che non perde l'occasione per auto-citarsi
("As I descended with the Blood Dogs Rising, so then I ascended to the
Thunder Perfect Mind..."). Altra ballata, altro giro, tocca questa volta a
Douglas Pearce con "My Black Diaries", folk-song
minimale che si sorregge sui consueti intrecci fra giri di chitarra circolari,
gelide tastiere e voce ferma e sofferta. Questo è anche un episodio anomalo,
perché se non fosse per il ritornello cantato da Tibet e il finale arioso con
tanto di arpeggi tipicamente cashmoriani e gorgheggi femminili, potrebbe
stare benissimo in un album dei Death in June.
A dar manforte a Cashmore troviamo infine un ensemble da
camera che ben esprime le capacità di arrangiatore del musicista inglese.
Gli archi in particolare avranno modo di emergere come protagonisti nei
vari intermezzi in cui il Nostro, fra una ballata e l'altra, prediligerà il
lato più dissonante e claustrofobico della sua arte, giocando efficacemente
sull’effetto contrasto. In questi frangenti, dove capita anche che duellino graffianti
chitarre distorte ed imponenti orchestrazioni, sopravvivono i legami
con l'universo della musica industriale che da sempre costituisce un retroterra
immancabile nel folk apocalittico, sebbene per un autore come Cashmore sia più
lecito parlare di incursioni nell'avanguardia più colta.
Anche la produzione in questo caso si fa più professionale,
con suoni nitidi e dolci che evidenziano ogni singola sfumatura e che si
rivelano essere perfettamente funzionali al mood sognante e “fantastico”
dell’opera. Cashmore, infatti, rispetto agli altri esponenti del genere si
presenta in modo più ordinato e razionale, e la sua musica raramente viene
percorsa da quelle asperità o da quelle crudezze che spesso caratterizzano il
genere.
Cashmore dunque rappresenta il "lato elegante"
del neo-folk e questo suo "The Beauty Reaps the Blood of Solitude"
è un capolavoro senza sbavature che, ad essere pignoli, presenta solo due
"difetti": quello di durare poco (quarantadue risicati minuti sono in
effetti troppo pochi se rapportati alle forze dispiegate ed al potenziale dei
personaggi coinvolti nel progetto) e quello di essere un po' sbilanciato
presentando tutti i suoi momenti migliori nella prima parte (nella seconda, che
non è certo ne' scialba né brutta, il tutto procede in modo ordinario, senza
particolari sussulti né sorprese). Ma al di là di queste inezie "The
Beauty Reaps the Blood of Solitude" fotografa il folk apocalittico in un momento
storico irripetibile nel quale questo genere toccava il suo momento di
massimo splendore.
Discografia essenziale:
Current
93: “Thunder
Perfect Mind” (1992)
Current 93: “Of Ruine or some Blazing Starre” (1994)
Nature And Organisation: “Beauty Reaps the Blood of
Solitude (1994)
Current 93: “All the Pretty Little Horses: The Inmost
Light” (1996)
Current 93: “Soft Black Stars” (1998)
Current 93: “Sleep Has His House (2000)
Fire +
Ice: "Birdking"
(2000)
Current
93: "Black
Ships Ate the Sky" (2006)
Michael
Cashmore: “The Snow
Abides” (2007)
Marc
Almond with Michael Cashmore: “Feasting with Panthers” (2011)