Luogo comune vorrebbe che il
terzo album in studio nella carriera di una band fosse quello decisivo, perché
della piena maturità artistica e dell’affinamento della proposta e stile
intrapresi.
Sono arrivati proprio al fatidico
terzo full lenght in studio i genovesi Blue
Dawn. “Edge Of Chaos” infatti
segue l’omonimo debut del 2011 e il buonissimo “Cycle of pain” del 2013.
Telegrafica scheda per chi non li conoscesse: supportati dalla storica etichetta ligure Black Widow, i Blue Dawn sono fautori di un intrigante incrocio di hard/prog rock e doom metal dalle fonti tinte dark.
Ma attenzione: non siamo di
fronte a una stantia riproposizione di stilemi sabbathiani o di tristi epigoni
di Candlemass e My Dying Bride (per quanto questi Mostri Sacri appartengano
ragionevolmente al background formativo del bassista-cantante Enrico Lanciaprima, fondatore e deus ex
machina della band). No, perché i Nostri declinano gli stilemi succitati in
modo estremamente originale, e soprattutto con una chiave di lettura moderna.
Gli aspetti di tale “modernità”
sono riscontrabili a partire già dalla straniante cover di EOC che ci accoglie
con una labirintica prospettiva di quella che sembrerebbe una futuristica città
(gli amanti dei fumetti Bonelli la potrebbero definire nathan-neveriana!).
Ma è soprattutto nel sound che
ritroviamo tutta una gamma di elementi (che vanno da voci effettate a diversi “rumori
di sottofondo” di stampo noise, fino ad una produzione che dona al prodotto un calzante taglio di “sporcizia live”) che fanno si che EOC non ci faccia guardare alle
decadi passate ma si dimostri un prodotto appartenente decisamente al metal
contemporaneo.
A questo risultato concorre in
maniera decisiva la collaborazione di James
Jason, che i nostri lettori già conoscono. Infatti il mastermind del Gothic Multimedia Project ha un ruolo
fondamentale nella release, fungendo sia da tastierista (in passato vi erano
state già delle collaborazioni in tal senso ma ancora non così “invasive”) che
da ingegnere del suono e addetto al missaggio. Esemplificative dell’apporto di
Jason sono le tracks “Wandering mist” (breve strumentale piena zeppa di liquidi
e inquietanti effetti sonori che rievocano piacevolmente il mondo malsano del
G.M.P.); e la cover di “Sorrows of the moon” dei Celtic Frost (e, vi dirò…a me
piace più dell’originale!).
Se già in “Cycle of pain” i
Nostri avevano dato sfoggio di saper variare le carte in tavola in modo non
canonico, donando alle loro composizioni diverse sfaccettature, giocando coi
cambi di ritmo e di umore e alternando sapientemente pieni e vuoti, rivelando un
cuore e uno spirito progressive, in EOC tutti questi ingredienti vengono
accentuati e, cosa più importante, padroneggiati in modo più professionale.
Dando luogo a un album maturo e convincente nella sua interezza.
Testimonianza lampante di quanto
detto è l’opening song “Sex (under a
shell)” (preceduta dall’intro “The presence”, ad opera dell’ospite di lusso Freddy Delirio dei Death SS), duro brano doomico dove l’alternarsi delle due
voci, maschile nelle strofe (ad opera di Lanciaprima) e femminile nel chorus (protagonista
è la frontman storica del gruppo, Monica
Santo), lasciano spazio nel finale ad un’accelerazione thrashy davvero ben
riuscita in cui si innestano a sorpresa le note di un sax dell'ospite Roberto
Trabona.
Chi ci conosce sa che aborriamo
le recensioni track-by-track ma lasciatemi citare alcuni brani che meritano
un’attenzione maggiore. In primis la lunga strumentale “Serpent’s tongue”, la canzone più Gothica del lotto, sarà per il
tipico sound delle tastiere di Jason. Ma è solo un rapido deja-vu: la chitarra, intrecciata
ai tasti d’avorio di Jason, presto prende le redini del brano per portarci in
un lungo e suggestivo viaggio dark. Gli assoli dei due strumenti portanti si
alternano rivelando la padronanza dei mezzi tecnici dei membri, con un Andrea Di Martino al drum kit che segue
le bizze dei suoi compagni in modo impeccabile.
Da menzionare poi “Dancing on the edge of chaos”, aperta
da un toccante arpeggio di chitarra e dalle note di sax su un sofferto cantato
recitato. La canzone si rivela un’atipica ballata dark, impreziosita da un
assolo centrale di Caesar Remain e un controcanto davvero suggestivo della Santo.
E ancora “Burst of life”, forse la canzona più atipica del lotto, che parte
cadenzata, per poi diventare più nervosa nel bridge strumentale (ottimo qui il
lavoro di Di Martino) per cambiare ancora pelle al minuto 2 e 20”: da pianti il
canto di tastiera di Jason e la voce della Santo che trova in quest’occasione
la sua interpretazione più emozionale; l’assolo legato da Remain completa la
sezione. Solo applausi…due minuti di pura classe.
Al netto di qualche cosa da
limare (una pronuncia dell'inglese di Monica perfettibile; un cantato maschile non sempre
all’altezza della professionalità generale), il disco prosegue compatto&vario allo stesso tempo:
compatto per un fil rouge stilistico che accompagna i brani; vario perché ogni
pezzo ha la sua personalità ed è differente dagli altri.
56’ senza cali di tensione, fino
alla chiusura coi fiocchi di “Baal’s demise”, uno degli highlight del disco,
dove facciamo la piacevole conoscenza della dotatissima guest singer Marcella
Di Marco e ritroviamo ancora il sax di Trabona, davvero un pregevole elemento
aggiunto al sound.
Album quindi che, oltre a
confermare il positivo luogo comune con cui abbiamo aperto la recensione,
cresce col passare degli ascolti (caratteristica fondamentale per la sua
longevità), vuoi per la suddetta varietà dei brani vuoi per un songwriting di pregio che
si rivela a poco a poco.
E che lascia aperta la strada ad evoluzioni future di
qualsiasi tipo. Il prossimo disco potrebbe
portare a un doom più canonico? O a un dark rock dalle tinte industriali? O
ancora magari ad un prog moderno, senza barriere di sorta?
"Edge of Chaos" renderebbe coerente
qualsiasi scelta…
Voto: 7,5
Top song: “Sex (under a shell)”
Flop song: nessuna
Momento top: la sezione centrale per
tastiera e voce di “Burst of life”
Etichetta: Black Widow
Anno: 2017
Dati: 11 canzoni, 56 min.
A cura di Morningrise