"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

2 nov 2018

A LEZIONE DI GEOLOGIA CON I THE OCEAN - ASPETTANDO "PHANEROZOIC"


Stamattina accendo la tv ma nessun telegiornale ne parla. Vado sui siti dei principali giornali italiani ma nisba. E ne rimango basito. Ma come, cazzo: oggi esce, dopo 5 anni di attesa, il nuovo album della più grande metal band attualmente in circolazione e il mondo pare andare avanti senza accorgersene!! Non ci siamo…non ci siamo proprio…

Per fortuna c’è Metal Mirror che colma la lacuna ed è pronto a parlarvi del Collettivo capitanato da Robin Staps!

Sono in fibrillazione, ansioso di ascoltare la nuova creatura dei The Ocean Collective, ma al contempo un po’ timoroso, consapevole che “Pelagial”, il loro album da “10”, capolavoro del metal 4.0, (quello post-“post”, e giustamente già celebrato dal nostro Blog) sotto tutti i punti di vista (musicale, conceptuale e produttivo-esecutivo) sarà difficilmente avvicinabile.

Ma so già che a priori per il sottoscritto “Phanerozoic I: Palaeozoic” si candida ad essere album del 2018. E ve lo diciamo subito: a noi gli 8' di "Cambrian II: Eternal Recurrence" e i 9’ di “Permian: The Great Dying”, i due brani estrapolati e messi in rete dalla band, sono piaciuti. Il loro fine post-metal, sempre bilanciato tra pieni e vuoti, violenza impattante e melodie ricercate, ci sono parsi validi, per quanto a tratti un po’ di maniera. L’ispirazione comunque c’è ed il fatto che le songs crescano ascolto dopo ascolto ne è un sintomo. Ma aspetteremo l’intero album per dare un giudizio globale.

Questo post ha invece lo scopo di “preparare il terreno” al nuovo nato per coloro che non conoscono, o conoscono da poco/poco a fondo, la band tedesca. E poi un po’ di “preparazione all’ascolto” ci vuole visto che ancora una volta i Nostri si cimentano con tematiche che, per capirle a fondo, manco una laurea in Scienze Naturali basterebbe! 

Per sommi capi: il Fanerozoico è un Eone (cioè la massima misura utilizzata dai geologi per individuare i tempi dell’evoluzione terrestre) e il Paleozoico e la prima Era (cioè l’unità di misura immediatamente inferiore all’Eone) del Fanerozoico. Insomma, si parla di cose successe 500 milioni e rotti di anni fa…mica bruscolini! Periodo nel quale si verificarono sostanziali evoluzioni (e conseguenti parziali distruzioni) delle forme di vita vegetali e animali sul nostro Pianeta. Evoluzioni rispetto ad altre di che periodo? A quelle del Precambriano, guarda caso il titolo del full lenght del 2007 dei TOC. E infatti “Phanerozoic” è il seguito, temporalmente mancante nella discografia dei tedeschi, di “Precambrian”. E il raffronto tra le cover dei due album lo esplicita in modo plastico.

Non faremo qui (almeno non in questo post) la recensione di “Phanerozoic”, ma vi guideremo, per comprenderlo meglio, nell’analisi di “Precambrian”, in modo tale che l’ascolto della nuova release possa essere meglio compreso.

Ne aveva già sommariamente, e mirabilmente, parlato il nostro Mementomori nel post sulla classifica dei migliori album doppi del Metal. “Precambrian” è infatti un doppio tomo di 83’ di musica non semplice da assimilare, squilibratamente formato da una prima parte di appena 22’ e una seconda di 61’.

Ancora piccolo ripasso di geologia: il Precambriano è una sorta di Super-Eone che va dall’inizio della formazione della Terra (4 miliardi e mezzo circa di anni fa) fino appunto all’inizio del Farenozoico (540 mln di anni fa) e che raccoglie in sé tre eoni: l’Adeano, l’Archeano e il Proterozoico. E sono appunto questi tre eoni che danno il titolo ai due capitoli di “Precambrian”: il primo “Hadean / Archaean” è una botta nei denti mica da ridere, in cui il post-hardcore di fondo della band viene innervato da robuste siringate di metal a-là-Meshuggah dando vita a una sorta di extreme-metal (a tratti deathoso) tecnico e “matematico” di pregevole fattura, per quanto freddino e “respingente”. Nonostante i brani siano tutti validi (con nota di merito per la splendida, conclusiva “Neoarchaean: To Burn the Dock of Doubt”) noi preferiamo i The Ocean maggiormente riflessivi e vari. Quelli del secondo tomo appunto, “Proterozoic”, in cui l’approccio progressivo emerge in maniera preponderante, mettendo allo scoperto tutte quelle abnormi capacità di scrittura “ad ampio respiro” che si evidenzieranno da “Heliocentric” (2010) in poi. Il minutaggio dei brani si alza perciò esponenzialmente, e le commistioni jazz, sinfoniche ed elettroniche si fanno apprezzare all’interno di uno stile fondamentalmente post-metal/sludge (la meravigliosa “Rhyacian: Untimely Meditations” è l’emblema meglio riuscito di quanto detto).

Clean vocals, inserti di violino, viola e violoncello, di chitarra acustica e slide, di languidi pianoforti, sassofoni e glockenspiel…un impasto sonoro, quello di “Proterozoic”, vario e cangiante, in cui violenza e brutalità vanno naturalmente a braccetto (ascoltatevi la splendida “Ectasian” per farvi un’idea).

Il disco, nella sua lunghezza e complessità, necessita di numerosi ascolti per poter essere apprezzato. E, nonostante certi passaggi possano dare un retrogusto di dispersività, e la materia a volte sfugga di mano nel corso del disco, è del tutto evidente di essere davanti a un prodotto decisamente superiore alla media.

E pensare che, con l’inserimento dell’attuale singer Loïc Rossetti, il meglio doveva ancora venire...

Voto: 7,5
Canzone top: “Stenian: Mount Sorrow”
Momento top: l’alternanza di pieni e vuoti di “Calymmian: Lake Disappointment”
Canzone flop: (a voler essere severi) “Palaeoarchean: Man and the Sea”

Ok, adesso che abbiamo ripassato la lezione sul Precambriano, siamo pronti, auricolari nelle orecchie, a immergerci nel Fanerozoico…schiacciamo “play”…

A cura di Morningrise