Prima dell'ingresso di Tate vado in bagno. Approfitto del fatto che stiano suonando i 'Till death do us part (che manco fanno metal, ma uno scialbo alt-rock che si vorrebbe dark ma senza riuscirci). Almeno mi godrò il concerto senza la vescica piena...mi dirigo con tranquillità verso i bagni quando una ragazza mi supera correndo, entra nell'anti bagno e, non riuscendo a raggiungere il water, vomita direttamente nel lavandino un fiotto violaceo in stile esorcista...
Non il massimo per prepararsi all'ascolto di uno dei miti della propria gioventù...ma per fortuna questa triste scena non sarà la sola che mi rimarrà dell'approdo nel capoluogo ligure dell'ex singer dei Queensryche.
Potrei parlarvi del concerto in sè, un resoconto dettagliato delle due ore e mezza circa di musica; o dell'emozione di ascoltare a dieci metri di distanza dal palco tutta filata l'ora di "Operation: Mindcrime" (che, ricordiamo, ha vinto il primo posto nella nostra classifica relativa ai migliori concept album nel metal); o, ancora, il grande trasporto del pubblico genovese, fino a quel momento fin troppo "misurato", nel cantare a squarciagola i 4 bis, uno più "storico" dell'altro ("Best I can", "Silent lucidity", "Empire" e "Jet city woman").
Ma questo sarebbe la parte più scontata della serata. Basti sapere che il frontman (il 14 gennaio prossimo, 60 anni tondi tondi) ha ancora fiato da vendere, una dignitosissima presenza scenica e una band internazionale (brasiliani, scozzesi, statunitensi) formata da buoni musicisti (su tutti, il guitarist canadese Scott Moughton).
Non vale la pena neppure soffermarsi sui due gruppi spalla, i veronesi Dark Ages (proponenti un dignitoso hard and heavy dalle venature prog, ma sicuramente non molto originali), e i su menzionati 'Till death do us part, trascurabile gruppo alt-rock capitanato dalla figlia di Tate, Emily.
Quello su cui forse è più interessante riflettere è il fatto che, dalla fotografia delle centinaia di persone che affollavano il Teatro Carignano avantieri sera, si faticasse a trovare qualche giovane nato negli anni '90. Ragazzi che rappresentassero una nuova generazione di metalhead; insomma un fisiologico ricambio rispetto ai fan nati negli anni '60 e '70 che Tate e i Queensryche li conosco per forza di cose moto bene. Si, perchè il 99% dei presenti a spanne erano tutti over 40 (pochi) e over 50 (i più).
Ora, va da sè che il nome di Tate e Operation siano più "roba nostra" che degli under 30 cresciuti, eventualmente, con le sonorità heavy del nuovo millennio, ma è anche vero che un minimo di ricostruzione dei capisaldi del proprio genere va fatto. Tutti noi l'abbiamo fatto. E tutti noi arrivati anagraficamente agli "anta" siamo passati attraverso il capolavoro della band di Seattle (così come tutti noi, in redazione, abbiamo comprato e conosciuto i Master of puppets e i Reign in Blood a posteriori). Le nuove generazioni lo fanno? Sanno cosa esisteva prima degli Slipknot? (nome scelto non a caso visto che uno dei pochissimi visi imberbi che ho visto portava su un cappellino della band di Des Moines...)
Insomma, tra tanti crani pelati, barbe bianche, giubbotti jeans pieni di toppe coi loghi di band anni 80, magliette degli Obituary ormai talmente scolorite da non capire neppure quale fosse la copertina del disco...tra tutto questo un pò di nostalgia ti assale alla gola. L'impressione tangibile è quella delle solite facce, raduno di padri di famiglia venuti ad ascoltare un lontano zio (che a breve diventerà facilmente nonno) che, per quanto mantenga mestiere e innegabile talento, sappiamo già che ha visto tempi migliori. E in quel volto un pò afflosciato, in quel corpo imbolsito dalle movenze non più agili, un pò si ritrovano, rispecchiandosi.
Ma guardando il tipo affianco a me, con le vene del collo tirare allo spasimo, cantare a squarciagola parola per parola "I don't believe in love", con le lacrime che gli rigano le guance, allora capisco come questa serata, non solo sia importante per lo spettacolo in sè, ma come serva a tante persone per sentirsi vivi, un pò più giovani, e facenti parti ancora di una comunità che constata in queste occasioni la propria esistenza, celebrando i suoi valori e la musica in cui crede.
Del resto si sa, il popolo metallico è generoso e gli basta poco per emozionarsi ascoltando i brani con cui è cresciuto in adolescenza. Per applaudire convinto, per tributare una standing ovation. Insomma, per uscire a mezzanotte col cuore caldo (nonostante la temperatura quasi sottozero).
Me compreso, ovviamente...
A cura di Morningrise