"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

8 dic 2018

QUANDO LA "GENERAZIONE IN THE WOODS..." SI INDIGNA!


Ma perché sono tornati? Non potevano rimanere relegati nella leggenda con due capolavori e mezzo? Beninteso: ognuno è libero di fare il cazzo che gli pare nella vita, e ciascuno di noi può voltarsi dall’altra parte e continuare a condurre serenamente la propria. Però con certi nomi non si scherza, e soprattutto non si scherza con noi della Generazione In the Woods… 

Noi che non abbiamo potuto testimoniare direttamente la nascita del metal, ma che abbiamo vissuto in prima persona quella bellissima stagione in cui i generi tipici del metal si ampliavano, fondendosi con il folk, con il progressive e con la psichedelia, benedetti dai picchi innevati e dalle foreste della Scandinavia, fra una chiesa bruciata e qualche coltellata...

Già “Pure” non ci aveva entusiasmato, ma almeno fu un dignitoso revival, almeno c’erano i fratelli Botteri. Non ci crederete, ma l’unico membro storico degli In the Woods... rimasto è il batterista Kobro, che peraltro aveva già venduto per due soldi le foreste e il cuore, reinventandosi tutto pelle-borchie-catene-e-cattiveria nei Carpathian Forest di quel sozzone pervertito di Nattefrost. E certo il buon Kobro non ha il carisma per poter garantire la continuità con il passato. Tutto il resto (voce, chitarra, tastiere) è a carico di James Fogarty, altresì conosciuto come Mr Fog, in formazione dal 2015 (!!!) e che non è manco norvegese! Cioè, un inglese a condurre una band per la quale i paesaggi, la natura, la conformazione territoriale della Norvegia erano stati il centro della visione artistica (non a caso gli In the Woods... amavano definire la propria musica earth metal). 

Su questi presupposti esce “Cease the Day”, con tanto di cervo in contesto metropolitano (ah! Eresia!, per una band che si chiama “nei boschi”). Una copertina che tuttavia poteva anche essere intrigante, facendo presagire importanti novità in un progetto di reunion che aveva guardato principalmente al passato ed alle sonorità classiche della band. E se poi anche i Lupi sono scesi in città (mi riferisco agli Ulver di “Perdition City"), perché non lo avrebbero potuto fare anche gli In the Woods...? 

Il problema di “Cease the Day” è che non guarda né in avanti né indietro, ponendosi come un album che semplicemente non è degli In the Woods..., e la cosa è pure comprensibile se si pensa che il grosso della musica proviene da uno che è in formazione da soli tre anni. Il Nebbia, in verità, cerca di inseguire le sonorità del capolavoro “Heart of the Ages”, ma lo fa con il piglio della cover band e peccando di eccessiva aggressività, cosa che sinceramente non richiedevamo. 

C’ero cascato, i primi istanti, con quell’attacco di voce pulita e tastiere molto primi King Crimson. Ma poi, brano dopo brano, al netto di qualche passaggio riuscito (particolarmente gradite risulteranno le epiche cavalcate memori dell'impareggiabile debutto), l’album si sviluppa in modo fin troppo prevedibile (ah! Doppia eresia!). I brani, di durata tutto sommato contenuta considerati gli standard del gruppo, si muovono sistematicamente fra mid-tempo rocciosi e stacchi melodici, voci pulite e screaming (mai così tanto presente in un album degli In the Woods...), con persino qualche sfuriata buttata qua e là (ma perché?). Completano il quadro riff thrashettoni che fanno molto Bathory (peccato che tutto la magia se ne vada a puttane con suoni fin troppo puliti) e citazioni che sembrano guardare più agli Arcturus de “La Masquerade Infernale” che all'illustre canzoniere della band. Insomma, il risultato è un album black metal, quando si sa che i Nostri non hanno mai suonato black metal in senso stretto, prendendo fieramente le distanze dalla scena dell'epoca. Per giunta un black metal spoglio di psichedelia, di derive post-rock, di momenti sognanti, spoglio di tutte quelle scelte irrazionali ma coraggiose che gli In the Woods… amavano dispensare un tempo: un black metal pragmatico, ben suonato e prodotto, dove gli ingredienti vengono bilanciati con attenzione, ma che non convince né quando morde né quando sperimenta. Non azzarda e soprattutto è freddo (ah! Tripla eresia!).  

Mi posso aspettare di tutto dagli In the Woods… (se così possiamo ancora chiamarli), ma non posso tollerare una operazione di copia-e-incolla che potrei perdonare ad una band oggi esordiente. Il problema è proprio quello: “Cease the Day” non sarebbe neppure un brutto album se non ci fosse scritto In the Woods... sopra. Certo, se l’avesse rilasciato una qualsiasi band di giovinastri che intendeva scimmiottare il black metal, il gothic metal, l'avantgarde metal degli anni novanta, forse non ne staremmo nemmeno qua a parlare, ma trattandosi degli In the Woods..., non posso far passare la cosa sotto silenzio. Perché Fogarty? Chi cazzo sei? Con quali credenziali ti sei arrogato il diritto di muoverti sotto cotanto storico marchio? E’ forse colpa delle bollette da pagare di Kobro? 

E se anche Fogarty fosse il fan più appassionato degli In the Woods... che a tutti i costi ha voluto riportare su palco e in studio la sua band preferita, in ogni caso non gli perdonerei il sacrilegio. Francamente non mi spiego nulla di tutta questa situazione assurda: abbiamo accettato persino l’idea che potessero esistere i Voivod senza Piggy, ma questo davvero non riusciamo a mandarlo giù, noi che vedevamo negli In the Woods… più una filosofia di vita che una band vera e propria. 

E per piacere adesso toglietemi quel cazzo di cervo dalla strada che non riesco a parcheggiare.