Dicemmo già in altra occasione del percorso che portò Jon Oliva a fondare un progetto parallelo, Il Dolore di Jon Oliva. La natura di quel progetto, che alla fine poi fu una deriva sinfonica e teatrale dei Savatage, fu il bisogno di ritagliare per sé uno spazio lirico separato, più per pudore e necessità di esprimersi a titolo personale, per rivangare un dolore irrisolto. La firma su quel progetto era forse un atto di umiltà, come dire: badate, è solo un mio progetto, ci tengo a precisarlo. Una diminutio rispetto al nome Savatage, sotto il quale la stessa musica avrebbe ottenuto, e ottenne, più attenzione. Ma anche un atto di onestà artistica, come per dire: guardate, io non esco dal mio dolore, e di quello voglio parlare; mi sento più a mio agio a farlo a titolo personale.
Di fronte a tanti che
litigano sulla paternità di un nome famoso, per poi magari
riproporlo in una salsa totalmente irriconoscibile, o autoplagiarsi,
o pretendere un interesse rinnovato sulla fiducia, questo
atteggiamento defilato di Oliva mantiene la sua dignità.
La maggior parte di
questi progetti con il nome dell'artista sorgono, ahimé, dopo
scissioni, o quando il progetto ricompare ma per onestà si fa il
nome del superstite, come ad avvisare il pubblico che la formazione
per il resto è cambiata. Qualcuno ha usato anche la trovata geniale
di fare il reciproco, cioè per esempio: Black Sabbath featuring Tony
Iommi, che vorrebbe dire i Black Sabbath con la presenza di Tony
Iommi, presenza che era anche l'unica originale. Featuring si
userebbe piuttosto per dire che sono quei Black Sabbath lì, del
periodo in cui compare il tale musicista, o che sono i Black Sabbath
con dentro in particolare quel personaggio (come ospite o componente
straordinario).
Evita a priori questo
tipo di problemi chi lavora con un progetto solista, o a suo nome
intitolato, e quindi in realtà cambia formazione mille volte senza
aver bisogno di rifare la facciata. Ozzy è sempre lui, anche se la
sua fortuna è stata fatta anche da alcune formazioni memorabili che
ha avuto. Poi ci sono i solisti che partono con un progetto da loro
diretto, ma che presentano come tale, vedi i Malmsteen's Rising
Force. Inevitabile che l'ego prenda il sopravvento, anche per
l'instabilità delle formazioni, e alla fine diventi semplicemente
Malmsteen e i Rising Force di turno.
In coda a questo tipo di
soluzioni ci sono quelli che provano a ricordare da dove vengono,
perché è la carta più alta che hanno. Capita di leggere cartelloni
di concerti in cui accanto ad un nome che non dice granché c'è poi
scritto (ex...). Cose tristi, un po' come quando si leggono i
manifesti funebri con scritto “Gianna Verdi, vedova Rossi”, come
a suggerire che la cosa più famosa che Gianna Verdi può vantare è
essere stata moglie di un Rossi.
Per evitare questo
effetto di auto-diminuzione, c'è chi dà il suo nome a supergruppi,
ponendosi così come arbiter di un insieme di grandi nomi del metal,
da coordinare e istruire nell'interpretare sue creazioni, come i Timo
Tolkki's Avalon. Ma l'effetto può essere quello di un polpo che
tenta di tenere insieme i cocci di un vaso.
E in tutto questo
panorama di nomi, cade anche Steven Adler. Non pochi si chiederanno
chi è, e lui lo ha previsto, dopo essere stato rimpiazzato come
batterista dei Guns n' Roses. Infatti, dopo aver passato le
bacchette a Matt Sorum, prova a collaborare con altri musicisti,
usando il nome della band in cui suonava con Slash e Duff, prima dei
Guns n' Roses. Non funziona d'altronde diluire il tuo nome, di per
sé non automaticamente noto, con il nome di una band assolutamente
sconosciuta, non mi pare chimicamente un bell'aggiustamento. Allora
riprende il nome appetite da "Appetite for Destruction", e se li
avoca: Adler's Appetite. Suona un po' una spacconata, “I Guns n' Roses sono io”, o comunque “I Guns n' Roses in versione mia”.
D'accordo, ci sono gli
Slash's Snakepit, ci sono i Duff McKagan's Loaded, ci sono gli Izzy
Stradlin and the Ju Ju Hounds. Nessuno di loro alla fine ha
rinunciato a usare il nome in virtù al ricordo dei Guns che li hanno
resi celebri, ma Adler è stato l'unico a voler rimarcare che andava
avanti lui e rivendicava l'essenza dei Guns di Appetite. Un
nome scelto fuori tempo, nel 2003 tutti avevano ormai capito che i
Guns avevano qualche problema a produrre materiale nuovo e decente.
Nessuno in verità sospettava che tale stallo dipendesse da Adler,
coautore magari di un po' di materiale, ma non così centrale, e
comunque già quasi fuori ai tempi di "Use Your Illusion". Forse
anziché Adler's Appetite sarebbe stato meglio chiamarsi col nome che
avevano pensato per primo, Suki Jones? Mah, francamente direi di no.
Il materiale degli
Adler's a tratti somiglia ai Guns, richiamando proprio le linee
vocali di alcuni brani, incluso uno stile vocale che ricorda quello
stridente di Axl. Ascolto due brani e già ci sento dentro "Nightrain", "You could be mine". In altri passaggi si assaporano sonorità più
sleaze, non aliene ai Guns ma più caratteristiche di altri gruppi
della scena glam-street.
In definitiva, si può
dire una cosa. Mentre nel rock il nome Pinco Pallino's Project spesso
attira l'attenzione su un progetto “d'autore”, e non di rado i
gruppi prendono il nome dei componenti (quando sono due o tre), nel
metal è diverso. Nel metal quando si vede qualcuno spendere il
proprio nome con il genitivo sassone, significa che non ha né la
forza del proprio nome, da solo; né quella di un nome magari ancora
sconosciuto su cui però punta con sicurezza. Il metal non è un
genere di individualità con nome e cognome, quelle esistono dietro
le quinte. Il metal è un genere di personaggi, meglio se immersi
nella fantasia. Meglio se operanti in gruppo.
Quanti gruppi eponimi si
possono contare che abbiano segnato un momento d'ascesa o di
consacrazione? Sono gruppi di fuoriusciti, di riciclati, di apolidi,
di orfani. In più, rischi di beccarti una coltellata, o prima o dopo
averli fondati (Adler e Timo Tolkki sono due casi, ma già fanno
percentuale).
Si salva solo Jon Oliva, per attaccarci bottoni interminabili col suo dolore.
A cura del Dottore
Si salva solo Jon Oliva, per attaccarci bottoni interminabili col suo dolore.
A cura del Dottore