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23 giu 2015

LA MATURITÀ CON I SEPULTURA, A RIPASSO DELLA DIVINA COMMEDIA CON "DANTE XXI"


I Sepultura, quatti quatti, piazzano nel 2006 un disco validissimo, in cui alla chetichella cercano di costruire un concept sulla Divina Commedia su un registro “impossibile” per una narrazione, ovvero thrash hardcore. Stilisticamente si riconoscono alcuni stilemi dei Sepultura che furono, comprese le percussioni etniche e con il valore aggiunto della voce cattiva e corrosiva di Green. Molti hanno criticato l'impostazone “hardcore” di questo cantante, senza contare che i Sepultura sono un gruppo sostanzialmente hardcore ormai da anni, da Chaos AD.


Chiaro che, trattandosi di una sfuriata di metal estremo, si tratti di Divina Commedia o di Pinocchio il risultato era musicalmente uguale, per cui la trattazione del poema si svolge nei testi. Un'ottima occasione per un ripasso, specie per chi ha la maturità in questi giorni.
Fin dal secondo pezzo è evidente l'impostazione “immanente”, ovverosia il fatto che l'aldilà è in realtà metafora dell'aldiqua. Del resto in questo non ci si discosta dall'impostazione dantesca, dove i “regni” dell'oltretomba sono una voragine, una montagna e i cerchi celesti, quindi niente di ulteriore rispetto alla natura. Forse solo Dio è collocato “fuori” da ciò che è conoscibile, un principio di mobilità (fuoco) assoluto fuori dall'ultimo dei livelli celesti, che tutto ordina, muove e tiene insieme, motore e perno.
Il viaggio dantesco è un viaggio mentale, che conduce dalla disperazione alla liberazione, attraverso il rifiuto. Purgatorio e Inferno non sono due mondi diversi per i peccati che vi sono ospitati, quanto due livelli diversi di rapporto col peccato: uno di “non-ritorno” o di “accanimento” nell'idea di cercare l'appagamento attraverso l'offesa a Dio; l'altro, il Purgatorio, è la rabbia di chi reagisce al peccato, per liberare da esso sé o il mondo. Aleggia su tutto un'allegoria politica.

Dark wood of error: Dante, come tutti sanno, si smarrisce in un bosco fitto e buio. Non trova la via, ma oltretutto è braccato da tre bestie feroci. Per i Sepultura queste bestie sono l'Inghilterra, gli USA e l'ONU, che “braccano” le nazioni per costringerle a politiche teoricamente salvifiche, che si rivelano sistematicamente fallimentari e distruttive. Da una parte per l'assenza di un “valore” da abbracciare a livello personale, dall'altra per questa pressione esterna dei “poteri forti”, le comunità umane sono deviate (detour) dalle loro direzioni verso disastrosi percorsi globali.

A questo punto Dante entra nel regno infernale, o meglio entra nel percorso che inizia dall'Inferno. Importantissimo principio della rivelazione spirituale, la rivelazione presuppone l'Inferno, senza di esso il Paradiso è privo di senso.
Cos'è l'Inferno: una condanna a vivere. Chi identifica la soluzione nel “peccato”, si sente condannato a vivere una vita in cui non è libero di avere ciò che vuole e quindi la vita come limite, privazione, ossessione di inappagamento. Chi è in questa dimensione mentale è rivolto dalla parte opposta della verità, di Dio per chi crede, ovvero non vede la verità lontana o difficile, semplicemente scambia il problema per la soluzione.
I cerchi infernali si restringono quando più si avvicinano al nucleo dell'inferno, che è un nucleo puntiforme e infimo (Lucifero), quanto di più lontano da una visione “libera” e compiuta della vita. I Sepultura chiamano il male “The Fiction of Life”, ovvero l'apparenza di una vita, una vita “finta”, poiché impostata sull'auto-appagamento in maniera non armonica. Così facendo non si realizza la vita, ma una schiavitù ad alcuni aspetti della vita, che essendo disarmonizzati con il resto non producono neanche l'appagamento che dovrebbero.

Comunque, e qui Inferno e Purgatorio rispettano lo stesso ordine, quelli che trombano sono di rango più elevato (Alto Inferno) degli altri peccatori. Seguono i fraudolenti (Malebolge), mentre i peggiori sono quelli che vendono gli altri, i traditori in senso lato (della fiducia). 
Prima di entrare nel Basso Inferno compaiono gli eretici, che tuttavia pare strano trovare all'Inferno se, secondo la visione dei Sepultura, in realtà sono i “dissidenti”, e quindi gli alfieri del libero pensiero, condannati dalla cultura dominante.
La cosa si capisce meglio se si procede oltre e soprattutto alla fine, nell'episodio “Corona e Mitra”: la ribellione può essere infernale, purgatoriale o paradisiaca. I tre livelli sono tre stadi che non necessariamente riguardano emozioni o direzioni diverse, ma hanno diverso respiro. La ribellione infernale logora il ribelle; la ribellione purgatoriale è una via fallimentare; quella paradisiaca è la ribellione in cui il ribelle sacrifica la propria ribellione individuale per la causa.

L'eretico della “Città di Dite” è quindi un dannato non per la sua ribellione, ma per come l'ha espressa. Del resto, apriamo una parentesi: se l'Inferno fosse letteralmente un luogo senza ritorno, speranza e sede di una dannazione senza fine, che senso avrebbe graduarlo in gironi? La colpa eterna, che si sconta senza espiazione, non può essere più o meno pesante: è evidente che quindi che ci sono “gli” inferni e che dall'Inferno (ma nessuno lo deve sapere) si passa in realtà al Purgatorio.

Solamente che mentre nel Purgatorio il passaggio è questione burocratica, c'è una trafila di espiazione della pena, all'Inferno il passaggio è soggettivo, assolutamente individuale e imprevedibile.
Vero che “si è ciò che si vive” e che quindi nessuno sceglie quale peccato gli toccherà di vivere, ma del resto peccare non significa essere dannati, c'è sempre un'ascesa possibile, anzi programmata (purgatorio). Se mai la dannazione spetta ai peccatori che si volgono dalla parte del peccato, che credono nel peccato. L'Inferno si chiude sulle note di “Fighting on”, un segno di speranza oltre le porte dell'Inferno. Del resto, anche topograficamente, come si fa a passare dal centro della Terra, dove risiede Lucifero, al Purgatorio, che inizia come la base di una montagna, cioè dalla Terra.
Unica soluzione: l'Inferno dantesco è una spirale messa sottoterra e il cui centro rimanda poi alla base del monte.
La “profondità” è simbolica, per dare un'idea di gravità, ma non di allontanamento.

Il Purgatorio è sede di peccati ugualmente gravi, come l'abuso sui bambini da parte dei preti e la minaccia nucleare come strumento di terrore globale, ma è il “Dante” (con la voce di Green) che è cambiato: non più dentro un abisso, ma ai piedi di un monte. La redenzione, l'uscita dal male, è possibile, anche se difficile e lontana. Green lo urla in “Repeating the horror”.

Così si entra nel Paradiso, in cui Dante è incoronato come “padrone di se stesso” e non ha più bisogno né di identificare il proprio Dio in una parte del mondo da accumulare o consumare (denaro, sesso etc), né deve disperare di potercela fare con le proprie forze e per questo rassegnarsi ai mali del mondo e cercare di incanalarsi nel sistema dei peccati altrui per restare a galla. Dante ora cammina con le sue gambe, sa di non poter controllare il mondo, ma di poter provare a migliorare le cose, e di poterlo fare avendo “compassione” dell'errore: non terrore, né odio per l'errore.

I Sepultura quindi ci danno una mano a riscoprire uno dei nostri capolavori.
Rimane un mistero del perché questa fonte inesauribile di orrori e spunti soprannaturali non sia stata saccheggiata esplicitamente dai gruppi metal, comunque la cosa più interessante è soprattutto il percorso spirituale. La Divina Commedia, l'avevo sempre pensato, è in realtà un testo blasfemo, perché finisce per descrivere un percorso decisamente interno all'anima e se Dante doveva in parte proteggersi da questa impostazione eretica con posizioni formalmente ortodosse sul piano teologico, è pur vero che gli spunti per una interpretazione esoterica, che parte dall'uomo e rimanda simbolicamente all'uomo stesso, è abbondantemente suggerita.
I Sepultura completano l'opera con la loro rilettura e ci restituiscono un Dante alla ricerca di una propria rinascita spirituale in un mondo “figurato” in cui la “fiamma eterna e ferma” che muove i cieli coincide in realtà con l'identificazione tra il cosmo e la propria anima, l'armonia psicologica dell'uomo con la natura.

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