Chiudiamo la nostra Retrospettiva sui Blue Öyster Cult con le ultime due pubblicazioni del "periodo d'oro" della band; periodo su cui abbiamo focalizzato la nostra analisi.
Un triennio memorabile come quello trascorso tra il '72 e il '74 non
poteva che essere “immortalato” in un live. Quello dei BÖC verrà pubblicato nel
1975 e raccolse diverse registrazioni di concerti avvenuti tra l’aprile e
l’ottobre del 1974.
“On your feet or on your knees” (splendido titolo per una
copertina ancor più bella) sono quasi 80’ di grandissimo hard rock che va a
pescare in maniera bilanciata dai primi tre immortali dischi (3 canzoni per
album), con l’aggiunta di un boogie scatenato di oltre 7’ e mezzo di Roeser
(“Buck’s boogie”) e due cover finali: “Maserati GT (I ain’t got you)” del
jazzista Calvin Carter e la celebrativa “Born to be wild” degli Steppenwolf.
Quest’ultima la voglio interpretare come un suggello emblematico, quasi una
dichiarazione di appartenenza a quel gruppo di band che, di fatto, hanno dato
il “là” ai primi vagiti dell’heavy metal (di cui Metal Mirror già vi aveva parlato anni
fa). Un live in cui i Nostri dimostrano una coesione totale, una capacità
d’esecuzione fuori dal comune, rendendo i loro bani ancora più poderosi, adrenalinici
e, in sostanza, più heavy rispetto alle versioni su disco.
Uno di quei live che
avrebbe potuto di diritto far parte della nostra classifica sui 10 migliori
live del metal…
Voto: 8
“Agents of fortune” (1976)
Ecco…uno si sbatte, da il meglio
di sé, riesce a esprimere il top della sua arte…e non se lo fila quasi
nessuno…a quel punto ti rilassi, abbassi la guardia, fai uscire un disco sì
“più che buono” ma niente di paragonabile con quelli passati…e che succede? Che
il successo ti travolge, i dischi diventano “d’oro” e i concerti sono seguiti
da folle oceaniche! E’ quello che successe ai Nostri con la pubblicazione di
AOF, una sorta di riassunto, in versione più edulcorata, dell’inferno
concettuale e sonoro del trittico di full lenght precedente.
Per carità, ci
sono canzoni validissime, in particolare nella prima metà del platter (del
resto la classe non è acqua). Ma è grazie a “(Don’t Fear) The Reaper”, loro
super classico osannato da più parti (compresi artisti extramusicali come
Stephen King e David Cronenberg), che i BÖC spiccarono il volo commerciale e di
apprezzamento della critica musicale.
Sandy Pearlman produce ancora, ma scrive per i
suoi protetti solo un brano (l’ottima “E.T.I. (Extra Terrestrial Intelligence)”. E il tutto, non a caso, ne risente. Non parliamo di fumo negli occhi,
per carità, ma che qualcosa si sia rotto nell’ispirazione dei cinque polistrumentisti è evidente, sennò non avremmo canzoni piattine, piacevoli ma per i loro canoni banalotte, come “Sinful love”, “Tattoo vampire” o “Tenderloin”.
Insomma, una sorta di hard-rock
più melodico, più elegante, con arrangiamenti validi e articolati (summa di
tutto questo è la top song del disco “Morning final”), ma sicuramente meno
conturbante e affascinante di quanto fatto in passato…
Voto: 7+
La nostra Retrospettiva finisce
qui. Non tanto perché gli album successivi della band fossero da buttare
(dischi come “Spectres” o “Fire of unknown origin” non furono dei capolavori ma
sicuramente album piacevoli e più che discreti), quanto per il fatto che per un palato prettamente metallico, gli album da conoscere sono questi riportati.
In
realtà un “colpo di coda” ai livelli dei tempi andati, i BÖC lo riassestarono
nel 1988 con il fenomenale “Imaginos”,
platter che andrà a riprendere certi umori, stili e ambientazioni del primo
trittico per riassestarli in un concept bizzarro (la cronologia delle storie
narrate è volutamente mischiato) ma estremamente affascinante. E con dei brani
che per la loro bellezza, epicità e magniloquenza (andatevi a sentire “In the
presence of another world” e sappiatemi dire) sono accostabili direttamente ai primi dischi che abbiamo trattato in questa nostra carrellata.
Difficilissimo, in fin dei conti,
tracciare un riassunto dell’eredità di questa band. Sono stati al contempo
frutto di stili passati e anticipatori di sonorità future. Tanto che il pregio
maggiore che probabilmente gli possiamo attribuire è il fatto di essere stati
musicalmente e culturalmente influenti quando, negli anni ottanta, i gruppi loro coevi, che nei seventies li
avevano superati in termine di vendite e acclamazione della critica, non lo
erano più.
Quello che è certo è che la loro
musica è attuale, conturbante, emozionante. E misteriosa.
Tanto da essere, nella
loro genialità e fantasia, ancora oggi un enorme punto interrogativo della
Storia del Rock.
Lunga vita al Culto…
A cura di Morningrise