"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

13 ago 2018

VIAGGIO NEL METAL ASIATICO: LE BREVI E RIGOGLIOSE FIORITURE DEL VIETNAM - Parte II



Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta del metal vietnamita, cominciato nello scorso post di Metal Mirror!

Uscendo dal ghetto del brutal, il gruppo che sentirei di consigliare sono i Voluptuary, death thrash con trovate interessanti, come la linea di basso in primo piano, gli inserti tastieristici dal sapore spaziale piuttosto che industriale.
Da citare anche Windrunner, che riescono a mettere insieme una “cosa” che inizia come un suicidal-depressive sperimentale, e si condisce strada facendo di voce pulita femminile “acqua e sapone”, arpeggi, svisature varie.

Il death non è soltanto sulla carta, numerosi video testimoniano una attività live. I Bloodshed suonano in una sorta di prova “aperta” al pubblico con un sapiente trucco, quello di inquadrare dall'altro con un grand'angolo, così da dare l'impressione di uno spazio almeno pari a quello di un cinema parrocchiale. Spulciando poi in rete si scopre la raggelante verità: non si tratta di una prova di garage, ma di un festival intitolato Tritacarne gigante, a cui prendono parte le realtà del death vietnamita, praticamente ad oggi tutte defunte tranne i Bloodshed.

Mentre scorrevo questi video live e di interviste, cominciava a imporsi inquietante un quesito: perché questi pontificano sul metal in una lingua che pare portoghese? Dopo aver accantonato quella che credevo una allucinazione, mi trovo a leggere che la lingua vietnamita ha una base di caratteri latini fonetica portoghese.

Black vietnamita. Come anche più volte notato nella produzione africana, il black metal tende qui ad assumere tinte positive. Ossimoro in tutta Europa (ma non in USA), il black dai colori caldi è forse prima di tutto un sentire, prima che una consapevole scelta stilistica. Per questo a volte dal black si ha l'impressione di tornare indietro su generi proto-black, il reciproco di quello che è il “blackened” death, che potremmo chiamare un “de-blackened” black. Da noi questo genere, un po' perso per la strada, era ad esempio il black bellico dei Keep of Kalessin.

Offrono esempi di queste soluzioni i già citati Rot, Sword of Darkness (più epici), Vothana. Questi ultimi, californiani di adozione, mantengono un fitto mistero sulla propria identità per alimentare l'alone del mito. Li tradiscono alcuni piccoli dettagli, e cioè il nome vietnamita, e i testi in vietnamita. Soprattutto in "Hoàng Gia Phần" del 2007 esprimono uno spasimo tanto crudo quanto positivo. Un sentimento riflessivo ma di apertura al futuro aleggia in questa lunga corsa di 15 minuti. La cosa più curiosa è se ci sia, come è probabile, un percorso etimologico che porta dal germanico Wotan (vari significati compresi anche quello di “forza che pervade”), al vietnamita Vo-Than, che significa ateo, e che fosse passano per un significato “a ponte” (ma è solo un'ipotesi) del “ciò che sta altrove”, a seconda che lo si intenda come affermazione dell'esistenza di un “divino” o antagonismo della divinità imposta. Viene da chiedersi cosa muova questi orientali nel loro odio esplicitamente anticristiano: tre loghi molto elaborati con un totale di 3 pentagrammi, 6 croci rovesciate e un 666. Il 10% della popolazione di fede cristiano, in paese peraltro comunista e senza religione di stato, è quindi già sufficiente a scatenare l'Inferno. Cosa succederebbe se avessero il Vaticano accanto ad Hanoi?

C'è qualche realizzazione di metal classico di livello, soprattutto il metal orchestrale degli Unlimited. Orchestra classica con direttore in frac sul palco e inizio da dietro con trombone. Gli Unlimited vanno avanti per una decina di minuti in un botta e risposta tra parti ariose e parti compresse, tra compostezza e pirotecnicità, per poi lasciar spazio al primo cantante che finalmente mette in campo una voce con capacità interpretative. Di cosa non saprei, data la barriera linguistica, ed è un peccato, perché questi testi, giovani e sicuramente solari, sono sicuramente un modo per voltare pagina rispetto agli stereotipi e alle memorie dolorose di una nazione dilaniata dalle guerra.

Secondo me però il testo potrebbe essere il seguente:

Rambo: Colonnello, si ricorda quando Murdock ha detto che comandava il 2° battaglione a Comtun nel '66?

Col. Trautman: Sì, certo.

Rambo: Il secondo battaglione era a Cuzank. Io mi fido solo di lei. Come sempre, signore.

A cura del Dottore

(vedi puntate precedenti)