"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

3 gen 2017

LEZIONI DI SATANISMO A FASCICOLI: L'EREDITA' DI DANZIG



Glenn Danzig si spegne. E lo fa maestosamente. Succede dopo il quarto disco. O meglio, succede in coda al quarto disco, "Danzig 4". Il brano fantasma, piazzato dopo una lunga pausa dopo l'ultimo brano dichiarato, è un ponte ideale con l'album strumentale “Black Aria”. Ne costituisce la premessa e contemporaneamente il raccordo.
Il valore di questo brano non è tanto musicale, è una semplice e gradevole nenia, ma nel significato del testo, la descrizione di un demone che rispecchia e libera la natura dell'uomo:

Il demone viene ma vuol'esser chiamato...

Il demone”, un'entità non introdotta ma indicata come se l'ascoltatore la dovesse già conoscere. Il demone, inutile far finta di non sapere chi è, di chi stiamo parlando. Il demone, non ce ne sono altri, non c'è ambiguità. Inutile anche far finta di non averlo mai visto, né chiamato, o allontanato. E' come dire “il signore” (Dàimon, che peraltro sarebbe anche una possibile traduzione letterale). Anche chi non ci crede, chi non lo ritiene esistente, o sussistente, sa di quale immagine mentale stiamo parlando.

Qui non si usa il plurale, come in altre rappresentazioni delle divinità sataniche, in cui Satana è poi disperso in numerose identità, proprio a significare l'assenza di verità unica. Qui il demone è uno, o meglio come unità risponde alla chiamata dell'uomo, e come tale vuol'esser invocato.

Il demone mi chiama da lontano...

Si tratta quindi di una entità latente, ma non sepolta. Qualcosa che esce dalla tana, pronta a farlo, per intridere chi lo invoca. Per capire chi sia questo demone, torniamo indietro a "Black Aria" ed alla storia che secondo me racconta. Si tratta, e fin qui non è difficile da capire, dalla copertina e dai primi titoli, della storia degli angeli ribelli cacciati dal Paradiso.
"Overtoure of the Rebel Angels" descrive la turbolenza cosmica di Lucifero e dei suoi alleati, che creano un punto di non ritorno nell'ordine celeste. Lucifero si stacca dalla confraternita celeste e progetta un colpo di stato ("Conspiracy Dirge"), lo tenta ("Battle for Heaven") e fallisce. Il cuore del disco, “Retreat and Descent”, vede l'esercito degli angeli ribelli procedere verso l'esilio terrestre. Un pianto solitario ("And the Angels Weep") chiude questo primo atto.

L'alba del giorno dopo è un vero risveglio post-atomico, su una landa desolata. Ma un principio femminile, forse la terra stessa ("The Morrigu"), produce una progenie: la razza umana. L'intelligenza dell'uomo si accende nell'ultimo brano ("Cwn Yawnn" o come cazzo si scrive), con un linguaggio e un'espressività ancora indefinita, che prenderà forma, la forma della rivalsa.

Ci sono due modi per concepire la parabola della cacciata dal Paradiso. La prima è una rivolta fallita di una fronda minoritaria contro lo strapotere di Dio, che non doveva neanche essere sfidato. Secondo questa visione, Lucifero è l'antagonista che è poi espulso dal governo del Paradiso, ma non dal creato, sul quale continua ad avere in realtà una importante influenza.

La visione capovolta invece vede un Lucifero consapevole di sé, e quindi ribelle contro la condivisione della volontà con gli altri: l'individuazione che Lucifero fa di sé è un tutt'uno con il suo destino futuro, di distacco dal plasma primigenio del Paradiso e di precipitazione sulla terra. La conquista del Paradiso da parte degli angeli ribelli è l'utopia umana, cioè la conquista della felicità individuale. L'individuo, quando definisce se stesso, si proietta verso un'altra dimensione, quella terrena, su cui non troverà felicità, ma solo la sua ricerca, una tensione ideale. Questa sarà la sua croce e delizia.

Il Paradiso, in realtà, è un non-problema. Non è un regno perduto. Non c'era niente, solo un plancton privo di intelligenza e di vita individuale, un coacervo in cui le individualità non esistevano. Tutto il resto è la vita, che inizia come un risveglio doloroso ma prosegue come una scoperta, per risultare poi infine un delicato equilibrio di queste due componenti.
“Il demone” o “Il signore” secondo la rivelazione luciferina non è un antagonista terrestre al Dio paradisiaco, ma una forza terrena, il cui trono sono tutti gli individui, ma nessuna collettività. Esistono tanti dei quanti individui, e nessun Dio di gruppo. La preghiera è pertanto un atto individuale, privato, e non riproducibile.

Ma davvero si può leggere tutto questo in "Black Aria"? Forse, vi dovete fidare. Vero è che per la prima volta Danzig dedica un'opera al satanismo, in chiave luciferina, dopo aver anticipato al suo pubblico questo suo pallino con primi piani di una croce rovesciata, un titolo come "Lucifuge" e singoli brani come "Godless". Sul piano musicale, chiunque abbia speso anche solo due minuti all'ascolto dei dischi di Burzum con il sintetizzatore, o passa minuti ad ascoltare i silenzi rumorosi dei Sunn O))), non può storcere la bocca di fronte a niente, e quindi un'ascoltata a Black Aria gliela dia pure.
Dopo la fine della storia, si torna a bomba su “Invocation”, la canzone fantasma di "Danzig 4". Il dàimon è quindi Lucifero, ma in una versione di demone individuale, di realizzazione spirituale. Vediamone i connotati:

Il demone viene ma vuol'esser chiamato
Viene nel sonno di ogni dimora
irrompe nella notte e amplifica le vibrazioni
Il demone arriva ad ognuno

Il demone mi chiama da lontano
Il demone non ha altro potere
se non quello di stendere le gambe
a coloro che sono destinati a morire

Il demone ha un solo unico difetto
Si attarda quando non il caso di restare
Non è il caso di restare ma invece andare
Il demone non ha anima

Il demone non ha una vera e propria anima
Il suo respiro è freddo come la mano dell'Inverno
I suoi capelli sono il buio della notte
Il demone ti offre l'affondo dei suoi denti

Il demone non è una forma di vita nota
Egli vive ma non è mai nato
I suoi occhi sono del carbone più nero
Il demone non ha anima

Molte sono le facce del demone
E molte le forme che prende
Attento a non cedere all'incanto di nessuna
Il demone arriva ad ognuno

Alcuni sono classici connotati demoniaci, altri invece sono aspetti insoliti, tra i quali spicca quell'attardarsi invece di andar via, l'unico “errore” del demone. Il demone della conoscenza, della consapevolezza, dovrebbe lasciar stare l'uomo. Così facendo ne aumenta l'individualità, ma ne riduce la felicità. Il destino umano si svolge tutto in bilico tra l'esaltazione di sé e la solitudine. L'individuo spicca dal gruppo, ma poi si trova solo, e in questo delicato limite è il senso ultimo del demone. Il demone è il bene ed il male insieme: esso è l'acquisizione di identità ma anche l'eccessivo isolamento di questa identità. Il suo opposto è l'abdicazione alla propria individualità, che corrisponde alle divinità superiori, trascendenti.

A livello teologico, il demone che abita la terra non è colui che si è ribellato a Dio, ma colui che in assenza di Dio ha voluto rifiutare la divinità statica e inumana del Paradiso, ben sapendo che ne avrebbe ricavato un regno inferiore ma più dinamico: quello terreno.
La variante di Danzig è interessante perché va oltre il luciferino puro e semplice. In una ideologia luciferina, la volontà di trasgressione è l'affermazione di sé, e in questo si compie. Il demone invece non ti dice semplicemente “fa ciò che vuoi”, come nel motto di Aleister Crowley, ma ti dice che ciò che vuoi è il tuo punto di partenza ma anche la tua debolezza. Tu non sei niente al di fuori della tua forza e della tua debolezza. Fai un po' te...
Questo è il messaggio del “demone”, che è sgradevole proprio per questo: non viene a portare una buona novella, viene a portare una “novella” coraggiosa. Compare di notte, senza occhi, senz'anima. Simboleggia il coraggio di tirar fuori la tua luce quando intorno è buio. Per questo il dio individuale non sa bene se rimanere o andar via: perché la consapevolezza è un regalo difficile. Se è poca, sei un'ameba. Se è troppa, è una maledizione. Ma l'unica alternativa allora è il Paradiso. Bianco, luminoso e disumano.
“L'unica forza del demone è di stender le gambe a coloro il cui destino è morire”. In questo verso si riassume l'essenza del messaggio, a ponte tra il ribellismo e il razionalismo satanico: la forza del demone è quella di decretare la morte di ogni illusione, nel momento in cui questa prende la via della degenerazione. Un duplice rapporto quindi con il sogno: il demone lo sostiene come spinta vitale, ma lo ammazza come perdita della consapevolezza.
Per questo, ed è il culmine della “dottrina” satanica, il demone non è qualcosa da attendere, come il messia, ma quasi da sconsigliare. Il demone è una chiave, che permette di aprire una porta. Per ognuno questa chiave può esser diversa, ma la porta è sempre quella della curiosità. Ironicamente, il comandamento non è “fidati del demone”, ma è “fa attenzione a non fartelo piacere”

Il demone ha mille facce, e molte le forme che prende. Attenzione a non fartene piacere nessuna, perché il demone arriva a chiunque”.

Il demone quindi è un destino. Se hai uno scopo, lo scopo ti cercherà. Nella tua realizzazione starà poi la doppia faccia della libertà, che ti darà soddisfazione ma malinconia, pienezza ma fragilità, pieni e vuoti. Poiché al destino non si sfugge, se non nel liquido amniotico del paradiso di chi ancora non è nato, il destino va compiuto consapevolmente. Né adorato, né evitato. Il demone è un dialogo interiore: ti chiama da lontano, ma poi vuol esser da te chiamato. Questo processo di conoscenza e avvicinamento è reversibile finché il demone non è vicino, perché allora si attarderà e non vorrà andarsene.

Lo sciamano Danzig mantiene questa sottile ambiguità: da una parte mette in guardia dal demone, dall'altra ti ricorda che devi invocarlo se vuoi che venga. Come dire: se lo vuoi si fa così, ma pensaci bene...

Per Danzig questo è un punto d'arrivo, dopo anni passati nella celebrazione di un vuoto desolato, un nichilismo esteticamente affascinante, ma irrisolto.
Ai tempi dei Samhain, in canzoni come “To Walk the Night”, il gelo dell'assenza di ideali positivi si sente sulla pelle “camminare nella notte, non sentire alcun amore, non sentire mai più il tocco di un nuovo bacio”. Dal fuoco a fiammiferi a ripetizione dei Misfits, alla brace frastagliata dei Samhain, fino al ceppo acceso dei Danzig, che si spegne elegantemente.

"Invocation" è quindi la preghiera al demone creativo di Danzig, utile punto di partenza per chi voglia ripassarsi il percorso spirituale che dall'orrore grottesco porta al nichilismo, e infine al calore nero della volontà individuale “senza Dio”. Ma anche un punto di vista originale sulla figura di Satana, a metà tra il satanismo razionalista e quello luciferino.


A cura del Dottore