Non ho avuto modo di parlarne prima, ma la colpa è mia. Era proprio il senso di colpa che mi bloccava a scrivere ancora sui Rhapsody Of Fire.
Non ditelo a nessuno ma questo disco del 2016 a me è piaciuto!
Non ditelo a nessuno ma questo disco del 2016 a me è piaciuto!
Il secondo album senza Turilli esce in un'atmosfera di scissione, nervosismo, ripicca ed è una gara a dimostrare chi può fare a meno di chi.
Come quando finisce una storia d'amore si millanta serenità usando aggettivi mirabolanti, così Staropoli sta benissimo-anzi-una-meraviglia senza Turilli, mentre Luca non vedeva l'ora di comporre senza Alex e non si è mai sentito così libero ed ispirato.
La realtà però è che quei due si sono divisi tutto di quel poco che era rimasto della meravigliosa stagione passata dei Rhapsody: a te la chitarra, a me le tastiere; a te il nome, a me il logo, a te il batterista, a me il produttore; a te i draghi, a me i castelli; a te la mamma, a me il papà; a te Lione, a me uno che almeno sa pronunciare "fire" senza sputare; a te la fiatella, a me le occhiaie; a te le miniature di Warhammer, a me la PlayStation; a te gli unicorni, a me le foreste incantate e così via.
Proprio ora che gli echi di reunion sono diventati realtà, estromettendo Staropoli dall'ultimo tour definitivo della loro carriera, i ROF rilasciano un disco che nasce già morto.
Il vantaggio di nascere morti sta nell'imbattibilità, così "Into the legend" viene ascoltato con curiosità e senza pretese, ma non delude. Non mi aspetto niente ma invece ricevo qualcosa, qualche melodia e gioco sinfonico che mi affascina, ma anche una certa sensazione positiva. Un buon "canto del cigno" grazie al soprano Manuela Kriscak e ad emozioni che mi prendono quasi non volendo, come quelle risate che ti scappano nei momenti in cui sei arrabbiato.
Il vantaggio di nascere morti sta nell'imbattibilità, così "Into the legend" viene ascoltato con curiosità e senza pretese, ma non delude. Non mi aspetto niente ma invece ricevo qualcosa, qualche melodia e gioco sinfonico che mi affascina, ma anche una certa sensazione positiva. Un buon "canto del cigno" grazie al soprano Manuela Kriscak e ad emozioni che mi prendono quasi non volendo, come quelle risate che ti scappano nei momenti in cui sei arrabbiato.
E' quindi un disco apprezzabile quello che lascia ai posteri Staropoli, ma ecco che mi chiedo: proprio ora che si pianificano le date per il tuor d'addio, adesso che i fans mettono i soldi nel salvadanaio per ascoltare "Emerald sword" ancora una volta dal vivo, proprio in questa stagione conclusiva, è veramente necessario estromettere Staropoli? Chi siete voi per negare la presenza delle occhiaie e degli addominali di Alex nella tournèe conclusiva? Chi sei tu invece Alex per non partecipare? Non voglio sapere i motivi e le colpe, ma Staropoli non è Roger Waters che può permettersi di vivere senza i Pink Floyd e far sentire il "rumore" della sua assenza; e al contempo Turilli e Lione non sarebbero stati tali senza le orchestrazioni del nostro Alex.
Non fatelo per noi che alla fine dormiamo comunque, ma fatelo per voi stessi e ripensate a un tour tutti assieme prima di sparire per sempre nei sensi di colpa, prima di rimpiangervi sul letto di morte, prima di raccontare ai vostri nipoti i valori dell'amicizia e lealtà, salvo mordersi la dentiera sul finale della saga.
Forse solo allora entrerete nella leggenda...
Canzone top: "Valley of shadow"
Momento top: il ritmo epico e marziale di "Winter's rain"
Canzone flop: "Shining stars"
Anno: 2016
Etichetta: AFM Records
Dati: 10 canzoni, 67 minuti