Torniamo alla visione di “ForeBears”.
Avevamo lasciato il nostro Conte a bersi un bel bicchiere d’acqua frizzante.
Sempre seguito da primi piani esasperati, saltiamo sulla jeep color militare
di Varg e lo accompagnamo a…fare benzina (!!!) e subito dopo lo seguiamo nel
lungo e pallosissimo procedimento di affilamento
di una lama nel giardino di casa.
Quello che colpisce già dopo
pochi minuti di visione sono gli accostamenti delle scene. Tipo: il Conte entra
nel capanno degli attrezzi e subito dopo abbiamo una voce in sottofondo che
recita dei versi sempre relativi alle divinità egiziane con in primo piano i rami di un albero di fichi.
O ancora: lunghissima sequenza in cui il Conte giace supino ad occhi aperti a meditare in
una stanza vuota e scalcinata mentre un povero uccellino cerca di uscire dalla
stanza ma va a sbattere contro una rete che chiude un piccolo varco in alto
(simbolismo che rimanda al periodo di detenzione?). Affianco a Varg cosa c’è?
Un fucile d’assalto bello grosso, con tanto di mirino di precisione e
portamunizioni.
Giustapposizioni quantomeno azzardate…
Finalmente al minuto 20’ entra in
scena Marie Cachet, la moglie
francese del Conte è intenta a spaccare una pietra con un mazzuolo, seduta su pelli
di animali su un prato battuto dal vento. La scena, ancora di una noia mortale, è
alternata alla soggettiva della macchina del Conte che attraversa una solitaria
galleria a senso unico: altra lunghissima sequenza di una stucchevolezza
devastante.
Finalmente la galleria finisce e il conte si ritrova in una
splendida vallata boscosa, contorniata da vette montane parzialmente innevate,
mentre un coniglio zampetta veloce ai bordi della strada. Il viaggio prosegue
(in strada non si vede anima viva…) e nel frattempo la Cachet ha finalmente
finito di spezzare il suo pietrone e ha disposto ordinatamente i vari frammenti
del masso su una pelliccia bianca per terra. Nel frattempo il paesaggio che
attraversa la jeep è lunare, selvaggio, praticamente deserto. Fino ad arrivare
ad un lago e ad una casa ormai in rovina dove il Conte si fa un giretto prima
di risalire sulla jeep (cui prodest?).
La noia continua a farla da
padrona (per fortuna in sottofondo ci sono le composizione ambient composte dal
Conte che rendono il film leggerissimamente più sopportabile). Mentre Vikernes
ridiscende i tornanti di montagna, la Cachet cosa combina? Crea lance e frecce mentre sulla parte bassa
dello schermo continuano a passare le consuete frasi egizie, a volte
accompagnate da una bassa voce fuori campo (quella dello stesso Conte?).
Ma attenzione, qualcosa si muove:
il Conte è arrivato a una cittadina lacustre, e lo vediamo camminare sul
marciapiede con un paio di braghe orrende, troppo corte, rigorosamente color
militare (almeno facciamo abbinamento col colore della jeep). Il malcapitato
spettatore si dirà: ora succede qualcosa, un colpo di scena, il Conte che parla
con qualcuno, che litiga con un immigrato di colore, con un ragazzino pronto
per andare in discoteca, qualsiasi cosa…ti prego Conte, fai succedere
qualcosa!!!
E invece no…si cambia scenario e
tema portante: vediamo apparire sullo schermo bisonti e cervi che pascolano
beatamente. A queste immagini si alterna di nuovo la Cachet che con arco e
frecce va a caccia coi suoi tre figli, la più piccola delle quali cammina a
stento. Attraversano campi di verzura fino ad arrivare sulle sponde di un lago
dove i bimbi, praticamente nudi e coperti
solo da raffazzonate pellicce, entrano in acqua (presumiamo gelida, visto
che siamo in un contesto montano!) per gettare massi e giocare con l’acqua. Ma
il tempo del gioco è breve: qua si fanno le cose sul serio e bisogna imparare a
cacciare ed ecco perchè Marie si mette a fare l’arciere su di un prato coi suoi
figli (per fortuna ci viene risparmiato il tragitto che fanno le frecce…).
Ci sarebbe insomma già abbastanza
per chiamare i servizi sociali…
La telecamera stacca e i quattro
membri della famiglia Vikernes sono adesso intorno al fuoco a mangiare: non la
carne degli animali cacciati (come si potrebbe per un attimo pensare visto che
le scene di caccia sono alternate a primi piani di musi di diverse bestie)
ma…fragole disidratate!
Di fianco alle attività venatorie
non poteva che essercene un’altra tipicamente preistorica: l’accensione del
fuoco con le pietre focaie. Dopo vari tentativi andati a vuoto, la Cachet riesce
nell’intendo di realizzare un piccolo bracere mentre i figli, con sassi
piuttosto voluminosi, si divertono a schiacciare noci. Il tutto alternato ancora (BASTAAAA!) alle
succitate immagini di diversi bovini che dormono o che brucano l’erba. Vi
risparmio le lunghe parti di cottura sul fuoco di pezzi di carne, martoriata
poi con delle pietre per ottenerne dei pezzi abbastanza piccoli da poter essere mangiati.
Si ritorna su Varg che avevamo
lasciato nel paesello che sorge in riva al fiume. Non si sa cosa abbia fatto;
lo vediamo che rimonta sulla jeep mimetica e percorre anonime strade. Adesso,
pensiamo ingenuamente, seguiremo finalmente le gesta del nostro Eroe…
Sbagliato. Orsi bianchi e orsi
bruni, teste di aquile si alternano a primi piani di grossi pezzi di miele con
le solite frasi mistiche che appaiono in calce. Non ne possiamo più…ma perché
ci stiamo autoinfliggendo questo supplizio??!!
Ma abbiamo fiducia in Varg e, dopo
70’ di questo nulla, l’attesa viene premiata dalla la parte più “pregnante” del
tutto: uno dei figli, il più grande, entra in una grotta. Si tratta di una di
quelle grotte carsiche con diverse stalattiti e stalagmiti che assumono forme
diverse e sono oggetto di meta turistica, come, in Italia, quelle sensazionali
di Toirano o la Grotta del Vento nelle Alpi Apuane. Scopriremo dai titoli di
coda che trattasi delle grotte di Presque,
situate nella Regione dei midi-Pirenei in Francia.
La telecamera indugia per quasi
un quarto d’ora sulle diverse composizioni naturali, alternando, e questo
presumo sia il fulcro del film, immagini
di dipinti rupestri dell’età della pietra, che scopriamo ex-post essere quelle
di Albarracìn, in Spagna.
Quindi: il giovane Vikernes entra in una grotta francese e i registi gli accostano immagini di una grotta spagnola...ottimo.
Il piccolo Vikernes, nel
frattempo a Presque, disseppellisce ossa, un teschio e una mandibola. Il
bambino comincia a cospargere questo
cranio di una terra rossa, accende il fuoco (altri particolari sui cui si
indugia all’infinito) per poi la telecamera staccare sul primo piano del viso
del bimbo che nel frattempo ha pensato bene di farsi una bella maschera di piume d’uccello e appiccicarsele sul volto (per
fortuna ci vengono risparmiati i particolari tecnici relativi al “come”).
E’ questa la scena madre del
docu-film dei coniugi Vikernes. Gli ultimi minuti saranno solo una panoramica
aerea, presa in prestito da qualche documentario, su maestosi paesaggi montani.
Un uomo, piccolissimo perché ripreso dall’alto, cammina solitario nella
neve…titoli di coda.
Difficile fare una valutazione
finale di “ForeBears”. Quello che superficialmente si può dire di questo poutpurri
di clips di diversi documentari è che se l’intento era quello di rivitalizzare
gli ancestrali culti dell’orso per dimostrare come tutte le culture e filosofie
umane siano nate dagli uomini preistorici che hanno abitato per primi l’attuale
continente europeo, l’obiettivo non è minimamente stato centrato. E per di più
con una qualità filmica di serie Z.
Noi di MM, che nonostante tutto
vogliamo un gran bene al Conte, lo vogliamo pensare come un’espressione visiva
di quello che Varg dichiara alla fine del documentario “Until the light takes
us” e su cui ci siamo già soffermati in passato. Ancora in prigione Vikernes
dichiarò, parlando della mercificazione della vita quotidiana e
della difficoltà di trovare un senso a quello che ci circonda:
Tutto è privo di
significato. Ovviamente la verità è lì, fuori. Si può incontrare. Ma in un mare
di bugie è impossibile trovarla. A meno che uno non sappia come, quando e dove
cercare. Ovviamente non è possibile semplicemente svegliarsi una mattina e
dire: “Ok, oggi mi metto a cercare la Verità”. Una persona deve provare e
fallire, fino ad eliminare tutte le menzogne, e per lo meno alla fine avrà
qualcosa di vicino alla Verità. La Verità si nasconde sotto una zolla d’erba, o
sotto una roccia, in un sentiero nascosto nel bosco. E quando si riesce a
trovare queste piste, inciampi, sbatti la faccia nei rami. Commetti errori
prima di trovarla…
A cura di Morningrise