"Countdown to Extinction" l'ho vissuto tutto, non me ne sono risparmiato, né me lo hanno risparmiato, neanche una briciola...
Fu un'occasione perduta, o meglio la perdita di un'occasione. L'occasione sarebbe stata quella di passare alla testa delle legioni del metal classico dopo la svolta dei Metallica. Non fu così, anzi, la sequenza dei dischi svelò la Metallica-dipendenza di Dave Mustaine.
Il disco precedente "Rust in Peace" (anno 1990) fu l'apice tecnico-progressivo dei Megadeth, in linea con il tecnicismo crescente del thrash metal durante tutti gli anni ottanta: quell'album echeggiava indubbiamente il tecnicismo di "And Justice for All..." dei Metallica, uscito un paio di anni prima. Pecca relativa, a quel punto della carriera, la voce di Mustaine, dalle potenzialità maggiori di quella un po' monocorde di Hetfield, però ahimè più sfiatata, meno educata a non forzare i propri limiti.
Si potrebbe speculare che lo stile di Mustaine si sia sviluppato dietro alla necessità di parare e sorreggere questa voce capricciosa, spigolosa, instabile e talora indisponente nell'interpretare le linee vocali. La scelta di un approccio tecnico ci poteva stare per pareggiare i conti.
I Metallica muovono e piazzano il Black Album nel '91. Mustaine non riesce a resistere e va dietro a quella mossa, realizzando “la risposta dei Megadeth al Black Album”.
All'epoca faceva veramente piacere veder girare su MTV un video veramente metal, non dei tangenziali Aerosmith, non degli inflazionati Guns 'n' Roses, ma dei Megadeth, nome minaccioso e fino ad allora sconosciuto alle masse generaliste. Quando attaccava il ritornello del brano "Symphony of Destruction" “Just like the pied piper leading rats tooo the streets”, partivano sorrisetti a chi stava intorno come dire “Come chi è? Mustaine, i Megadeth....un pilastro della storia del thrash”. E partiva anche la fantasia di poter far scoprire agli amici così incuriositi i brani storici dei Megadeth, che puntualmente invece li lasciavano indifferenti o infastiditi.
Il pegno da pagare per quella soddisfazione commerciale è che il disco svela un ....peccato originale a scoppio ritardato, cioè il bisogno di rispondere ai Metallica. E dire che la peculiarità dei Megadeth sarebbe stata, in natura, quella di essere proprio diversi stilisticamente dai Metallica. Basti confrontare le versioni dei brani scritti da Mustaine per i Metallica nel primo album con quelle più celebri di "Kill 'em All". Basti pensare un attimo alla poliedricità di Mustaine, che sviluppa brani thrash dalla struttura asimmetrica, altre volte acefala, ma che sa anche confezionare canzoni thrash dal ritornello accattivante.
E sa anche fare thrash più commerciale. Questo fu "Countdown to Extinction", un bel disco di thrash commerciale. Dico “bello” senza ironia, dopo di che, una volta resomi conto che questo era, sicuramente il mio entusiasmo calò. Un disco molto ancorato al singolo di lancio, brani diretti e semplici, melodie trasversali (che vanno bene dal pop al thrash) e la voce di Mustaine, con spigolosità qui ancora meno comprensibili come scelta.
La scelta fu premiata da riscontri prevedibili: se sei più pop, otterrai riscontri pop. Da qui triplo platino, nomination per i Grammy Awards, il Doris Day Music Award, arene piene. Perfino i dischi successivi, a livello di visibilità, vivono di rendita: Mustaine è nominato “Riff Lord” nel 2007 da Metal Hammer, vince il Revolver Golden God nel 2009; “Thirteen” vince il Loudwire, "Dystopia" vince il Grammy nel 2017.
Chi saranno nel 2017 i compratori dei dischi dei Megadeth? Dei metallo-dipendenti che, come topi di laboratorio abituati alla cocaina, non desistono neanche dopo migliaia di tentativi a vuoto di premere la leva che un tempo gli apriva la porticina con la dose? Gente che ama dire di ascoltare metal e riempie un massimo del 5% della propria playlist con brani metal suggeriti da Amazon, che poi regolarmente skippa? Ipotetici fan del pop-metal, che io nella realtà quotidiana però non ho mai visto?
Difficile a dirsi. Come alcuni dei dischi che segnano “l'inizio della fine”, anche questo non è necessariamente da criticare, anzi lascia più senza parole che con la gola piena di critiche da reprimere. Esso esprime un grande sforzo ed una discreta padronanza compositiva per riuscire a realizzare con una formazione da thrash ipertecnico un disco sistematicamente, volutamente e elegantemente meno significativo, meno suggestivo e meno corposo. Megadeth light. Dopo "Rust in Peace", fu contemporaneamente un diversivo piacevole e un'amara sorpresa, perché non era un diversivo.
Fossero esperimenti transitori, questo genere di dischi sarebbero molto più apprezzabili. Invece sono l'inizio della fine, perché sono dettati – e si sente – da una voglia di tagliare i ponti con il metal. Non a caso poi, dopo anni Mustaine deve fare marcia indietro e lo deve annunciare ai quattro venti, scriverselo in fronte, che “torna alle origini”, così tradendo quell'intenzione transfuga del 1992.
Un titolo che fu quindi profetico: il conto alla rovescia per l'estinzione. "Skin of My Teeth"..."Symphony of Destruction"..."Architecture of Aggression"... e così via in discesa (non qualitativa, ma emotiva) fino ad "Ashes in Your Mouth". Seguirà una non-morte, poi una resurrezione mancata (solo a Cristo riuscì...) e infine una distopia: ad esser precisi un parziale ritorno alle origini che ormai si fa anche fatica a ricordare, tanto è il tempo speso per starne lontani.
Ma la distopia è quando torni al bar dagli amici che non hai più degnato di una telefonata e dopo anni chiedi “il solito”. Te lo danno, ha anche un sapore simile e le facce sono quelle, al netto dell'invecchiamento. Ma poi dopo i primi convenevoli ti guardi intorno come dire “Che cazzo c'entro qui?”.
A cura del Dottore