La simbologia della mosca ha un paio di punti forti, entrambi connessi alla sporcizia, al marciume. La mosca è uno degli animali di Satana, che assume anche il nome di Signore delle Mosche, proprio perché porta con sé il disfacimento, e si ciba della distruzione, della decomposizione del creato che lui stesso incoraggia. Il secondo significato è quello della tendenza della mosca a nutrirsi di escrementi, ma soprattutto di materia organica, e quindi per esempio anche di cadaveri. In “Phenomena” di Dario Argento (1985) si segue il volo della “Grande Sarcophaga”, liberata come un cane molecolare, che si spinge fino alla casa dell'assassino, in cui sono conservati cadaveri.
E allora che siano i
Sarcofago a inaugurare questa rassegna, con “Orgy of flies”.
Canzone che, devo dire, mi ha fatto ricredere sul ruolo dei Sarcofago
nella genesi del death metal, a cui non tendo ad accostarli. Il tema
infatti è squisitamente death: il mondo paragonato ad un pabulum per
mosche, come risultato del sentimento fondamentale dell'uomo, l'odio
per il prossimo, che produrrà sempre tonnellate di cadaveri a
nutrire eserciti di mosche. Per le strade delle città, sui campi di
battaglia, nelle capanne di legno (perché ?)....orgia di mosche.
Sopra eserciti che si riposano, sotto il tuo naso, sopra miliardi di
cadaveri...orgia di mosche. Che l'uomo sia in guerra o in pace (gli
eserciti smobilitati), trova il modo di spargere morte. I Sarcofago
scivolano sul moralismo, ma si salvano con la ripugnanza delle
immagini.
Il Signore delle Mosche,
citato in diverse canzoni, inclusa quella dei Maiden in "The X Factor", è anche e
soprattutto un riferimento letterario, l'omonimo libro di William
Golding (1954). Si racconta di un gruppo di ragazzi dispersi su un'isola,
che organizzano un loro sistema sociale intorno ad un idolo. Questo
idolo convoglia e rispecchia gli impulsi distruttivi e disgreganti,
che emergeranno fatalmente a contrapporre gli uni agli altri, così
come la natura vuole da che mondo è mondo. La stessa morale dei
Sarcofago, insomma. Dentro, sembrano direi i Maiden, abbiamo un cuore
pulsante che è allo stesso tempo vivo e marcio, fonte di bene e di
male, in bilico tra costruzione e distruzione. Questo forse il
mistero umano essenziale, l'ambivalenza essenziale.
Gli Impaled Nazarene sono
i classici sbuccioni che potrebbero anche essere brillanti, e invece
si buttano via. Quante cose potrebbero dirci sulle mosche? Quante
immagini sessuali potrebbero condire con questo insetto simbolico? E
invece nulla: “Halo of flies” è una spacconata nazi-satanica
svogliata, con quest'immagine dello sciame di mosche che fa da corona
al portatore di morte, che ci può piacere ma è tutto fuorché
originale. Giriamo pagina sicuramente.
Voglio dire, dei
Soulfallen qualsiasi riescono a trovare immagini già più
suggestive, come quella de Il mondo sanguina mosche, in cui si
descrivono questi sciami di mosche che scorrono come fiumi di sangue,
come emorragie di morte dal mondo in continua sofferenza. Il mondo
sputa fuori questo suo sangue schifoso, in cui il doppio schifo nasce
da una parte dalle mosche, dall'altra dal fatto che la linfa vitale
del mondo sia appunto lo sciame di mosche: il mondo vive della morte
delle proprie parti. La vita degli uomini è la morte di altri, per
questo lo sciame delle mosche è contemporaneamente il sangue,
l'alito e il liquido seminale del mondo.
Naturalmente, dopo aver
parlato dei Soulfallen (dalla Finlandia) ci tocca per decenza anche
andarci a sentire la canzone: gothic salterino con voce cavernosa. Da
fucilare per il titolo del disco, il gioco di parole atroce “Grave
new world”(2009) anziché Brave new world. Per il resto direi non
disprezzabili.
Ma perché poi vedere le
mosche sui cadaveri in maniera così negativa? Pensiamo positivo!
Ce lo insegnano gli svedesi Deranged, che in “Alive, swarming with flies” (2006) descrivono la solita mente malata da serial killer, e paiono
contrapporre due vitalità possibili, premesso che tutto ruota
intorno alla morte e ai cadaveri. O si è larve, o si è mosche. Le
larve pullulano amorfe, le mosche volano libere. Qualcuno avrebbe
scelto il paradigma del bruco e della farfalla, qualcuno quello
dell'uccello che impara a spiccare il volo dal nido, e invece no, i
Deranged ci narrano che siamo tutti larve di mosche mangiatrici di
cadaveri, che un bel giorno diverranno autonome e finalmente
spiccheranno il volo come mosche, magari non disdegnando anche
qualche merda. Poesia pura.
Arrivano a riportarci ad
un registro lirico cupo e triste i finlandesi Battlelore, che propongono “Mask
of flies”, a proposito di come alla fine la morte renda tutti
uguali. Sei stato un re, una principessa, un generale, un
miliardario....ma adesso la tua testa è piena di vermi e
mosche...hai avuto potere, e parole di saggezza...ma ora tutto sta
dietro questa maschera di mosche.
Ma lo sviluppo del tema
delle mosche e della decomposizione si raggiunge con i mitici, anche
se a me sconosciuti fino ad oggi, Nominon (dalla Svezia). Questi
raccontano in prima persona di un cadavere che assiste, mentre muore,
alla nascita e allo sviluppo delle larve nel suo corpo: movimenti
dall'interno svelano i segreti del corpo, la vita dopo questa
esistenza surreale: nascita-morte-nascita, riempito dalla vita mano a
mano che le uova si schiudono, nella carne putrefatta per la prima
volta incontro la vita, mentre nasce in me una seconda volta, e muoio
mentre pasteggio su una nuova preda morta.
L'uomo si identifica con
se stesso morente, aggredito dai vermi, e con i vermi stessi, che
sono la sua seconda vita, e si cibano del suo corpo come di una
preda. Si svuota di carne e si riempie di uova. La vita cambia forma
e per la prima volta, nel morire, vede il punto di passaggio dalla
morte alla vita.
“Insetti innati,
parte di me / parassiti che mi mangiano da dentro / ospite di mosche
nate dentro di me / assenza di vita - io sono il signore delle mosche
// Esistenza surreale, sono vivo o morto ? Ho trovato l'inferno in
questo fluido cremisi / Sento le larve mangiare, e riprodursi
continuamente / Ospite di vite rinate sotto la pelle”
Naturalmente ci tocca dire qualcosa dei Nominon anche sul piano musicale. Brutal death, album dal titolo "Recremation", ri-cremazione (2005) che rimanda alla tematica già da noi trattata a proposito della poetica dei Suffocation di "Effigy of the Forgotten".
Naturalmente ci tocca dire qualcosa dei Nominon anche sul piano musicale. Brutal death, album dal titolo "Recremation", ri-cremazione (2005) che rimanda alla tematica già da noi trattata a proposito della poetica dei Suffocation di "Effigy of the Forgotten".
Dulcis in
fundo...proseguiamo nella disamina delle mosche nel metal spostandoci
però su un simbolismo diverso. Non più escrementi, fluidi purulenti
e compagnia bella, ma...miele. Le mosche si attaccano al miele. Le
api lo fanno, più nobili; le mosche lo consumano.
Da qui un aforisma dei
primissimi My Dying Bride, quelli quasi inascoltabili, death doom
incerto ma pretenzioso, con testi inframezzati da un latino
improbabile. Esso recita: trasformarti in miele e le mosche ti
divoreranno. Attenzione, non le api, ma le mosche, come anche a
dire che questo sacrificio in nome del piacere (trasformarsi in
miele, come un supereroe della trombata) prelude al disfacimento
ineluttabile, perché godere è consumarsi. Tutto ciò ricorda il
supplizio di “Candyman”, lo schiavo che per punizione fu cosparso
di miele, e lasciato aggredire da uno sciame d'api. Ma i MDB ci
fanno riflettere: siamo in fondo tutti in attesa di trasformarci in
miele, di divenire oggetto di desiderio per qualcuno che ci spolperà.
Sospesi tra la ricerca della perfezione di chi non è corrotto dalla
vita terrena, e il piacere della vita che nello svolgersi corrode.
Come dice il titolo dell'album Mentre il fiore appassisce ("As
the flower withers", 1992) si pone una scelta: accompagnare passivamente
l'appassimento, o consumare la vita prima che appassisca?
Qual'è la scelta giusta? Rimanere immuni alle mosche, o diventare miele? Secondo i
Cemetary, che in “Scarecrow” (dall'album "Black vanity" del 1993) ci chiariscono questo concetto, il
peccato contronatura è ostacolare il rapporto tra corpo corruttibile
e stimoli che lo consumano, poiché evitare questo significa
astenersi dalla vita stessa. L'ascetismo, la privazione, la castità
sono in quest'ottica le peggiori offese all'ordine naturale, il
peggior modo di consumare se stessi, lasciandosi invecchiare senza
essere svolti, risolti, “interpretati” dalla natura. Per i Cemetary l'uomo che nega se stesso alla natura è uno
“spaventapasseri”, qualcosa di fasullo, che attira gli uccelli ma
poi serve solo da trespolo. Lo spaventapasseri tiene lontani gli
uccelli dal seminato, e simboleggia quindi la scelta di separare il
consumando dal consumatore: spaventapasseri, schiavo della morte,
tu che tieni separato il miele dalle mosche.
Il signore delle mosche,
quindi, è una figura che può essere letta in senso satanico, poiché
simbolo del peccato, dell'attrazione per la caducità, la
consumazione, la sporcizia terrena. Eppure è anche simbolo della
natura, della naturale copula tra substrato e reagente di
un'alchimia che in fondo è nata per compiersi, non per essere
evitata.
Tanto, anche se poi alla fine moriamo, il nostro spirito, i nostri ideali, le nostre aspirazioni saranno portate avanti dalle mosche che spiccheranno il volo dal nostro cadavere.
Tanto, anche se poi alla fine moriamo, il nostro spirito, i nostri ideali, le nostre aspirazioni saranno portate avanti dalle mosche che spiccheranno il volo dal nostro cadavere.
A cura del Dottore