Potevamo vivere senza "Empire of the clouds" degli Iron Maiden?
La conoscenza è arte e fin quando i grandi autori non la tramutano in una forma per noi accessibile non possiamo sapere cosa ci potrebbe riservare la vita, se solo tutti sapessimo sfruttare il nostro innato talento. I Maiden hanno chiuso il cerchio con questi venti minuti e chi può far finta di niente?
Abbiamo abbondantemente parlato della nuova fatica "The book of souls" in questo blog, analizzando pregi e difetti del disco, ma un dato mi pare inconfutabile: "Empire of the clouds" è il capolavoro del 2015!
In queste note sento molto di più di quello che sono, per me rappresentano il testamento musicale degli Iron Maiden al pari di quello che fu "The show must go on" dei Queen. Dentro me so, anche se non voglio ammetterlo, che questa sarà l'ultima canzone dei Maiden.
La fine della loro ispirazione, la fine della loro carriera, il termine ultimo di uno dei più grandi gruppi metal di tutti i tempi e ci lasciano da enormi protagonisti.
Commosso quasi in ogni passaggio di questi minuti mi scopro bambino, ritrovo me stesso innamorato della vita e delle emozioni che può dare, ringrazio di essere ancora in grado di aver vissuto queste note con la coscienza di un amore viscerale per la musica che esse sublimano.
Il colpo di scena del pianoforte iniziale e la voce strepitosa di Bruce che, in una magistrale interpretazione, racchiude il potere evocativo dei Saviour Machine, la melodia dei Savatage, va oltre l'epicità di "Battle hymn" dei Manowar, ma apre anche al miglior progressive metal di tutti i tempi e mantiene la pacatezza dei grandi, grandissimi interpreti.
In fondo però sono gli Iron Maiden all'ennesima potenza, cavalcate che solo loro hanno saputo fare nella storia della musica e dai tempi di "Fear of the dark" non componevano un anthem così evocativo.
C'è tutto con dosi perfette, i soli che si susseguono sul tessuto di Harris, i cambi di tempo inconfondibili in cui vedo correre Bruce sul palco, le pause dove arringare la folla e tanto cuore da inumidire gli occhi con le lacrime.
Per me gli Iron sono morti qui, le trombe ci accompagnano nell'al di là e Bruce strappa gli ultimi acuti per noi. Lo fisso negli occhi e sembra dirmi: "Posso morire ora, ma io questa canzone ve la regalo, la dono a voi dopo "Halloweed Be thy name", dopo "Rime of the ancient Mariner", dopo 35 anni di carriera, ad imperitura memoria, proprio come Freddie Mercury cantava "The show must go on"! "
Come il grande guerriero in battaglia sacrifica la propria vita per il popolo e le generazioni future, così gli Iron Maiden comandati da Dickinson esauriscono le loro forze per noi e per regalarci una perla dal valore inestimabile. Non è solo musica questa canzone, è un insegnamento di quanto le forze possono essere messe al servizio del talento, è una dose di incredibile coraggio, è un dono che noi uomini dobbiamo saper comprendere.
Sono parole e musiche in punto di morte, non c'è orizzonte oltre questa canzone perché c'è tutto dentro e svuota gli interpreti come una madre che mette al mondo il suo figlio consapevole di dover morire dopo il parto. Urla e dedica tutta se stessa a mettere al mondo la creatura, trasmette tutto ciò che ha e sa di non avere un futuro personale. La madre però conosce che suo figlio avrà con sé la forza di chi lo ha partorito, così "Empire of the clouds" è figlia di tutti noi che amiamo gli Iron.
Sono sempre stati dei grandissimi, ma proprio sull'orlo del baratro e consci di non poter andare oltre, gli Iron Maiden lasciano al mondo intero "Empire of the clouds" e le nostre vite possono finire qui rendendo grazie per sempre alla Vergine di ferro.